La mostra Giuseppe Primoli e il fascino dell’Oriente, ospitata al Museo Napoleonico e la cui chiusura era prevista l’8 settembre 2024, è prorogata fino al 26 gennaio 2025. Chi non l’avesse ancora fatto, o desiderasse replicare l’esperienza, può cogliere l’occasione per scoprire la raccolta di disegni, incisioni, porcellane, quadri, fotografie d’epoca, diari, lettere, souvenir e altri “memorabilia” della più varia provenienza, dal Giappone alla Cina, dall’Egitto all’India, che testimonia la passione per le diverse civiltà orientali coltivata tra la metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento dal conte Giuseppe Primoli e dai suoi familiari, il padre Pietro, la madre Carlotta Bonaparte, discendente della famiglia di Napoleone, e il fratello Luigi.
In mostra si ammirano capolavori come il ventaglio di seta con paesaggio giapponese realizzato a Parigi da Giuseppe De Nittis per la principessa Mathilde Bonaparte e opere insolite come i quattordici kakemono, rotoli di stoffa o carta dipinti con soggetti classici della pittura giapponese. Caratteristica unica di questi kakemono è di essere impreziositi da dediche, componimenti e autografi di illustri personaggi del tempo, letterati e artisti ma anche esponenti delle case reali d’Europa, che frequentavano casa Primoli. Si tratta di oggetti delicati e fragili e per questo abitualmente conservati in deposito che vengono ora proposti al pubblico dopo un attento restauro.
La mostra è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed è curata da Elena Camilli Giammei, Laura Panarese e Marco Pupillo. Organizzazione Zètema Progetto Cultura.
Dal 6 settembre sarà disponibile il catalogo della mostra (Gangemi editore), con saggi che approfondiscono le tematiche dell’esposizione.
Al centro del percorso espositivo è una rara raccolta di 14 kakemono appartenuti a Giuseppe Primoli, strisce rettangolari di carta o tessuto di varia lunghezza da appendere in verticale, dipinti ad acquerello e inchiostro con soggetti classici della pittura giapponese del genere “fiori e uccelli”: composizioni che ritraggono fiori, rami con foglie e frutti, uccelli, gufi, gru, aironi, farfalle, paesaggi lacustri. Nove di questi manufatti, conservati abitualmente nei depositi del Museo Napoleonico, sono stati di recente oggetto di un restauro e tornano visibili al pubblico dopo alcuni anni; gli altri cinque kakemono della collezione, anch’essi restaurati di recente, provengono invece dalla vicina Fondazione Primoli.
La particolarità che rende unica questa collezione consiste nelle firme, dediche e componimenti autografi che poeti, scrittori, personaggi di spicco della scena culturale italo-francese dell’epoca, fino agli anni Trenta del Novecento, hanno apposto sulla superficie dei kakemono: Anatole France, Guy de Maupassant, Marcel Prévost, Émile Zola, Stephane Mallarmé, Paul Valery, Paul Claudel, Henry Bergson, per citarne alcuni, e, tra i letterati italiani, Giosuè Carducci, Gabriele D’Annunzio, Cesare Pascarella, Arrigo Boito, Giovanni Verga, Matilde Serao, ma anche interpreti teatrali, attori e attrici d’eccellenza, come Eleonora Duse, e inoltre politici e numerosi esponenti delle case reali di tutta Europa. Il conte era infatti solito chiedere ai frequentatori del suo vivace salotto mondano di lasciare sugli spazi non dipinti dei kakemono un ricordo, una traccia, un pensiero o una frase, andando così a costituire un prezioso corpus di interesse storico e letterario accanto a quello propriamente artistico dei dipinti.
Oltre ai kakemono, vengono presentati in mostra altri preziosi oggetti: circa 70 tra stampe, dipinti, manoscritti, disegni, incisioni, porcellane. Un nucleo dall’importante valore documentario e storico-artistico che racconta il gusto e l’interesse per l’Oriente da parte del conte e della famiglia Bonaparte-Primoli, rivelando l’influenza che l’arte del Giappone, del continente asiatico e dell’Oriente in generale ha esercitato sulla cultura e sul collezionismo europeo del tardo Ottocento.
Colto, spiritoso, abile conversatore, appassionato bibliofilo e fervido collezionista, il conte Giuseppe Primoli trascorre la gioventù a Parigi, alla corte di Napoleone III, negli anni in cui impera la moda del japonisme. Ed è proprio a contatto con gli stimolanti ambienti letterari e artistici parigini che matura il gusto per l’arte orientale. Lì ha modo di stringere amicizia e intrattenere rapporti con molti tra i “giapponisti” francesi più celebri del tempo, come i fratelli Edmond e Jules de Goncourt, Émile Zola e Pierre Loti, che gravitavano intorno al coltissimo e multiforme salotto della principessa Mathilde Bonaparte, zia da parte di madre, sua ispiratrice e amica.
Il percorso si apre con l’esotismo e il gusto mediorientale nella collezione dei Bonaparte-Primoli, un gusto talvolta indefinito, eclettico, multiforme, dai confini sfumati, un “gran bazar” del quale l’esposizione vuole restituire un caleidoscopico fermo immagine. Esposte inoltre circa 30 fotografie di soggetto orientalista scattate negli ultimi vent’anni dell’Ottocento e nei primi anni del Novecento, alcune delle quali sono state realizzate personalmente dal conte, fotografo appassionato.
Tra le opere più prestigiose e rappresentative del gusto giapponista appartenenti alla collezione museale c’è il ventaglio di seta con paesaggio giapponese dal titolo La discesa delle oche selvatiche a Katata, esempio eloquente dell’influenza dell’arte nipponica nella pittura europea del tardo Ottocento, dipinto ad acquerello da Giuseppe De Nittis a Parigi intorno al 1880 per la principessa Mathilde Bonaparte la quale, a sua volta, ne fece dono al nipote.
Sarà inoltre l’occasione per ammirare molti oggetti abitualmente non visibili al pubblico, conservati nei depositi del museo: disegni con soggetti esotici e orientaleggianti, fotografie d’epoca di soggetto e gusto orientalista, xilografie, tempere e intagli su carta eseguiti con la tecnica del “kirigami”, chinoiseries e japonaiseries, documenti d’archivio.
Conclude la mostra una sezione legata al mirabolante Grand Tour in India del Conte Luigi Primoli, fratello minore di Giuseppe (1904-06). Sono esposte pietre scolpite e terrecotte dipinte di manifattura indiana raffiguranti personaggi e soggetti religiosi, una copia del Corano su foglie di palma di manifattura indiana appartenente alla Fondazione Primoli, e alcune fotografie scattate da Lulù stesso.