Da Jan Breughel il Vecchio a David Lachapelle. L’arte fiamminga d’eccellenza a confronto con le icone della fotografia di oggi. Natura in posa. Capolavori dal Kunsthistorisches Museum di Vienna in dialogo con la fotografia contemporanea fino al 31 maggio al Museo Santa Caterina di Treviso è una splendida sfida, quasi un azzardo che di fatto si traduce in un sorprendente e armonico passaggio dalle nature morte sviluppate tra la fine del Cinquecento e lungo tutto il XVII secolo fino agli still life fotografici firmati da artisti eccelsi. La rassegna, curata per la sezione antica da Francesca Del Torre, con Gerlinde Gruber e Sabine Pénot responsabili del Museo di Vienna per la pittura italiana, fiamminga e olandese e per la parte fotografica da Denis Curti, direttore artistico della Casa dei Tre Oci di Venezia, inaugura un grande progetto di mostre ed eventi messo a punto dalla città di Treviso insieme a Civita Tre Venezie, a Intesa Sanpaolo e ad importanti partner istituzionali allo scopo di valorizzare in Italia e all’estero, il patrimonio della Marca trevigiana.
“Una grande mostra unica e irripetibile sotto tanti punti di vista” dice Lavinia Colonna Presti, Assessore ai Beni Culturali e Turismo della Città di Treviso “ e, se da un lato offre un’occasione irripetibile di vedere da vicino un numero così importante di capolavori fiamminghi del ‘500-‘600 (sono esposti 50 dipinti, n.d.r.), dall’altro per la prima volta in assoluto racconta la forza narrativa degli oggetti, il cosiddetto genere dello still life, in un excursus storico dal Rinascimento ad oggi attraverso l’accostamento di icone pittoriche assolute, come il Mazzo di fiori in un vaso blu di Jan Breughel il Vecchio, con le icone della fotografia contemporanea, scoprendole unite da un unico forte tema ispiratore, quello della Vanitas”.
Nel percorso ricco e denso di grandezza, sia nel campo pittorico che in quello fotografico, allo stesso tempo tematico e cronologico, s’incontrano le opere di artisti tra i quali Lodovico Pozzoserrato, Jan Breughel il Vecchio, Pieter Claesz, Willem Claesz Heda, Jan Weenix, Gerard Dou, il bergamasco Evaristo Baschenis, i veneti Francesco Bassano ed Elisabetta Marchioni e tutti rappresentano l’evoluzione del genere dello still life che poggia le sue radici nell’antichità. E poi si passa alle Vanitas del contemporaneo con David LaChapelle, i crudi e ironici reportage di Martin Parr, la sensualità che incanta e trasuda dai fiori di Robert Mapplethorpe, i Flowers di Noboyoshi Araki, la serie dedicata alle zuppiere (1983) di Franco Vimercati, il progetto Herbarium di Nino Migliori e la Vanitas (1) del 2011 del belga Hans Op De Beck. E i soggetti? Fiori naturalmente e frutta, trofei di caccia, strumenti musicali, vanitas e tavole imbandite, scene di mercato e vedute di interni. “Se a un primo sguardo si avverte l’origine del genere talora sottovalutato della natura morta nella pittura nederlandese e olandese”, precisa Sabine Haag, Direttrice generale del Kunsthistorisches Museum, “i dipinti della famiglia Bassano rivelano tuttavia, come la mostra ben evidenzia, anche robuste radici iconografiche a Sud delle Alpi, soprattutto nel Veneto”.
“La decisione di esporre questa selezione di dipinti è motivata dalla convinzione che il fascino emanato dalle nature morte sia forte e di immutata attenzione per il pubblico contemporaneo” racconta Francesca Del Torre nelle pagine del catalogo edito da Marsilio che accompagna l’esposizione. E, come spiega Denis Curti “lo still life è un genere fotografico che continua a registrare un crescente interesse e che, con la tecnologia digitale, è addirittura esploso”.