Nel 1947 l'Editore Gallimard pubblica Exercices de style di Raymond Queneau, in cui l’autore racconta in novantanove stili diversi un breve aneddoto con sorprendenti effetti divertenti, parodistici e stranianti. Nel 1983, Umberto Eco traduce i racconti, adattando con grande perizia alla lingua italiana l’opera di Queneau. È un libro da leggere per chiunque ami la scrittura, la creatività e l’invenzione.

Il racconto iniziale ha il titolo ‘Notazioni’ e utilizza lo stile di appunti presi velocemente mentre i fatti accadono:

Sulla S, in un’ora di traffico. Un tipo di circa ventisei anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino. Gli rimprovera di spingerlo ogni volta che passa qualcuno. Tono lamentoso, con pretese di cattiveria. Non appena vede un posto libero, vi si butta. Due ore più tardi lo incontro alla Cour de Rome, davanti alla Gare Saint-Lazare. È con un amico che gli dice: «Dovresti far mettere un bottone in più al soprabito». Gli fa vedere dove (alla sciancratura) e perché.

Riporto qui di seguito due variazioni stilistiche del racconto. La prima variazione ha il titolo ‘Sorprese’, la seconda ‘Ignoranza’.

Sorprese
Com’eravamo schiacciati su quella piattaforma! E come non era ridicolo e vanesio quel ragazzo! E che ti fa? Non si mette a discutere con un poveretto che - sai la pretesa, il giovinastro! - lo avrebbe spinto? E non ti escogita niente po’ po’ di meno che andar svelto a occupare un posto libero? Invece di lasciarlo a una signora! Due ore dopo, indovinate chi ti incontro davanti alla Gare Saint-Lazare? Ve la do a mille da indovinare! Ma proprio lui, il bellimbusto! Che si faceva dar consigli di moda! Da un amico! Stento ancora a crederci!

Ignoranza
Io proprio non so cosa vogliono da me. Va bene, ho preso la S verso mezzogiorno. Se c’ era gente? Certo, a quell’ ora. Un giovanotto dal cappello floscio? Perché no? lo vado mica a guardare la gente nelle palle degli occhi. Io me ne sbatto. Dice, una specie di cordoncino intrecciato? Intorno al cappello? Capisco, una curiosità come un’altra, ma io queste cose non le noto. Un cordoncino... Boh. E avrebbe litigato con un altro signore? Cose che capitano. E dovrei averlo rivisto dopo, un’ora o due più tardi? Non posso negarlo. Capita ben altro nella vita. Guardi, mi ricordo che mio padre mi raccontava sempre che...

La lettura degli Esercizi di stile ci fa toccare con mano la straordinaria duttilità del linguaggio naturale nel dare voce alle sensazioni, alle emozioni, ai punti di vista, agli stati d’animo. La molteplicità degli sguardi e dei modi di raccontare sono una risorsa essenziale per afferrare il valore dell’esperienza, non solo delle esperienze complesse, ma anche di fatti quotidiani insignificanti, come quelli raccontati da Queneau.

La capacità di generare una molteplicità di descrizioni di una situazione è un requisito fondamentale dei sistemi adattivi complessi, cioè di tutti i viventi, dalla singola cellula fino a noi umani. Ross Ashby nel libro Introduzione alla cibernetica del 1956 ne diede una definizione formale col ‘Principio della Varietà Necessaria’, che afferma che qualsiasi sistema che interagisce con un ambiente deve possedere una varietà di risposte almeno pari alla varietà delle sfide che l’ambiente pone.

Se il sistema opera in un ambiente che pone sempre le stesse sfide, allora il sistema può procedere per tentativi finché non trova una risposta efficace. L’evoluzione, per quanto si sa, opera proprio così: la variabilità riproduttiva dà origine a individui che rispondono in modo differenziato alle condizioni ambientali; quelli che hanno successo si riproducono e trasmettono alla discendenza le risposte efficaci. Le piante, che vivono per tutta la vita nello stesso ambiente, sono un ottimo esempio del successo di questa strategia. L’unico grande problema per le piante è un mutamento improvviso e radicale dell’ambiente.

Un individuo che opera in un ambiente mutevole deve cambiare approccio. Una strategia alternativa potrebbe consistere nell’apprendere non solo dalla propria esperienza ma anche da quella degli altri. La collettività diventa una memoria estesa da cui ognuno può attingere le risposte che servono. D’altra parte, in azienda quando qualcuno convoca una riunione per affrontare un problema difficile fa appello alla molteplicità di risposte presenti nella memoria estesa del gruppo.

Ovviamente, perché l’approccio risulti efficace è essenziale che i membri della collettività siano sufficientemente originali e capaci di accogliere i punti di vista altrui. Numerose ricerche hanno dimostrato il valore universale di questa strategia. Infatti, un certo grado di varietà comportamentale è essenziale per la sopravvivenza di ogni collettività di viventi, anche di quelle più semplici. Le formidabili prestazioni dei formicai, degli alveari, dei banchi di pesci, degli stormi di uccelli sono il risultato di uno straordinario equilibrio tra l’uniformità degli istinti e molteplicità introdotta dal caso all’interno del gruppo.

Queneau ci suggerisce che l’homo sapiens ha una terza via a disposizione per formulare una risposta efficace: non fermarsi alla prima descrizione della situazione, ma generarne una molteplicità con punti di vista diversi (ad esempio, quello di un individuo con intenzioni differenti dalle proprie), o con diversi stili (utilizzare il dialogo al posto del racconto), o con vincoli narrativi (come il resoconto di un viaggio in un paese sconociuto), o dandosi un tema (descrivere solo i gesti delle persone). Ogni descrizione getterà nuova luce sulla situazione, esplorerà aspetti inesplorati, e aumenterà la consapevolezza della sfida da fronteggiare.

Il libro di Queneau contiene anche un monito: generare una molteplicità di descrizioni è una capacità che non nasce spontanea, ma va appresa mettendo al lavoro l’immaginazione e l’osservazione, e imparando a padroneggiare il linguaggio naturale.

Ma non preoccupatevi, la soluzione è a portata di mano: i letterati e i poeti hanno già fatto questo lavoro per noi. Basta leggerli, e, perché no, godere mentre impariamo.