L'eredità filosofica è raramente riconosciuta negli studi contemporanei: infatti, una caratteristica tipica delle narrazioni del nostro tempo, soprattutto in ambito accademico, è la difficoltà di allontanarsi dalle regole socialmente imposte all'interno del discorso disciplinare, pacem la richiesta di interdisciplinarità.
Gli studiosi tendono difficilmente a impostare punti di vista alternativi al paradigma stabilito nella propria disciplina su un determinato problema, cercando di ricavarne un punto di vista diverso anche se ugualmente, o addirittura più, fecondo rispetto al discorso mainstream.
Diverse sono le ragioni di questa visione: la paura di essere osteggiati e la possibilità di non fare carriera in ambito accademico, le rigide regole di ingresso di ogni disciplina che riecheggiano una specializzazione sempre più vicina al paradigma fordista taylorista (interessata soprattutto a produzioni facilmente collocabili sul mercato) che a un'idea disinteressata di scienza che spesso traeva spunti da molteplici ambiti disciplinari e approfondimenti come la storia e la letteratura. Queste discipline, secondo alcuni, devono essere ripulite e allineate al politically correct perché contengono descrizioni (come nelle Metamorfosi di Ovidio) che possono offendere alcuni gruppi sociali (M. Bettini, Chi ha paura dei Greci e dei Romani?, 2023, p. 72).
È così che il capitalismo guadagna tempo (Stiglitz citato in Rhodes, Capitalismo Woke, 2022): cerca di relegare i giovani adulti a uno stadio infantile che ha bisogno di tutele morali per renderli più controllabili, magari con l'aiuto di piattaforme digitali per plasmare la loro personalità (Bettini, cit., p. 73).
Ci si potrebbe chiedere perché questo ragionamento debba valere solo per i classici: infatti, se dovessimo applicare gli stessi standard al diritto o alla medicina, alcune malattie, come il cancro, che possono offendere la sensibilità di alcuni gruppi sociali o degli stessi medici, non verrebbero più studiate, e il progresso medico si fermerebbe o si limiterebbe alla sola farmaceutica.
L'umanista in generale e soprattutto gli studiosi di etica o di questioni legate all'etica possono essere paragonati ai medici - un parallelo che, notoriamente, J.S. Mill (Utilitarismo, 1861) ha proseguito da un punto di vista metodologico. Come i medici, l'umanista deve comprendere anche gli aspetti più dolorosi e ripugnanti dell'agire umano per cercare di sradicarli. All'opposto, il premio Nobel e cofondatore della filosofia analitica Bertrand Russell, nel suo libro fondamentale Power (1938), fornisce una ragione per studiare i classici e la filosofia:
Il mio scopo sarà duplice: da un lato, suggerire quella che ritengo essere un'analisi dei cambiamenti sociali in generale più adeguata di quella insegnata dagli economisti, dall'altro, rendere il presente e il probabile futuro prossimo più comprensibile di quanto non possa essere per coloro il cui immaginario è dominato dai secoli XVIII e XIX. Quei secoli sono stati per molti versi eccezionali e sembra che ora stiamo tornando, per molti aspetti, a una forma di pensiero di vita che era prevalente in epoche precedenti. Per comprendere il nostro tempo e le sue esigenze, la storia, sia antica che medievale, è indispensabile, perché solo così possiamo arrivare a una forma di progresso possibile non indebitamente dominata dagli assiomi del XIX secolo.
(Russell, cit., p. 13-14)
Un'altra ragione ancora recente per rifiutare gli studi classici e umanistici deriva probabilmente dalla cosiddetta cultura della cancellazione (Cancel culture) un aspetto della quale è la decolonizzazione dei classici. Secondo queste prospettive, infatti, lo studio della cultura greca e romana dovrebbe essere affiancato a quello di altri popoli coevi, asiatici e africani; l'espressione "eredità classica", che si riferisce al nucleo fondante della civiltà occidentale, deve quindi fare spazio ad altre eredità culturali apparentemente oscurate dal colonialismo; i sostenitori della decolonizzazione dei classici sostengono che gli studi classici non devono più essere riservati, sia in termini di insegnamento che di componente studentesca, quasi esclusivamente ai maschi bianchi occidentali come avviene oggi.
Questi studiosi non sono d'accordo sul fatto che il canone degli autori classici, ormai legato a categorie come imperialismo, razzismo, sessismo, debba essere completamente riscritto. Sia che si tratti della complessa relazione tra la produzione di conoscenza di sistemi umani complessi e i sistemi politici in cui si svolgono, sia che si tratti della proliferazione del linguaggio della "costituzione reciproca" come modo per eludere le questioni di causalità, la questione del "sofferente" contro il "buono", l'attribuzione di un privilegio "coloniale" o "maschile bianco" anche nei classici della leadership, o i triti dibattiti sulla precarietà della vita accademica, il campo degli studi contemporanei sulla leadership è attraversato da scorciatoie critiche, da sentieri traballanti che spesso trattiamo senza una seria riflessione critica.
A mio avviso, la cancel culture è paragonabile a buttare via il bambino con l'acqua sporca (o, usando gli strumenti del pensiero critico, alla fallacia di hasty generalization); se è vero che molti filosofi possono essere interpretati oggi come sostenitori del razzismo e della virilità (ad esempio Aristotele), essi hanno comunque contribuito in modo essenziale alla visione del mondo che ancora ci pervade.
A questo proposito, è interessante notare l'opinione di due autori considerati ideologicamente opposti, lo studioso americano R. W. Emerson, democratico, e il filosofo e filologo tedesco F. Nietzsche, aristocratico, che concordano nel ritenere che la storia serva all'umanità come esempio da esaminare criticamente, poiché il suo studio serve solo a servire la vita e a sostenere l'azione presente (Zavatta, La sfida del carattere, 2006, p. 101). Uno studioso umanista anche per loro è come un medico: perché lo studio dei libri sia un valido supporto per le sue idee e le sue azioni, deve anche conoscere gli aspetti più dolorosi della vita umana. Così come un medico, per poter curare al meglio qualsiasi paziente, deve conoscere le caratteristiche delle malattie più terribili.
La rimozione o la manipolazione di luoghi, eventi storici e testi di autori scomparsi è sempre stata il risultato di una politica volta a limitare la libertà di espressione. Esempi di tali ideologie sono, notoriamente, i Talebani afghani, che hanno provocato l'indignazione mondiale facendo esplodere statue giganti di Buddha in altre parti del Paese, definendole simboli pagani da epurare; e, secondo lo scrittore cinese di romanzi gialli Qiu Xiaolong (2023), la possibile demolizione di un quartiere di Shanghai chiamato Red Dust Lane.
Durante la Rivoluzione culturale cinese tale luogo ospitava quotidianamente "conversazioni serali" in cui i residenti potevano parlare più o meno liberamente degli eventi del giorno. La sua demolizione è stata decisa non solo per la fatiscenza del quartiere stesso (in relazione alla retorica di Shanghai come "magica città metropolitana"), ma anche per cancellare la memoria di tali "conversazioni serali" che non si adeguano alle linee di propaganda del governo cinese.
Un dibattito più recente nell'opinione pubblica europea è stato il tentativo di eliminare gli autori russi, in particolare F. Dostoevskij, dai programmi scolastici a seguito della guerra in Ucraina. Più recentemente, è stata cancellata la relazione "virtuale" tra R.W. Emerson e F. Nietzsche, di cui si sono perse le tracce fino a tempi recenti. Inoltre, il razzismo e la mascolinità sono concetti tipicamente occidentali moderni (probabilmente radicati, come vedremo in seguito, nel Romanticismo), le cui proiezioni possono trovare spesso riscontro anche in altre culture (Islam o confucianesimo). Né possiamo escludere i leader dalla storia usando lo stesso metro ideologico; come suggerisce il filosofo tedesco G.W.F. Hegel, per esempio, un leader come:
un individuo storico-mondano non è così sprovveduto da assecondare una varietà di desideri per dividere i suoi interessi. Egli è devoto all'Unico Obiettivo, senza badare a tutto il resto. È perfino possibile che questi uomini trattino sconsideratamente altri grandi interessi, perfino quelli sacri; una condotta che è in effetti soggetta a riprovazione morale. Ma una forma così potente deve calpestare molti fiori innocenti e ridurre in pezzi molti oggetti sul suo cammino.
(Hegel, 2001, p. 47)
Una prospettiva olistica o sistemica quindi è necessaria per meglio comprendere il mondo e la transizione in corso. Sia in senso diacronico che in senso sincronico. Altrimenti rischiamo un ritorno al passato che non promette nulla di buono.