Galleria Continua / Les Moulins ha il piacere di presentare un’esposizione dell’artista Kader Attia. Intitolata Silence kills, presenta alcune delle opere esposte per la prima volta in occasione di un’importante retrospettiva consacrata all’artista al MacVal di Vitry-sur-Seine nel 2018. Artista dalla formazione eterogenea, Kader Attia ha sviluppato un linguaggio che si nutre delle sue origini nord-africane e si lega sua cultura francese e alla condizione cosmopolita di artista contemporaneo.
Partendo dall’indagine sulle vicende del suo paese natale, l’Algeria, l’artista si sofferma sui temi quali l’identità individuale e collettiva, s’interessa ai processi evolutivi delle nazioni e dei suoi abitanti; esamina le differenze culturali generate dai flussi migratori, le relazioni che si instaurano in un mondo multiculturale. Interroga la memoria e i ricordi personali che, dimenticati o vividi, creano cicatrici fisiche o simboliche. Il concetto di riparazione – inteso sia come forma di “riappropriazione” che come forma di “resistenza” –occupa un ruolo centrale nella pratica artistica di Kader Attia. Con Traditional Repair, Immaterial Injury l’artista “ripara” le crepe del pavimento di GALLERIA CONTINUA con delle graffette metalliche che mordono il cemento: la lesione del pavimento è ora sanata ma l’azione ha lasciato una traccia visibile agli sguardi più attenti. “En repartant, il (l’homme) sort du règne animal (…). Il peut réparer la faiblesse. La faiblesse de toutes sortes: esthétique, physique et intellectuelle”.
Grazie alle superfici specchianti dell’istallazione Le grand miroir du monde, la realtà che ci circonda penetra nell’opera d’arte: la moltiplicazione, provocata dalla rottura degli specchi, interroga la percezione oggettiva e riflette un mondo frammentato. I punti di rottura dello specchio diventano cesure e, allo stesso tempo, vuoti da colmare. Kader Attia utilizza i materiali ordinari, gli elementi della costruzione moderna e li trasforma nei supporti delle sue opere d’arte. La placca di cartongesso BA13 dalle dimensioni standard, la più economica e più diffusa per isolare le abitazioni, diventa la superficie su cui incide, a mano, la parola “Humiliation”. Il gesto è accurato e allo stesso tempo ripetitivo e avvilente, consuma poco a poco la parete lasciando cadere a terra la polvere di gesso, traccia di una ferita inflitta alla materia. Kader Attia si distingue per un’estetica forte, talvolta violenta ma sempre guidata da un’etica incorruttibile. Utilizza il campo dell’arte per guardare le differenti realtà urbane, le conseguenze del colonialismo e della globalizzazione. Con l’installazione On n’emprisonne pas les idées, nata da una repressione collettiva contro i rifugiati nel quartiere Stalingrad di Parigi, l’artista rende omaggio l’ostinazione della lotta, sottolinea l’importanza del gesto contro la discriminazione e la limitazione della libertà. Nessuno Stato, nessuna frontiera saprebbe come imprigionare le idee, le barriere sono fisicamente infrante dalle pietre, che rimangono sospese nell’atto di abbatterle.
In uno dei lavori più recenti, l’opera video La tour Robespierre (2018), l’artista si rivolge verso un’architettura dall'estetica geometrica e affascinante, esito di un'epoca utopica dove l’abitazione prometteva un conforto materiale ed estetico democratico, a disposizione di tutti. La ripetizione delle linee strutturali e del cemento scandisce la divisione degli alloggi moderni del grattacielo che svelano l’omogeneità di una macchina sociale ideale ma mal funzionate. infine, la cinepresa volge il suo sguardo alla città lasciando aperti gli interrogativi sulle ripercussioni della dominazione occidentale sulle altre culture negli ultimi secoli. Gli elementi effimeri e inconsistenti, come le parole, i profumi, i suoni e le immagini transitorie lasciano anch’essi segni indelebili negli individui.
Una betoniera, strumento che vediamo in maniera distratta all’opera nei cantieri edili diventa, in questa esposizione, il simbolo dell’immigrazione in particolare di quella francese. Parfum d’exil unisce il moto circolare e ripetitivo della betoniera al mescolamento dei chiodi di garofano, spezia tradizionale utilizzata nella cucina orientale, all’infanzia di Kader Attia, immigrato in occidente, sia per la sua potente fragranza che per le sue proprietà anestetiche, rilasciando nell’atmosfera un aroma inebriante. Tuttavia, questo analgesico non sarà sufficiente al visitatore, testimone della Storia, per guarire i traumi di una società divisa.
Kader Attia nasce nel 1970 in Seine-Saint-Denis da famiglia algerina. Vive e lavora a Berlino e Algeri. L’artista ha esposto nel 2003 nell’ambito della 50° Biennale di Venezia. Nel 2005, partecipa alla 8° Biennale di Lione; nel 2007 presenta la sua prima personale negli Stati Uniti presso l’ICA di Boston. Nel 2009, partecipa alla Triennale di Parigi e alla Biennale dell’Havana. Premiato alla Biennale del Cairo nel 2008, vince nel 2010 l’Abraaj Capital Prize e il Smithsonian Artist Research Fellowship Program. Nello stesso anno prende parte alla Biennale di Sydney, alla Biennale di Busan in Corea e alle mostre al Centre Georges Pompidou di Parigi, all’Arab Museum of Modern Art di Doha in Qatar, alla Haus der Kunst di Monaco in Germania. Nel 2011 espone alla IV° Biennale di Mosca, alla Biennale di Dublino e in altre numerose sedi internazionali tra queste il Mori Museum di Tokyo, il Centre Pompidou di Parigi, la Tate Modern di Londra e la Sharjah Art Foundation di Sharjah. Nel 2012 espone al MoMA di New York, alla Documenta (13) a Kassel, al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris. Nel 2013 è alla Whitechapel di Londra e al Kunst Werke Museum di Berlino. Nel 2014 partecipa alla Biennale di Kochi in India, a Poznan in Polonia e nel 2015 a Lione. Presenta una mostra personale al Beirut Art Center e al Museo cantonale di belle arti di Losanna. Nel 2016 fonda La Colonie a Parigi, un centro di dialogo artistico e culturale. Lo stesso anno, vince il premio Marcel Duchamp, seguito dal premio Miró Foundation a Barcellona e dal Yanghyun Art Prize a Seoul. Le sue mostre personali più recenti includono la grande retrospettiva: Les racines poussent aussi dans le béton al MacVal de Vitry-sur-Seine, Mémoire de l'Oubli alla Fondation Francès de Senlis, The Museum of Emotion, alla Hayward Gallery, Londra ; Réparer l'invisible allo SMAK di Gand nel 2017.