Lee Lozano si può definire un’artista poliedrica, controcorrente, contraria a ogni sistema di potere, rivoluzionaria sì ma soprattutto figura chiave della scena newyorkese intorno agli anni Sessanta e Settanta.
Per la prima volta la sua opera arriva in Italia e Strike alla Pinacoteca Agnelli di Torino rivela al pubblico il suo universo visivo. Sarah Cosulich, curatrice con Lucrezia Calabrò Visconti dell’esposizione, parla dell’artista e dell’importanza di questa sua prima rassegna monografica in Italia.
Strike di Lee Lozano è la seconda mostra del programma di esposizioni temporanee, quelle che presentiamo al terzo piano della Pinacoteca Agnelli, in linea con la rinnovata missione dell’istituzione e prodotta specificatamente per la Pinacoteca. È diventata un’ossessione meravigliosa Lee Lozano per il suo lavoro, la sua arte e la sua personalità in un inedito percorso di ricerca, approfondimento e conoscenza. Abbiamo aperto questo nuovo corso da meno di un anno con una programmazione che connette il passato di un’eccezionale collezione, quella di Giovanni e Marella Agnelli, alle tematiche e alle esigenze della contemporaneità.
(Sarah Cosulich)
Nell’ottica di un’apertura a tutto campo e con l’obiettivo di presentare progetti esclusivi e di qualità, fortemente attuali e in dialogo con una sperimentazione di livello internazionale, ecco allora la retrospettiva dell’artista americana e le sue diverse fasi di ricerca personale, suddivisa in sette sale tematiche. “Gli artisti che presentiamo nel programma di mostre temporanee sono figure rivoluzionarie, pionieristiche, iscrivibili a tutti gli effetti nella storia dell’arte. Lee Lozano è un’artista particolarmente significativa dell’avanguardia americana degli anni Sessanta, collezionata da tanti musei del mondo, conosciuta tra gli addetti ai lavori e forse meno dal pubblico anche per la particolarità del suo percorso. Lozano sceglie di lasciare il mondo dell’arte nel 1972 dopo solo 12 anni di pratica artistica. All’inizio degli anni Sessanta si esprime attraverso il disegno, la pittura, dall’espressionismo al surrealismo con immaginari espliciti in cui attrezzi, oggetti, armi si fondono con corpi e organi sessuali maschili per raccontare il potere nella società. Passa poi all’astrattismo minimalista con tele monumentali fino all’arte concettuale quando sceglie di concentrarsi su azioni performative che descrive minuziosamente nei suoi Language Pieces”. Nelle prime tre sale alle pareti i disegni e i dipinti figurativi con una rappresentazione forte e ironica, quasi grottesca del corpo umano e dei nudi, una vena satirica che si accentua al centro della mostra con Tools e Airplanes.
“Per Lozano arte e vita coincidono” spiega La curatrice, “trovano sempre un punto d’incontro e soprattutto non comprendono compromessi. La sua è una rivoluzione artistica e personale che si ribella a ogni forma di ordine precostituito dalle gerarchie patriarcali ai meccanismi di produzione dell’arte, quelli del sistema che sceglie di rifiutare, ritirandosi dalla scena artistica (con Dropout Piece del 1972). Il percorso di costruzione di questa mostra ci ha permesso di stringere un’alleanza con la Collezione di François Pinault di Parigi, una delle istituzioni più prestigiose d’Europa. Avevamo chiesto dei prestiti di opere, possedendo Pinault un importantissimo nucleo di lavori dell’artista ma accettando di prestare le opere ci ha chiesto di ospitare la mostra alla Bourse di Parigi”.
Così Strike sarà la prima mostra monografica di Lee Lozano in Francia.
Ma chi è Lee Lozano?
Nasce nel 1930 con il nome di Lenore Knaster a Newark nel New Jersey da una famiglia ebraica non osservante, si forma a Chicago in scienze naturali e filosofia, studia pittura, si sposa con l’architetto Adrian Lozano, divorzia e si trasferisce a New York nel 1960. Da quel momento e fino al 1972, l’anno in cui decide di ritirarsi, è un’artista importante, affermata, in dialogo con una generazione di artisti pittori minimalisti concettuali come Sol LeWitt, Carl Andre, Richard Bellamy, Dan Graham e con questi artisti si relaziona e da loro ha enorme rispetto.
Si sa invece pochissimo della sua vita dei suoi quasi trent’anni successivi fino alla sua morte a Dallas in Texas nel 1999 e non sono da considerare anni di inattività, ma semplicemente la continuazione del suo ritiro, della sua opera. Lee Lozano sceglie di farsi seppellire con una lapide senza nome. Questi dettagli della biografia sono dettagli importanti nella lettura dell’opera. Lozano ha una formazione accademica, una capacità tecnica unica, ma la sua pratica la porta costantemente a sperimentare in modo incessante adottando linguaggi diversi nel tentativo di superarsi ogni volta. È un artista che non può essere inserita in nessuna categoria tanto da far sembrare la sua mostra quasi l’opera di artisti diversi.
(Sarah Cosulich)
E alla Pinacoteca Agnelli è possibile seguire il processo di questa evoluzione artistica fino all’astrazione minimalista e ai suoi Private books, (1968-1970), quaderni minuziosi e ricchissimi di dati, elucubrazioni teoriche e poetiche e riflessioni sul sistema dell’arte.
Il fascino è riconoscere i punti di connessione della sua pratica artistica che l’hanno portata a ricercare incessantemente un’energia più forte, una conoscenza maggiore, verso quell’estremo a cui ha ambito nell’arte e nella vita. Nei suoi notebook documenta, alla fine degli anni ‘60, pensieri profondi e dettagli intimi. La sua scelta di scioperare e poi di uscire dal mondo dell’arte non sono colpi di teatro ma azioni concettuali di un percorso artistico coerente in cui le implicazioni sociali, politiche, autobiografiche riecheggiano costantemente. L’opera di Lee Lozano è corpo, trascendenza, contenuto ed energia, ordine e disordine, matematica e viscere. I soggetti di Lozano sono a volte espliciti, brutali, sarcastici, ambigui o sensuali. In quanto metafore di significato e stati profondi, toccano quei sistemi con cui l’arte allora come oggi dovrebbe confrontarsi.