Diverso, danzante.
La diversità è il cuore pulsane della complessità, è l’elemento che consente ai sistemi di adattarsi, di evolvere, di trasformarsi assecondando lo spirito del tempo. Ciò che è oggi non era ieri e il domani è crisalide predestinata alla metamorfosi. Un sistema in cui tutti gli elementi fossero uguali è un sistema destinato alla fine, prossimo alla scomparsa, congelato nella sua ordinata e sovraordinata fissità.
Un sistema composto di elementi diversi tra loro è vivo, rigoglioso, prospero e di conseguenza aperto: diventa attrattore di altro, di nuova linfa, di nuove sollecitazioni dall’esterno.
Il mondo è plurale, come plurale sei tu, assemblaggio di differenze e di contraddizioni che talvolta chiami paradossi.
Il mondo è colorato, come colorato sei tu che tieni in mano la tua tavolozza di legno e sei pronto a rappresentare ciò che vedi avvalendoti di pigmenti originali, di tempere da mescolare tra loro per un dipinto che al momento rimane ignoto ma che un giorno potrai comprendere con maggior consapevolezza.
Il mondo è vario e quindi consente una scelta, come vario sei tu, congerie di complessità, di tensioni in opposizione tra loro, di spinte e controspinte che enfatizzano la ricchezza e l’incomprensibilità del tuo animo.
Diversità, la forza della strada alternativa
La parola diversità ha origini antiche: proviene dal latino diversitas, con il significato di ‘differenza’ e ‘varietà’. Il sostantivo parlato nella Roma antica è originato dall’aggettivo divĕrsus, propriamente participio passato del verbo divertĕre ‘deviare’, composto di di(s)- e vertĕre, ‘volgere’, ‘girare’. Diversa è quindi, in senso stretto, la persona che procede in un’altra direzione, quella che non segue il sentiero percorso dai molti, quella che non comprende il modo di dire “si è sempre fatto così” o “tutti fanno così”. Diverso è chi si comporta in modo non conforme a quelli che, per la maggioranza delle persone, sono i normali canoni di vita.
La diversità è quindi un’attitudine a procedere verso un altrove che può non avere i contorni delineati, che può essere incerto, sfumato, ambiguo ma che possiede una potenzialità da esplorare. Parente stretto del diverso è il divertito. Come se esistesse un legame sotterraneo tra il divergere e il divertirsi, tra il procedere al di fuori del pensiero mainstream e il divertissement. Si diverte chi passa il proprio tempo in attività gradevoli e distensive, di si dà ai passatempi e agli svaghi. Anche per il divertimento le origini sono il di(s)- e il vertĕre, anche in questo caso permane l’idea della direzione variata, di una giravolta rispetto alla noia, di un’uscita dal solito tran tran.
Cugine del diverso e del divertente sono le molte parole che in italiano sono germogliate da quel fusto antico che era il verbo latino vertĕre.
Il verbo avvertire è una di queste. Avvertire significa rendere consapevole una persona di una circostanza che le risultava ignota. Avvertire è in primo luogo un ‘volgere ad-’, un ‘volgere verso’, un ‘rivolgere l’attenzione’ nella direzione voluta. Dare un avvertimento vuol dire spingere lo sguardo di una persona nel punto esatto in cui si vuole che questa osservi.
Anche la controversia è parte del giardino di parole che fanno riferimento a vertĕre: controvertere vuol dire mettere in dubbio, mettere in discussione, dibattere anche in modo acceso su un aspetto per il quale non esiste concordia.
Interessante che - se significato opposto di contro è con - in italiano abbiamo a disposizione la parola convertire. Convertire in senso letterale è trasformare, volgere, dirigere, far passare da uno stato a un altro. La conversione è cambiamento e trasformazione.
E – ancora più curioso - sempre da vertĕre più con- abbiamo ottenuto il verbo conversare. Versari era infatti in latino un verbo frequentativo di vertĕre, con il significato di ‘volgersi spesso’, ‘trovarsi abitualmente’. In tempi remoti conversari significava frequentare qualcuno. La conversazione - che ora è un colloquio, un dialogo amichevole tra due o più persone - in origine e con espressione non comune voleva dire ‘compagnia’ o ‘circolo di persone che si riuniscono abitualmente’.
Conversare, convertire, divertire e diverso sono solo alcuni dei lemmi che possiedono il medesimo antenato.
Dalla parola diverso possiamo approdare facilmente alla reversibilità e al rovescio, alla perversione e al sovversivo, all’universo e al metaverso, al versetto e al vertice, all’inversione e al divorzio, all’avversione e all’inglese advertisement che è l’annuncio, la pubblicità.
Solo se riusciremo a vedere l'universo come un tutt'uno in cui ogni parte riflette la totalità e in cui la grande bellezza sta nella sua diversità, cominceremo a capire chi siamo e dove stiamo
, questo scriveva Tiziano Terzani. La diversità è quindi premessa della conoscenza.
Differenza, l’essenza dell’unicità
Sinonimo di diverso è differente, sinonimo di diversità è differenza. La parola differenza ci invita a esplorare l’essenza dell’unicità, perché ogni elemento possiede elementi di differenza e di uguaglianza rispetto agli altri elementi che compongono il sistema e proprio questa condizione rende unici i soggetti.
Per Gregory Bateson, psicologo e sociologo inglese, la saggezza è saper stare con la differenza senza voler eliminare la differenza
.
Derivata dal latino differentia, questa parola ha attraversato secoli e culture, portando con sé il significato di distinzione e varietà.
Differente deriva dal latino diffĕrens, participio presente del verbo differre, con il significato di ‘essere diverso’. Ai tempi degli antichi romani, il verbo ferre significava ‘portare’ ma insieme anche ‘generare’ come nei lemmi italiani fruttifero e calorifero.
Contengono la medesima radice di differenza anche la conferenza, l’offerta e il referendum, che dal punto di vista letterale significa ‘qualcosa che è da riportare’, ‘qualcosa che deve essere riportata’ (da referre, ‘riferire’, dalla locuzione ad referendum, una ‘(convocazione) per riferire qualcosa’.
In tedesco differenza si dice Unterschied e deriva dal verbo unterscheiden che significa distinguere. Questo verbo è composto da unter ‘sotto’ e scheiden ‘separare’, quindi letteralmente ‘separare sotto’ o ‘distinguere sotto’. È interessante notare come la parola stessa contenga l’idea di una separazione o distinzione che avviene a un livello più profondo, come se la differenza tedesca fosse il sottostante di una frattura cavernosa, ctonia, abissale che emerge in superficie per una piccola parte e che cela in realtà un universo sotterraneo.
La differenza è ciò che rende il mondo, il tuo mondo, affascinante e complesso. È la scintilla che accende la creatività, la forza che spinge l’innovazione. In un giardino, ogni fiore è diverso, e proprio questa diversità consente la pluralità di colori e profumi. Allo stesso modo, nelle nostre vite, le differenze che si accostano dentro di noi ci rendono colorati e profumati. Le differenze che esistono tra le persone inoltre arricchiscono le nostre esperienze, ci insegnano nuove prospettive, ci mettono alla prova perché il confronto tra diversi non è sempre semplice.
Varietà, la tavolozza della vita
La varietà, dal latino varietas, è la tavolozza della vita.
La varietà è ciò che rende ogni giorno diverso dall’altro, ogni esperienza unica, ogni sguardo lo sguardo di quel preciso istante. Immaginiamo un mercato rionale, quello di Rialto a Venezia o quello di Belleville a Parigi: un mercato pieno di frutta e verdura di ogni tipo, un’esplosione di colori e sapori. Questa è la varietà: la possibilità di scegliere, di esplorare, di scoprire. In noi ogni cellula è diversa dalle altre, il nostro corpo è un insieme di varietà. Nonno dell’aggettivo vario era in latino varius, il cui etimo non è certo. La varietà è anche non certezza, perché la composizione di elementi dissimili ha sempre una componente di forse, di chissà, di maybe che rendono instabili la trama e l’ordito della narrazione.
La varietà ci porta a superare la dimensione del singolare. La varietà è plurale e il plurale inizia dal riconoscerci due, dal superare un’esistenza a una sola dimensione, dal comprenderci molti, molteplici, aperti alle possibilità, gravidi di incertezze. Percepire noi stessi quali esseri plurali significa comprendere la complessità del mondo.
Il filosofo Edgar Morin ci invita proprio a celebrare la varietà, a vederla come una risorsa preziosa e non come una minaccia. In un mondo complesso, la diversità e la varietà sono la nostra forza, la nostra speranza per un futuro sostenibile e armonioso. È attraverso la varietà che possiamo costruire ponti, superare le divisioni e creare una società più inclusiva e giusta.
Disuguaglianza, la sfida dell’equità
La disuguaglianza, dal latino inaequalitas, è una realtà che ci sfida a costruire un mondo più giusto. Liberté, égalité, fraternité era il motto della Rivoluzione francese, in opposizione a un contesto non libero, disuguale e ostile. “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, dice l’articolo 3 della Costituzione italiana. E noi di fonte a quell’uguaglianza tutta da costruire cerchiamo di rimboccarci le maniche, di impegnarci per far sì che la società di cui siamo parte diventi un po’ migliore grazie al nostro minuscolo ed essenziale contributo.
Se il papà della disuguaglianza era l’aggettivo latino aequalis, il nonno era l’aggettivo aequus che voleva dire appunto equo, giusto, idoneo. Equo strizza anche l’occhio all’essenza di eccessi. Sul frontone del tempio dedicato ad Apollo a Delfi due scritte campeggiavano: conosci te stesso e nulla di troppo. Ecco, quel nulla di troppo attiene all’equità, alla capacità di comprendere quale sia la linea mediana. Del resto, superare le disuguaglianze per accogliere la sfida dell’equità significa partire dal presupposto che non siamo uguali, così come l’integrazione parte dal presupposto che non siamo integri, che siamo sbrecciati, che siamo in qualche misura rotti. E che per questo abbiamo bisogno di ricomporci ogni giorno, con fatica, con impegno, con costanza. E con un pizzico di coraggio.