E’ nota la genesi della chiesa rinascimentale di Santa Maria delle Grazie di Arezzo: edificata sulla medievale Fonte Tecta, sacello di culto di acque cui si attribuivano qualità terapeutiche (1) già in epoca etrusca, poi in età romana dedicata al dio Apollo e, in attività per tutto il medioevo, fu smantellata per l’azione di San Bernardino da Siena che vi fece costruire una cappella, nucleo originario della futura chiesa. L’episodio, ben documentato dalle fonti, quali gli atti del processo di canonizzazione, le descrizioni degli agiografi di Bernardino e da documenti di storia locale (2), è stato affrontato da più autori, dal punto di vista storico, archivistico, antropologico (3), ma ci viene restituito anche da alcuni testi pittorici di Neri di Bicci e di Lorentino d’Andrea, circostanza piuttosto rara e, certo, di notevole interesse, ai quali però è stata dedicata minore attenzione, sebbene significative testimonianze iconografiche di cronaca e di propaganda.

La vicenda è emblematica e rientra nell’ampio territorio di culti ancestrali e di superstiti rituali popolari che la Chiesa, quando non poteva fare propri, avversava nel timore di una rinascita neopagana (4). In particolare, con l’Umanesimo e la riscoperta della classicità, si assiste ad un risvegliarsi di saperi considerati idolatri, ma che non hanno legami continuativi con la tradizione pagana, se non come persistenze legate alla cultura agro-pastorale, ai cicli stagionali, rappresentati dalle tante fonti galattofore di cui, in particolare, il territorio aretino era riccamente segnato (5) e la cui sopravvivenza era tollerata dalle autorità religiose. Pure l’accanimento, in questo caso, anticipando l’intransigenza che si sarebbe realizzata pienamente nella Controriforma, si può spiegare per la fama della fonte che, appena fuori dalle mura urbane, richiamava visitatori non solo dalla città ma anche da contrade lontane, e dove evidentemente non si riscontrava nessuna “associazione di referenze culturali cristiane alle acque taumaturgiche, (…) sicuro motivo di scandalo per il senese (6)” .

La storia va qui riferita nelle sue linee principali. Nel 1425 Bernardino da Siena si reca ad Arezzo in predicazione ed informato che ai piedi della collina denominata colle di Pitigliano sorge una fonte dotata di poteri miracolosi, il cui culto è antichissimo, predica contro le pratiche di superstizione e di idolatria che vi si svolgono (7), ma è cacciato via dagli stessi aretini che lo accusano di voler distruggere la fonte non per fervore religioso ma per rivalità, essendo egli “senese e ghibellino” (8). Nel 1427 san Bernardino affronta il processo per eresia dal quale è completamente prosciolto e la sua reputazione ne esce tanto rafforzata che papa Martino V lo invita a predicare a Roma e, ritornando trionfante nella sua città natale, predicherà in piazza del Campo durante l’estate. Sulla scorta di ciò, le nuove autorità cittadine di Arezzo lo invitano per la quaresima del 1428 ed egli tiene le sue orazioni in San Francesco ed in altre chiese cittadine, tra cui il Duomo vecchio. Secondo Pacetti per tutta la quaresima San Bernardino evita di accennare alla Fonte Tecta ed ai riti che vi si svolgevano ma, dopo la Pasqua, in una predica, infervora tanto il popolo da esclamare “Chi è vero cristiano ed amico di Dio, mi segua” e sceso dal pulpito si fa precedere da una croce avviandosi verso la fonte, seguito dal corteo di fedeli.

La distruzione della fonte impiega più tempo del previsto: “il santo predicatore, piantata vicino alla fonte la croce di legno, comandò che si scavasse il terreno a trovare la sorgente di quella fonte (…) e quelli stessi che prima si erano mostrati avversari di San Bernardino e contrari ai suoi progetti di distruzione di quella fonte, si mostrarono i più ostinati in quell’improbo, faticoso lavoro” (9). Dopo diversi giorni di assiduo lavoro non si riesce a trovare l’origine della sorgente ed il frate, dovendo partire per Milano, ordina agli operai di ricoprire lo scavo e di costruirvi una piccola cappella, commissionando direttamente a Parri di Spinello il celebre affresco con la Madonna della Misericordia che sotto il suo manto protegge il popolo aretino (1431), che molti anni dopo si arricchirà dell’altare di Andrea Della Robbia.

Il 15 luglio 1449 il Comune delibera la costruzione della chiesa su disegno di Domenico del Fattore, magister lapidum di origine lombarda (10). Nel 1450, appena sei anni dopo la morte, San Bernardino viene canonizzato (sorte che, con questa rapidità, era toccata solo a San Francesco e Sant'Antonio da Padova) e, se già in vita aveva goduto di ampia fama, in seguito il culto si affermerà velocemente, anche per l’azione dell’Ordine francescano che lo promuove come campione di fede, diventando tra i santi più raffigurati del tempo (11) e gli vengono eretti diverse chiese e oratori (12). Così anche ad Arezzo, in Santa Maria delle Grazie, nel luogo “fondato” dal santo, a destra della chiesa, gli viene dedicato un oratorio, dove trova posto la pala di Neri di Bicci, attualmente conservata al Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna di Arezzo (13).

La pala raffigura La Madonna della Misericordia con San Michele Arcangelo, San Nicola di Bari e, in primo piano, San Bernardino, mentre nella predella sono illustrate tre storie relative alla distruzione della Fonte Tecta. Il dipinto rappresenta la prima raffigurazione del santo nel territorio aretino, ne documenta le gesta e ne tramanda la memoria. Egli viene raffigurato con il consueto volto scarno – è infatti uno dei santi la cui somiglianza fisica è più certa, poiché dopo la morte fu tratto un calco del volto – è inginocchiato e regge una croce, attributo che precede l’iconografia classica della tavoletta con il trigramma del nome di Cristo “JHS”. E’ lo stesso Neri di Bicci ad informarci nelle sue Le Ricordanze del 5 di marzo 1456 che la pala con “da piè nella predella tre istorie di santo Bernardino” (14), gli viene allogata per 100 fiorini da Michelangelo Asterelli, come riportato l’iscrizione sul dipinto: “HOC OPUS FECIT FIERI MICHAELANGELUS PAPII MAGISTRI FRANCISCI/DE ASTERELLIS PRO REMEDIO ANIME SUE ET SUORUM A.D. MCCCCLVI DIE VIII MENSIS MARTII.”

L’episodio non sfugge neanche all’attento biografo Vasari che nella Vita di Lorenzo di Bicci narra della tavola di Neri: “… e fuor d’Arezzo, a Santa Maria delle Grazie, nella chiesa di San Bernardino, una Madonna che ha sotto il manto il popolo d’Arezzo, e da un lato quel San Bernardino inginocchiato con una croce di legno in mano, sì come costumava di portare quando andava per Arezzo predicando, e dall’altro lato e d’intorno San Niccolò e San Michelagnolo. E nella predella sono dipinte storie de’ fatti di detto San Bernardino e de’ miracoli che fece, e particolarmente in quel luogo” (15).

Nelle tre storie sono scanditi altrettanti momenti della distruzione della Fonte Tecta. Nella prima, il corteo di uomini e donne, dal capo coperto, al seguito del frate è uscito dalla città, raffigurata con mura, bastioni e torri dalle merlature guelfe, il ponte levatoio abbassato e in alto la cittadella medievale fortificata, nel centro cittadino una chiesa, verosimilmente la basilica di San Francesco da dove, sappiamo, partì la processione. La città si presenta piuttosto anonima, mentre il paesaggio circostante è una piana contornata da colli spogli ad eccezione di radi gruppi di alberi. Ai piedi di una brulla collina, si erge un piccolo cubo bianco con un’apertura ad arco che riproduce la fonte da cui fuoriesce un sottile rivolo d’acqua. E’ lo stesso predicatore, contrariamente a quanto riferito nei documenti, a sorreggere la croce accompagnato da due confratelli. Nel secondo riquadro quattro “operai” picconano il cubo/fonte, mentre nel terzo il santo su di un pulpito predica al popolo inginocchiato, mentre la fonte, ridotta ad un “gradino”, è circondata da macerie ed accanto vi è conficcata la croce, a simboleggiare la presa di possesso della fede in Cristo, così come ben evidenziano Cardini e Montesano: “Bernardino conficcava nel terreno la feconda radix della croce per rimuovere da esso le oscure presenze annidate nella profondità ctonia ed infernale da cui scaturivano le acque” (16). Un rivolo d’acqua che ancora fuoriesce, tradisce che la distruzione della fonte non ha potuto sopprimere la sorgente ma che, piuttosto, è stata “bonificata”.

Note:
1. Riguardo le proprietà terapeutiche delle acque vi è una vasta letteratura che, sebbene non argomento di questo saggio, non è inopportuno citare: S. Alter, Acque Sacre, Ponte alle Grazie, 2002; G. Capriolo, A. D’Elia, L’energia segreta delle acque, Xenia, 1996; G. Duccoli, Le acque della salute: alla ricerca delle sorgenti che guariscono, Xenia, 1993; P. Molesti, Medici di pietra: il potere di guarigione dei luoghi sacri, Elvetica Edizioni, 2003; M. Scalise, G. Dalla Via, Guida alle acque sante, Meb, 1989
2. Cfr. Vita S.Bernardini per B. Ionnem a Capistrano conscriptam in Opera Omnia, 1635, pp XXXV-XXXVI; P. F. Delorme, Vie de S.Bernardin de Sienne, Roma, 1906; Vie inédite de S.Berdardin de Sienne par un frere mineur, son contemporain, a cura di P. F. Van Ortroy, “Analecta Bollandiniana”, 25 (1906) pp. 304-305; P. D. Pacetti, La predicazione di S. Bernardino in Toscana, con documenti inediti estratti dagli Atti del processo di canonizzazione: in “Archivum Franciscanum Historicum”, XXXIV (1941), pp. 261-269; P. D. Pacetti, Cronologia Bernardiniana, in “Studi Francescani”, serie 3°, anno XV, nn. 3-4, 1943; G. Rimbotti, S. Bernardino da Siena ad Arezzo, in “Bullettino di Studi Bernardiniani”, IX (1943), pp. 64-68; O. Brizi, Memorie antiche aretine storico-religiose, Arezzo, 1854; U. Leoni, Storia d’Arezzo, Arezzo, 1897
3. Cfr, A. Tafi, S. Maria delle Grazie ad Arezzo, capolavoro di fede e di arte, tipografia Badiali, Arezzo, 1973; V. Dini, Il potere delle antiche madri, Pontecorboli, Firenze, 1995; L. Carbone, Echi della predicazione bernardiniana in un processo aretino contro un negromante, Le vicende di Sigismondo di Rodolfo di Sassonia, homo maleficius matematicus (1433-1445)’, “Bullettino senese di storia patria” 113 (2006), pp.50-90
4. M. Montesano, Supra acqua et supra ad vento: superstizioni, maleficia e incantamenta nei predicatori francescani osservanti (Italia, sec. XV), Roma 1999 (ISME. Nuovi Studi Storici, 46), pag. 172
5. Per una panoramica dei luoghi di culto delle acque nel territorio aretino vedi V. Dini, Il potere, cit.
6. M. Montesano, Supra acqua…, pag. 178
7. Sembra che le madri vi battezzassero i figli perché crescessero più forti, inoltre, il luogo era frequentato da indovini, incantatori, ecc.
8. Il Tafi, il cui testo, è il più documentato sulla Fonte Tecta, riporta la Storia di Arezzo di Ugo Leoni (Arezzo, 1897, I, pag. 218) secondo cui San Bernardino fu addirittura preso a sassate dalle famiglie dei Cellesi, dei Brandaglia, dai Conti di Bivignano, dai De’ Bacci
9. A. Tafi, S. Maria delle Grazie…, cit. p. 35
10. Per le varie fasi della costruzione vedi S. Pieri, Il Santuario di S .Maria della Grazie in “Annali Aretini”, I, 1993, pp. 143-172
11. A questo proposito vedi M. A. Pavone e V. Pacelli, Enciplopesia Bernardiniana, Iconografia, Centro Promotore Generale per le celebrazioni del VI Centenario della nascita di San Bernardino da Siena, L’Aquila, 1981
12. Si segnala qui almeno l’Oratorio di Perugina, capolavoro dell’arte rinascimentale
13. La tempera su tavola, alta 4 braccia e mezzo e larga 4 doveva avere una cornice di due pilastri laterali poggiante su un gradino e sormontata da una trabeazione che fu commissionata dallo stesso Neri di Bicci a Giuliano da Maiano. L’opera già in cattivo stato di conservazione, subì danni per un bombardamento nella Seconda Guerra ed è stata restaurata più volte a partire dagli anni ’50
14. Neri di Bicci, Le ricordanze, a cura di B. Santi, Marlin, Pisa, 1976, p. 69
15. G. Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori italiani, Newton Compton, 2007, p. 263; inoltre la tavola è citata anche dal Baldinucci nel suo Notizie de' professori del disegno da Cimabue in qua, Firenze, 1681-1728.
16. F. Cardini - M. Montesano, La guerra di Fonte Tecta, Etruria oggi, n. 41, 1996, p. 49

Per leggere la seconda parte: http://wsimag.com/it/arte/9555-il-culto-delle-acque-ad-arezzo