The Address è lieta di presentare Bored Bones, la prima personale di Giuliana Rosso in galleria, a cura di Treti Galaxie.
Proponendo tecniche e materiali cari alla ricerca di Rosso, quali carboncino su carta da spolvero, cartapesta e olio su tela, la mostra si compone di nuove installazioni ambientali, sculture e opere pittoriche in bilico tra realtà e immaginazione, consistenza e allusione, gravità e leggerezza.
La mostra è strutturata come un montaggio di diverse possibili mostre personali dell’artista, tra loro connesse da elementi ricorrenti e trame sommerse, come episodi di una serie in streaming suggeriti e condensati nelle stanze della galleria.
Popolata da soggetti ritratti in situazioni di quieta incertezza e transitorietà, Bored Bones si configura come un luogo aperto alla scoperta individuale, un invito a recuperare, attivare e alimentare il senso di avventura e meraviglia che cullava di carezze le corse nei nostri luminosi pomeriggi di maggio.
All’ingresso troviamo un’opera appoggiata alla parete. Sembra in procinto di essere allestita, o disallestita prima di essere di nuovo imballata. Forse gli allestitori si sono presi una pausa, forse sono andati a bere da qualche parte, a mangiarsi un gelato, o a pranzo. Chissà.
Notiamo che le viti sono di plastica, sovradimensionate, irreali, come materializzate da un cartone animato. A terra, vicino al dipinto, una pinza e un cacciavite giocattolo.
L’installazione/disinstallazione di questa opera è una dichiarazione della poetica dell’artista, dello stato dei suoi soggetti, sempre ritratti in situazioni di transitorietà. Come l’opera all’ingresso, sono al contempo pronti e non pronti. Oppure, sono pronti ma non lo sembrano. O ancora, non sono pronti, ma vengono presentati come tali. Pronti, pronti, bisogna essere sempre pronti. Ma pronti per cosa?
Figure leggere e fluttuanti ci accolgono oltre la spessa porta di una camera blindata. Fateci caso: sono grandi come noi, forse poco più grandi. La loro fragile struttura si riflette sulla nostra, e le nostre fragilità danno stabilità e peso al contesto. Stese e distese in verticale ci guardano. Mentre noi lasciamo la stanza ci lasciano i loro colori.
Passaggi di stato con acqua che non bagna e fuoco che non scalda. Ardentemente fradicie. Queste opere ritraggono ciò che maggiormente temono.
Qui si entra da una parete di serrande chiuse. Forse non abbiamo il permesso, forse dovremmo. Chi può dirlo. Grondaie di fulmine e romanzi d’inchiostro. “Leggerò come una piuma. Ti strapperò un bacino. L’ava lava l’avo con la lava”.
Forse siamo in una tana, e stare qui dentro ci ricorda che tempo fa guardavamo una stanza allagata dentro a una stufa, un macigno sulle lenzuola, sopracciglia di comete e crepe di capelli. Una tana, un tunnel, una galleria in galleria sotto ai balzi delle rane. L’aracno-design di Villa Pozzanghera. Secchio secchio delle mie brame, specchio riflesso nelle tue trame.
In questa stanza, personaggi che dormono, o che sono in procinto di dormire, e il loro mondo onirico si presenta come reale. Ma per chi è reale quel mondo? Per noi? Per loro? Forse siamo manifestazioni delle loro fantasie. Facciamo silenzio, muoviamoci piano o rischiamo di svegliarci.