Noi non diventiamo quello che siamo se non con la negazione intima e radicale di quello che hanno fatto di noi.
(cit. Marc Auge')
Lara Zibret, fotografa, artista sensibile e attenta a quanto ruota attorno a noi; osserva non l'essere umano, bensì quanto utile possa essere la sua assenza. I silenzi presenti in luoghi e spazi architettonici attirano la sua attenzione tanto da farne la sua poetica. Intimamente e profondamente ci conduce virtualmente con la sua mano in un mondo altro, in un non-luogo, dove tutto è possibile ma dove soprattutto vi è bellezza, espressa da linee che si incrociano e che ci narrano storie, racconti urbani; spesso contrastanti tra loro, ma vere e introspettive, Per Walter Benjamin l'architettura del secolo successivo (ndr. cioè il nostro secolo) è prefigurabile come un sogno o un'anticipazione.
Ecco che Lara Zibret è anticipatoria nel suo “fare arte” e lo dimostra con i suoi scatti; in bianco e nero dove regna un preciso ordine, dona simmetria a tutto l'impianto scenico della fotografia; in modo del tutto spontaneo e personale.
Riconosco i riferimenti che spaziano dal minimalismo al brutalismo, stili e tematiche scelti con grande cura e al fine di attrarre il fruitore che osservando le fotografie diventa consapevole che tali riferimenti sono indispensabili al fine di colpire l'attenzione anche del più esperto in materia fotografica.
I lavori esposti presso la nota galleria milanese Manifiesto Blanco riassumono in modo tautologico l'essenza dell'artista catturata in momenti caduchi e fuggenti; in quei momenti precisi in cui il tempo si ferma, resta sospeso in attimi di atemporalità, dove tutto è immobile in modo perfettamente perpendicolare.
La fotografia digitale (o analogica ?) è figlia di quel dagherrotipo da cui tutto si dipana e ci narra di città in italia, ci mostra New York e scatti del Giappone, dove l'uomo è quasi del tutto assente in quanto la sua “mancanza”, all'interno delle opere di Zibret, è la vera indagine antropoligica che vuole condurre.
Priva di interesse nei confronti della compresenza umana, bensì attratta dalla persistenza architettonica in quanto anima, involucro, contenitore narrante, dove la non-presenza, i non-luoghi giocano da ruolo fondamentale e da protagonista, mentre l'uomo ha solo la funzione di attraversamento del non-luogo, è quindi marginale, ma indispensabile al contempo tanto da risuonare come un vero e proprio ossimoro.
Il mondo sta diventando un'immensa città e il potere demiurgico dell'architetto è un segno dei tempi .
(Cit. Marc Auge')
18 sono gli scatti presentati nella mostra milanese articolati con un ordine visivo, un rigore della costruzione dello spazio che molto è stata influenzata da quella che in arte è denominata sezione aurea come risultato di una divisione secondo la proporzione matematica e divina che Fidia ci ha trasmesso dalla lontana antichità greca. Proporzione che ha regolato tutta l'arte in divenire anche nel rinascimento e sino ai giorni nostri.
Non resta dunque che avventurarsi su questi sentieri caduchi ma liberi nella loro espressività fotografica ed artistica; in questi ambienti, ricchi di costruzioni, che nel loro ordine compositivo ci accolgono con eleganza e raffinatezza; dove tutto è luminoso ed adombrato; dove ogni dove è il contrario del tutto.
Questa mostra è stata realizzata da Lara Zibret e curata da Massimiliano Bisazza.