Osart Gallery è lieta di presentare la prima personale italiana di Katharien De Villiers (Sudafrica, 1991), Echo Me / Here I am / Ecco Mi.
La mostra, a partire dal titolo, è l'affermazione di una presenza fisica e il segnale di un'eco da un emisfero all'altro, di un messaggio che si riverbera. Il messaggio di Katharien attraversa il tempo e lo spazio con una moltitudine di riferimenti, oggetti del passato che rimodulano la percezione del presente, immagini da mondi distanti che coesistono all'interno di opere polimateriche, in cui pittura e scultura si fondono.
Uno dei dispositivi a cui fanno riferimento tutte le opere in mostra è quello del diorama. La parola “diorama” dal francese diorama (1822), è composta dall'unione del greco διά, “attraverso”, e ὅραμα, “veduta”, sul modello di panorama, indica sia la scenografia, in scala naturale o quasi, che attraverso l'uso di luci crea illusioni prospettiche, sia le ricostruzioni di ambienti naturali o di ambienti storici, allestite per esempio nei musei di storia naturale. Messo a punto negli anni Venti dell'Ottocento, adatto allo svago ma con una forte valenza educativa, il diorama mescolava elementi desunti dalla realtà a sculture o manichini, reperti storici a ricostruzioni in stile. Come scrive l'artista, aveva lo scopo di mostrare gli animali nel loro habitat (oppure di illustrare la vita dei nostri antenati), ma spesso, attraverso l'unione di realtà e finzione, finiva per raccontare più che altro il rapporto difficile dell'uomo con le sue radici e con la natura.
Le opere in mostra sono in grado di attraversare il tempo, seguendo l'esempio paradossale dei diorami: le immagini dei viaggi personali sono sovrapposte alle illustrazioni enciclopediche, che consistono in disegni ambientati entro anonime fotografie di paesaggio, e sono desunte dai volumi di divulgazione scientifica The Emergence of Man (Time Life Books, 1972).
L'ambientazione agisce sui soggetti, si sovrappone a essi, li camuffa e li trasforma. Le tele su cui l'artista dipinge spesso sono stampate con una fantasia mimetica: in esse i soggetti si mimetizzano, cambiano significato. Come nel diorama ottocentesco, il pretesto di mostrare uomini e animali in un contesto apparentemente quotidiano mette in luce lo scarto e il conflitto tra la realtà e la nostra percezione di essa. La ricerca artistica di Katharien De Villiers punta alla decontestualizzazione di materiali e immagini desunte dai contesti più lontani: dall'uso di smalti e glitter, a quello di tele stampate (solitamente, appunto, camouflage), fino all'inclusione di pizzi e merletti o di altri materiali prelevati dalla realtà, integrati a una pittura dalla forte presenza tridimensionale.
Nelle opere di Katharien De Villiers si colgono visioni di una realtà stralunata, ironica, colorata. Messe in scena paradossali del quotidiano, in cui trovano spazio numerosi collage, frammenti di esperienze e ricordi suoi e altrui, oggetti prelevati dalla realtà e inclusi nella rappresentazione.
Le esperienze trasformano il nostro sguardo, la memoria modella la visione del reale, e viceversa: l'artista si chiede quale sia la nostra relazione con la storia, la rappresentazione che tendiamo a darne, e come la nostra prospettiva rimodelli il passato (e il presente) sovrapponendo realtà e finzione, nuove e antiche narrazioni. De Villiers si interroga sul nostro rapporto con l'ambiente in cui ci troviamo, ma anche con le radici e con il mito, e su come il nostro sguardo li modifichi continuamente.