Delle antichità e delle rovine, o di bellezze classiche quali patrimoni artistici, fonti di storie gloriose ma anche di una continuità ideale e culturale, nelle quale si focalizzano sguardi fotografici tesi a rappresentare nuovi mondi e nuove identità.
Templi e monumenti in un complesso assetto paesaggistico diventano il motivo di una narrazione sulla narrazione, un frammento su altri frammenti. E’ su queste prospettive che muove l’indagine del fotografo austriaco, Alfred Seiland (St. Michael, 1952) a cui il Museo di Santa Giulia a Brescia dedica la prima retrospettiva italiana dal titolo “IMPERIVM ROMANVM. Fotografie 2005-2020”, in corso nei rinnovati spazi espositivi del “Quadrilatero rinascimentale” delle gallerie alte del Monastero di Santa Giulia fino al prossimo 17 ottobre.
E’ una delle mostre di punta di Brescia Photo Festival – giunta alla quarta edizione sotto la direzione artistica di Renato Corsini e il cui tema quest’anno è “Patrimoni” -, promossa dal Comune di Brescia e da Fondazione Brescia Musei con la collaborazione di MaCof - Centro della fotografia italiana.
L’esposizione di Seiland, a cura di Filippo Maggia e Francesca Morandini, è anche il primo evento culturale dedicato alle celebrazioni per la “restituzione della Vittoria Alata”, la straordinaria scultura romana, che, dopo un restauro durato due anni presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, è tornata in città, nella sua nuova collocazione nell’aula orientale del Capitolium riallestita su progetto dell’architetto Juan Navarro Baldeweg.
136 immagini di grande formato, tratte da Imperivm Romanvm - il monumentale progetto sviluppato in oltre quindici anni di lavoro dal fotografo austriaco – con un nucleo di 20 inediti tra cui un portfolio di 6 scatti realizzati a Brescia tra il 2019 e il 2020, nel quale è immortalato il patrimonio antico della città ed il suo valore monumentale e sociale.
Vive così “IMPERIVM ROMANVM”, tra architetture e archeologie come antropologie in movimento su cui si sviluppa un percorso fra Europa e Medio Oriente.
Affascinato dalle scenografie cinematografiche dell’antica Roma, Seiland ha intrapreso un lungo viaggio nei territori in cui si estendeva il dominio di Roma: dalla Siria alla Scozia, ai paesi che si affacciano sul Mediterraneo, ma anche oltre, per fotografare quei siti archeologici in cui cogliere i segni dell’ uomo e delle rovine.
40 i Paesi narrati attraverso i diversi siti archeologici: da Palmira a Samaria a Epidauro. Fotografie iperrealiste e pop, simboliste e minimali, che non mancano di suscitare stupore e curiosità, tra intrecci della cultura romana e i luoghi della modernità. E se le rovine sono lo spazio scenico deputato alla rappresentazione visiva al tempo stesso diventano anche la prima “forma” di globalizzazione dello sguardo o le trasformazioni di una città e di un paesaggio.
Dialogano così le antiche glorie monumentali e i moderni tessuti urbanistici, gli spazi del turismo di massa e di una quotidianità dinamica, tra mutazioni e trasformazioni che nei secoli hanno investito antiche chiese, templi e monumenti, o l’ espressione di una storia le cui testimonianze e bellezze architettoniche, a distanza del tempo, resistono.
Il Colosseo a Roma, le terme di Bath, il Pont du Gard in Provenza, ma anche le rovine di siti meno noti al grande pubblico come il set di Cinecittà o il Caesar Palace Hotel di Las Vegas.
Foto caratterizzate da un raffinato e dosato utilizzo del colore ma anche da un’originale luce che nobilita e valorizza gli stessi paesaggi e i monumenti storici.
Dal Tempio della Concordia nella Valle dei Templi che – come ricorda Filippo Maggia - si staglia maestoso nel cielo limpido alla terrazza est sulla sommità del monte Nemrut con teste di pietra poggiate a terra come fossero guardiani silenti alla sala principale del Pergamon Museum di Berlino, con il pubblico ossequioso ed estasiato da tanta bellezza. Dalla solfatara di Pozzuoli ripresa dall’alto alla tempesta di sabbia a Palmyra che avvolge tutto come fosse il Tempo che inesorabilmente avanza; le panche e i tavoli fuori dall’ingresso di Petra e l’omaggio alla biblioteca di Alessandria d’Egitto, primo deposito del sapere umano; la banchina della stazione ferroviaria a Mainz sorta di palco di un teatro romano. Il Canale di Corinto e la fortificazione romana a Cannabiaca, in Austria; il Foro romano e la Basilica di Sebastia a Samaria in Palestina sino a Al-Khazneh a Petra in Giordania. E l’Italia con lo straordinario “ Capitolium di Brescia” (2019) e “il Canopo di Villa Adriana” a Tivoli in una sorta di affresco in cui ritrovare la memoria di Paesi e di popolazioni, nel segno del tempo e di forti emozioni.
E in questo straordinario tour a Seiland fanno eco il grande fotografo friulano Elio Ciol, di cui è “Palmira. Una memoria negata”. Sublimi storie monumentali che trovano in Santa Giulia, venti straordinarie immagini, realizzate nel 2015 in Siria prima delle distruzioni inferte dall’ISIS a uno dei tesori più preziosi dell’umanità; “È Brescia”, curata da Renato Corsini, con Gianni Berengo Gardin, Francesco Cito, Franco Fontana, Gianni Pezzani, Ferdinando Scianna, Luca Gilli e Giovanni Chiaramonte, che con il loro obiettivo raccontano la città e le sue eccellenze culturali. E alla Fondazione Poliambulanza è “Mirabili radici. Il sito UNESCO di Brescia nelle fotografie di Alessandra Chemollo”, con i luoghi riconosciuti patrimonio UNESCO nel 2011, come il Complesso Monumentale di Santa Giulia, prima e durante la retrospettiva dedicata all’architetto e artista Juan Navarro Baldeweg, il Capitolium, durante e a conclusione della realizzazione del nuovo allestimento della cella orientale con la Vittoria Alata restaurata, le Domus e il Santuario repubblicano. Per Brescia e per la valorizzazione dei patrimoni in Italia e nel mondo. Per la nostra storia.