E’ aperta agli Uffizi dal 3 novembre una esposizione archeologica che propone una classificazione del ruolo delle donne nella società romana imperiale, negli anni fra gli inizi del primo e la metà del secondo secolo d. C.
Sono esposti busti marmorei di mogli, madri o sorelle di imperatori, fra le quali la madre di Nerone e la moglie di Domiziano. Curatissime dagli scultori le acconciature dei capelli, perché erano un modello seguito dalle matrone di élite, forse spinte dal desiderio di avere la stessa visibilità che le più volitive e meritevoli delle Auguste riuscivano a volte a raggiungere. Come esempio di visibilità pubblica leggiamo il nome della moglie citato con quello del marito imperatore nel calco della “dedica onoraria a Tiberio e Livia da Terracina”, iscrizione onoraria superstite di un’edicola tetrastila della metà del primo secolo d.C. cui si sono ispirati i curatori per interpretare il frammento di un frontone di tempio visibile in Mostra.
Le matrone escogitarono, nel tempo, molti modi di acquistare visibilità in una società di predominio maschile. Con somme di denaro a volte anche ingenti svolgevano il ruolo di evergete. Una parola di etimo greco che significa benefattore. Ruolo questo assunto dalle Auguste per proteggere la dinastia, ma che poi aveva loro aperto la possibilità di agire nella sfera politica.
Attraverso le epigrafi sui monumenti funebri di bimbi morti prematuramente otteniamo notizie sullo stato sociale dei loro genitori, sul loro rapporto e, anche, sul ruolo in cui la madre era confinata dalla mentalità dominante.
E’ come se le pietre raccolte in mostra si animassero, divenendo, per mano della curatrice Novella Lapini, suffragata da Fabrizio Paolucci, documenti di un passato collegati tra loro dal racconto della Storia, e insieme testimoni di un unicum grazie alle scritte sulle are esposte, che raccontano storie individuali.
La mostra è basata su circa trenta opere facenti parte della ricca collezione archeologica che dimora nel complesso museale, cui si affiancano importanti prestiti del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, monete d’oro di epoca romana, e della Biblioteca Nazionale Centrale del capoluogo toscano, i cui codici cinquecenteschi dialogano in mostra con i disegni della stessa epoca conservati al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, mostrando le diverse raffigurazioni di alcune delle epigrafi presenti.
La ricostruzione di un lontano passato è attenzionata al ruolo della donna nella società romana al tempo della Roma Imperiale. Imperatrice si diventava per matrimonio. Matrona per nascita in una famiglia facoltosa. Liberta era come è noto una schiava liberata. Ma la mostra aggrega queste tre classi in due sezioni, una negativa ed una positiva, per le azioni compiute e la personalità individuale.
Esempi negativi sono figure contrastanti col modello matronale vigente, spesso accusate di essere adultere o avvelenatrici, una sorta di stereotipo probabilmente inventato per allontanare una imperatrice divenuta scomoda per ragioni politiche, e dilagato poi fra mariti insoddisfatti della compagna. Non sembra invece per nulla stereotipata la scritta che il marito pone contro Giunia Atte, madre di Giunia Procula, morta a quasi 9 anni, sul retro del monumento funebre in onore della piccola. Una scritta a perenne infamia della liberta Atte, avvelenatrice ed ingannatrice, perfida e senza cuore, culminante in una maledizione contro di lei. E questo dopo aver cancellato il suo nome di madre dal piedistallo del monumento, dopo che vi erano stati scritti, secondo l’usanza, i nomi di ambedue i genitori.
Modelli positivi erano ispirati alle donne della casa imperiale, quali Antonia Minore o Vibia Sabina, donne colte e spesso ricche tanto da elargire molto denaro per restaurare edifici di culto, ma dotate anche di virtù tradizionali, pudicizia, lavoro domestico, filatura della lana, cui poteva rapportarsi ogni donna, anche umile, per crescere nella considerazione sociale.
Una terza sezione della mostra riguarda i ruoli pubblici raggiunti dalle donne, che poterono inserirsi in ambiti esclusivamente maschili solo dopo che le appartenenti alla casa del princeps avevano fatto da apripista. Esempi di aumentato potere si possono vedere in monete d’oro raffiguranti personaggi femminili a tutto campo o in medaglioni finemente cesellati. Una graduale ma effettiva rivoluzione di genere nelle città. Quando in questi medaglioni si rappresentava una coppia, però, la donna era posta in secondo piano.
I nuovi DPCM dopo l’apertura della Mostra, progettata fino al 14 febbraio 2021, ne trasformano la modalità di fruizione, impossibile in presenza. Tuttavia gli Uffizi sono già attrezzati, dal precedente lockdown, per la visione on line.