Un fotografo di gran classe "che ha colto con incredibile finezza l'affinità genetica tra le opere e l'artista che le faceva, e nello stesso tempo la loro intima contraddizione, come se la leggerezza delle sculture riscattasse la gran massa del corpo dello scultore e la loro volubilità fosse uguale a quella del suo carattere bonario e capriccioso, espresso dal ciuffo dei capelli bianchissimi sempre scompigliati da un vento inesistente".
E' quanto affermava nel lontano marzo del 1982 Giulio Carlo Argan - uno dei più famosi storici dell'arte del Novecento - a proposito di Ugo Mulas e del lavoro che fece sull'opera di Alexander Calder. E proprio a questo binomio artistico è dedicata l’esposizione Ugo Mulas – Circus Calder in corso fino al 18 maggio a Merano, suggestiva città altoatesina in cui è possibile trovare sempre una programmazione artistica dalle originali opportunità culturali.
Curata da Valerio Dehò e organizzata da Merano Arte in collaborazione con l'Archivio Ugo Mulas di Milano, la rassegna presenta una selezione di 36 immagini originali, scattate tra il 1963 e il 1964 dal fotografo italiano al Circus Calder, una delle opere giovanili più particolari di Alexander Calder, realizzata tra il 1926 e il 1931 e ora conservata al Whitney Museum di New York.
Ugo Mulas (Pozzolengo (BS) 1928 - Milano, 1973) è una delle figure più importanti della fotografia internazionale del secondo dopoguerra. Autodidatta di formazione, nel 1954 debutta nel fotogiornalismo pubblicando in seguito in riviste come Settimo Giorno, Rivista Pirelli, Domus, Vogue e Du. Realizza una serie di reportage in Europa con Giorgio Zampa per L’Illustrazione Italiana e inizia a collaborare con Giorgio Strehler e il Piccolo Teatro di Milano. Dal 1954 al 1972 fotografa le edizioni della Biennale di Venezia e intraprende un’intensa collaborazione con gli artisti.
Negli Stati Uniti dalla metà degli anni sessanta 1964 Mulas incontra Robert Rauschenberg, Andy Warhol e i fotografi Robert Frank e Lee Friedlander. I grandi formati, le proiezioni, le solarizzazioni, sono elementi che Mulas recupera dalle sperimentazioni pop e new dada e dalla pratica quotidiana del fotografare. In seguito la crisi del reportage, spingerà Mulas a un'originale lavoro di ripensamento della funzione storica della fotografia, arrivando così al portfolio Marcel Duchamp (1972), al progetto Archivio per Milano (1969-72), e Verifiche (1968-1972), una serie fotografica che sintetizza in dodici opere l’esperienza di Mulas e il suo dialogo continuo con il mondo dell’arte.
E altrettanto singolare è la mostra meranese Circus Calder, un'opera costituita da piccole sculture, figure umane, animaletti costruiti con filo metallico, spago, gomma, stracci e altri oggetti di recupero, utilizzati e messi in scena da Calder stesso per dar vita a spettacoli improvvisati. Le sculture circensi e fiabesche di Circus si sono rivelate di grande ispirazione per Mulas; questa serie fotografica di enorme delicatezza e ironia lascia emergere il suo lato più giocoso. Calder realizzò questi oggetti a Parigi, dove si era trasferito nel 1926, dopo aver conosciuto un produttore di giocattoli serbo e aver messo a punto i primi giochi articolati. Ogni componente era stato ideato per esser contenuto e trasportato in valigie, così da consentirgli di viaggiare e tenere spettacoli in posti diversi degli Stati Uniti, ricreando numeri ispirati a quello reale. La serie segna certamente un passaggio decisivo nella poetica dell'artista, e conferma la grande amicizia tra i due artisti: Ugo Mulas e Alexander Calder, che ha trovato espressione nel ciclo fotografico che proprio Mulas ha dedicato alle opere e ai gesti creativi e personali dello scultore americano.
Così negli scatti di Mulas, i pupazzi del circo diventano i veri e propri soggetti delle immagini, colti spesso in primo piano, che si connotano nella loro complessità “performativa”. E le fotografie di Mulas, del resto, risultano essere la rappresentazione di statuto estetico indipendente, l'espressione di una cifra stilistica assolutamente individuale e soggettiva. Non è un caso che il contributo innovativo dell’opera di Calder risieda proprio nell’utilizzo di materiali non convenzionali e nella totale reinterpretazione del concetto di spazio attraverso forme scultoree astratte in movimento, che considerano elementi quali la gravità, l’equilibrio, lo spazio vuoto, come “materie creatrici”.
Sculture aeree, colorate: così Calder disegna lo spazio e la dimensione temporale recuperando un senso fiabesco degli oggetti che rinviano ai caratteri dell'infanzia, alla funzione ludica del gioco nei bambini con i loro pupazzi e i loro animali in miniatura. E come ricorda Valerio Dehò curatore della mostra, “Mulas, attraverso fotografie sempre perfette e stilisticamente riconoscibili, fornisce una chiave d'interpretazione dell’opera di uno degli scultori più importanti del XX secolo, colui che ha “donato” il movimento alla scultura, l’ha resa aerea, mobile, interattiva con l’ambiente, sensibile all’aria, alla presenza vitale degli spettatori. Allo stesso tempo dà vita a un circuito che dall'arte parte e all'arte ritorna, facendosi interprete di un linguaggio a sua volta essenzialmente visivo. I personaggi del circo sono i soggetti delle immagini e vengono descritti nei loro dettagli, nelle loro particolarità, come se fossero delle persone o degli animali pronti a entrare in scena. Sono attori di uno spettacolo performativo che si ripete sempre diverso”.
Ma oltre ad aspetti che riguardano più strettamente la realizzazione formale, il periodo del Circus esprime un tratto tipico della poetica dello scultore, ovvero un atteggiamento di tipo ludico, giocoso. E non a caso al mondo del circo si associa un immaginario che ritroviamo nell'opera di numerosi artisti, come nell'opera pittorica di Picasso, Cocteau, Chagall, Toulouse Lautrec, Kirchner, Seurat, Léger, o nelle poesie di Baudelaire, le opere letterarie quali Opinioni di un clown di Heinrich Böll, o a film come Circus di Charlie Chaplin, Le notti di Cabiria di Feberico Fellini, e Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders. Insomma un immaginario fantastico di cui la mostra Mulas-Calder è la pertinente ed efficace rappresentazione. Un sogno e un viaggio fantastico!
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