La galleria The Address è lieta di presentare, dal 13 Settembre al 26 Ottobre 2024, presso Fondazione Clerici, la mostra: Al lupo, al lupo. La fusione tra le pratiche artistiche contemporanee e lo sciamanesimo nella mostra Al lupo, al lupo rappresenta un interessante esempio di come la tradizione culturale, lo studio della natura e la spiritualità ancestrale possano incontrare il linguaggio artistico contemporaneo per creare nuove forme espressive.

Già artisti come il noto Joseph Beuys, affiancato dagli atti performativi del gruppo Fluxus e a cui seguirono, tra gli anni ’60 e ’70, i poveristi italiani, si sono interessati a pratiche sciamaniche o hanno attinto da esse per indagare le profondità recondite nell’immaginario della realtà circostante.

Il lupo, figura chiave e guida all’interno del percorso iniziatico, simbolo evocativo del selvaggio e del mistero, si fonde con le pratiche dei sette artisti presenti in mostra per accompagnarci in un percorso stratificato che cerca di sondare le profondità dell’inconscio e dell’irrazionale ponendo degli spunti riflessivi inerenti alla natura, all’ecologia, al corpo ed alla fenomenologia. Il richiamo alla figura del lupo può dunque essere interpretato in modi differenti: come simbolo della natura selvaggia e incontrollabile che si nasconde dentro di noi, come metafora della lotta tra razionalità e istintualità, ma anche, e non in ultima analisi, come rappresentazione dell’alterità e della diversità.

Contrariamente allo stereotipo che lega il mito del lupo alla civiltà moderna, che da Esopo1 in avanti ne fece un emblema del male e di ferocia, la figura che il lupo manifesta si erge all’interno del disegno di mostra come animale totemico, così come fu in molte tribù e civiltà antiche, simbolo di fertilità, protezione, coraggio, mito fondatore di Roma ma anche portatore di successo e di vittoria a fianco del dio Odino.

L’immagine del lupo scardinata dal sinonimo di voracità ed individualismo che l’uomo proietta su di sé. La sacralità che lega lo sciamano ad un animale che è stato capace di sopravvivere all’estinzione. Il lupo, così come l’artista, diviene, in una società profondamente alienata e perturbante come la nostra, una radura dell’anima umana, metafora di luce e verità, una guida per un viaggio iniziatico alla scoperta di un’ intima e segreta identità. Esso diviene una figura in bilico tra “guaritore e mediatore culturale” capace di introdurci attraverso il mutamento del suo stato di “coscienza artistica” in una diversa condizione di consapevolezza e riflessione.

Sette artisti2, tesi ad inserirsi in nuovi orizzonti di pensiero nella nescienza dell’abitudine e nell’ atrofia della sensazione, attraverso l’innato desiderio di connettere differenti spunti filosofici danno vita ad azioni performative, rituali terapeutici ed immagini oniriche. Le opere in mostra possono significare un gesto di rivolta, un tentato atto di liberazione nei confronti di una strumentalizzazione mediatica che affiora nel panorama contemporaneo.

Davide Dicorato si pone nel ruolo di mediatore tra uomo e Natura attraverso associazioni, ricerca di equilibri e armonie. Lo scopo della propria esplorazione artistica è quello, come nella pratica antica dello sciamanesimo, di far entrare lo spettatore in profondo contatto con la Natura e gli animali, di cui è parte.

Nicola Ghirardelli analizza, in termini scultorei, le possibilità insite all’interno di un tessuto stratificato come quello della nostra cultura occidentale, in cui la matericità opera sulla natura mediante tecniche di fusione tipiche dei processi alchemici e dove saperi antichi riaffiorano, ricontestualizzando strutture simboliche insolite, dando nuovo significato ad una storia fatta di immagini allegoriche ed elementi naturali.

Il punto di vista dei movimenti quasi impercettibili di un lago in fase di sparizione nel video in bianco e nero di Marina Cavadini mette in luce la sensibilità e la fragilità degli ecosistemi, fornendo una rappresentazione di resilienza intrinseca in alcuni esseri viventi presenti in ambienti via via sempre più ostili.

Allo stesso tempo Edoardo Manzoni pone al centro della sua indagine un’analisi dei rapporti di interazione tra uomo e animale. Attraverso giochi di seduzione e predazione, il tema della caccia, particolarmente caro ormai da tempo all’artista, si lega alla magia che essa nasconde all’interno del proprio teatro di forze. Tramite arti occulte, misteriose ed invisibili, si afferma il “gioco” della propria presenza nel mondo, in un continuo disequilibrio fra sopraffazione su qualcosa e difesa da qualcosa.

Anche Oliviero Fiorenzi utilizza un proprio apparato semiotico antropologico per reintrodurre strumenti di comunicazione legati al gioco. Distaccandosi però da Manzoni e da Cavadini, l’artista marchigiano sviluppa un alfabeto simbolico che si avvicina maggiormente ad una pratica tipica dell’infante, fatta di protesi sperimentali e che opera come dispositivo di contatto con gli elementi naturali stessi. Il vento, elemento indomabile e imprevedibile, mistero che viaggia tra il fisico ed il metafisico, ci guida, così come la figura del lupo, al di là della post-modernità in un divenire di atti di creazione dove è l’azione a rendere ogni esplorazione un evento unico ed irripetibile.

Per Edoardo Caimi il linguaggio fonda le sue radici nel primitivo, nel tecnologico e nel tribale, attingendo alle culture delle periferie suburbane e rurali, rivelandosi attraverso atti performativi, archetipi sonori, materiali industriali e di recupero, elementi naturali, in una cornice narrativa che immagina strumenti di sopravvivenza all’interno di un contesto post- apocalittico.

Ludovica Anversa, attraverso la propria pittura, esplora il labile confine tra figurazione e astrazione, fondendo riferimenti teorici e visivi ibridi. Temi ricorrenti nel suo lavoro includono la vulnerabilità e la relazione tra la percezione e la rappresentazione del corpo. Fluttuando in spazi polimorfi e nebulosi che evocano simultaneamente interni di corpi, ossa, piante e insetti, i lavori di Anversa resistono alla determinazione, aprendo un vasto spettro di ombre, impressioni e presenze enigmatiche. Le figure nei dipinti abitano spazi non lineari, anti-narrativi, dove il corpo emerge come entità permeabile e ricettiva.

Anversa indaga la precarietà delle immagini, generando un senso di vulnerabilità che sfuma i confini tra percezione e realtà. Un invito, quello dell’artista, a riflettere sulla fragilità dell’essere e sulla continua metamorfosi che attraversa la nostra esistenza.

(Testo di Riccardo Angossini)

Note

1 La favola Al lupo, al lupo, attribuita a Esopo, è tra le più importanti dell'autore; datata intorno al VI secolo a.C., è anche conosciuta come Lo scherzo del pastore.
2 Sette artisti, tesi ad inserirsi in nuovi orizzonti di pensiero nella nescienza dell’abitudine e nell’ atrofia della sensazione, attraverso l’innato desiderio di connettere differenti spunti filosofici danno vita ad azioni performative, rituali terapeutici ed immagini oniriche. Le opere in mostra possono significare un gesto di rivolta, un tentato atto di liberazione nei confronti di una strumentalizzazione mediatica che affiora nel panorama contemporaneo.