Figlioli, è l’ultima ora. E come avete udito che l’anticristo viene
così ora molti anticristi sono comparsi per cui sappiamo che è l’ultima ora.
Da noi sono usciti ma non provenivano da noi
(1) Giovanni 2,18.19
Davanti al Signore un giorno è come mille anni
(2) Pietro 3,8
Non pensiate che il titolo sia blasfemo o irriguardoso verso Dio o nei confronti di chi crede in quanto chi scrive si è sempre sentito sinceramente affascinato dal messaggio e dalla visione di Fatima, anche per la sua forza e freschezza dirompente, non solo quale convinto credente ma anche dal punto di vista culturale e linguistico. La profezia è anche, tecnicamente, un racconto e il “racconto di Fatima” appare apocalittico e profetico persino nella storia del suo travagliato recepimento e metabolizzazione, dentro e fuori la Chiesa cattolica. In questa sede però si ragiona appunto culturalmente e non teologicamente o fideisticamente quindi si analizzeranno alcuni aspetti della profezia di Fatima nel rapporto con scenari da “noir apocalittico” già in essere da tempo in relazione alla cosiddetta “terza parte” del messaggio mariano che ha ricevuto in pienezza suor Lucia dos Santos.
Si applicherà a questi scenari uno sguardo di rigore logico all’interno della dimensione della profezia al fine di evidenziare alcuni apparenti paradossi dialettici e fino a individuare un nuovo scoop che potrebbe essere definito il “quinto segreto su Fatima”. Prima di tutto tre semplici ma fondamentali premesse: 1) ogni profezia in quanto tale è “condizionata” dato il libero arbitrio che Dio stesso ha previsto per l’uomo quindi ogni verifica storica (in senso di rapporto con il tempo) dei suoi contenuti difficilmente può condursi nei termini di vero/falso, in quanto una profezia, pur autentica, potrebbe essere stata “sospesa” o ritirata da Dio stesso, in parte o integralmente, grazie a un mutato comportamento degli uomini rispetto alla stessa, come la Bibbia ci ricorda a proposito di Ninive e della predicazione di Giona. Il rapporto quindi fra l’annuncio di una profezia e il suo accoglimento positivo da parte dei suoi destinatari, e di solito ogni profezia è universale in quanto si rivolge a tutti gli uomini, è un rapporto di reciproco condizionamento.
La profezia è realtà massimamente performativa in quanto co-genera il proprio scenario e il proprio ambiente, per cui se la maggioranza dei suoi destinatari l’accogliesse evangelicamente, isomorficamente, allora si potrebbe giungere a una modifica dei suoi contenuti, anche di quelli più negativi. Questo aspetto apparentemente così anomalo in realtà si comprende meglio se si considera che la profezia è un avvertimento straordinario a fin di bene che interviene di solito quando le dinamiche di cui tratta sono ancora in corso. Paradossalmente è proprio l’uomo il protagonista attivo della materia profetica pur originando la stessa per definizione da una libera scelta della misericordia di Dio in quanto l’uomo ha la libertà, anch’essa di origine divina, di crederci o non crederci, di adeguarsi o meno nella vita alle indicazioni della profezia; 2) la profezia di Fatima riveste all’interno del vasto “mare” delle profezie un’importanza centrale in quanto si tratta di una profezia che può essere vista quale “madre delle profezie moderne”, in quanto tutte le profezie successive possono ritenersi già comprese nello scenario da essa indicato nel 1917, ma pure può essere considerata il culmine storico e spirituale di tutte le visioni, rivelazioni e profezie mariane da Guadalupe in poi.
La visione di Fatima poi, in se stessa, nella sua struttura e nei suoi contenuti, anche senza considerate la terza parte pubblicata nel 2000, è una visione perfettamente completa perché comprende sia insegnamenti mistici e metafisici che indicazioni storiche precise e riguardanti il destino di tutta la terra. Fatima quindi delinea una chiara “teologia della storia”, cattolicamente tradizionale. 3) Fatima è una cosiddetta “rivelazione privata”, cioè è una visione/messaggio che non muta la dottrina cattolica quale Depositum Fidei, cioè quale Verità da Dio autorivelata, in quanto questa si conclude con l’ultima Sacra Scrittura che è l’Apocalisse di Giovanni; tuttavia questo intrinseco aspetto non deve portare a un fraintendimento sulla portata della “rivelazione privata” quale teofania. Non significa cioè che i destinatari siano pochi o che il messaggio sia di importanza relativa. I contenuti di Fatima riguardano l’attuazione del Vangelo quale Piano di Dio nella storia e le dinamiche essenziali dello scontro fra bene e male, quindi è uno scenario e un contenuto della massima importanza universale.
Detto questo proviamo a evidenziare alcuni aspetti particolari del “caso Fatima” in relazione alla terza parte del messaggio. Le dinamiche proprie dei linguaggi profetici sono complicati nel caso di Fatima da due fattori storici unici: a) Il 15 ottobre 1963 sul Neues Europa di Stoccarda il giornalista L. Eirinch pubblica il “terzo segreto di Fatima”, in seguito chiamato: “versione non ufficiale” o “diplomatica” di Fatima, mai smentito né confermato dal Vaticano b) il curioso comportamento dei vertici della Chiesa cattolica rispetto alla ricezione e diffusione del messaggio di Fatima che da un lato riconoscono formalmente le apparizioni quali intervento di Dio e dall’altra non divulgano una parte importante della stessa rivelazione divina e quando lo fanno, in grande ritardo nel 2000, il testo non corrisponde alla versione giornalistica predetta, per cui ci sono ancora oggi molte voci fra giornalisti, scrittori, tradizionalisti cattolici, semplici fedeli o appassionati, che restano convinte che residui una parte del terzo segreto di Fatima che debba essere ancora rivelata al mondo e non lo sia stata per la “tragicità imbarazzante” dei suoi contenuti.
Prima di scendere nelle considerazioni più analitiche dobbiamo porci la questione ermeneutica importante della cosiddetta “profezia che si auto-avvera”, tema implicitamente presupposto quasi necessariamente da ogni riflessione sulla “logica profetica”. Se ogni profezia è performativa e condizionata nel suo inverarsi nella storia umana allora ogni profezia si “auto avvera”? Ogni profezia cioè per il fatto di essere riconosciuta come tale per tono, linguaggio, forza comunicativa e per il fatto di godere di un inizio di diffusione, superata una certa “soglia critica” quantitativa e qualitativa, diventa “vera” (nel senso di storicamente/socialmente “efficace”) a prescindere dal proprio riconoscimento ecclesiale? Il tema si incrocia con il fenomeno “Medjugorje” (profezia e rivelazione che si impone nella prassi tanto da generare un santuario di rilievo mondiale, anche senza suo riconoscimento come teofania), e rinvia al più ampio tema della distinzione fra le vari concezioni di “verità”: quale fatto di prassi, quale significato, quale asserzione logica, quale concordanza fra pensiero e fatti.
Altro problema connesso deriva dalla circostanza che ogni profezia non è solo predizione ma soprattutto messaggio, visione, pensiero, chiave interpretativa di quel reale che condiziona e da cui è a sua volta condizionata a livello di modello predittivo e di ricezione valoriale. La profezia interviene nel reale e contribuisce a costruirlo ma il senso della profezia dipende a sua volta da una certa ricezione sociale/culturale e quindi subisce interferenze date dalle correnti e dalle tendenze proprie della massa dei credenti e dai contesti storici in corso. Non dimentichiamo l’uso strategico che Reagan fece del messaggio di Fatima in senso anticomunista nel suo celebre discorso di Lisbona e nella sua politica di comunicazione strategica e geopolitica incentrata sul concetto dell’“Impero del male”. Un altro uso politico del messaggio di Fatima, culturalmente interessante sebbene di scarso impatto sociale se non un effetto mediatico effimero fù quello compiuto più volte proprio dal terrorista turco Ali Ağca in varie dichiarazioni processuali o ai giornalisti. Il terrorista che per un soffio non uccise il Papa è sembrato affascinato dal carattere escatologico del messaggio di Fatima come se lo avesse “guidato” nella sua azione all’interno di una logica di interpretazione/uso perverso e strumentale del messaggio stesso e della sua intensa e militante spiritualità.
Già Isaia mette in guardia sull’uso “autoidentificativo” e strumentale delle profezie e dalla tentazione superba di “accelerare” i tempi di Dio e di invertire il senso delle rivelazioni divine. In ogni caso il terrorista turco è sembrato dare a Fatima molta più importanza rispetto a quella che gli riconoscono molti sacerdoti e fedeli cattolici! Qui il rapporto sembra ancora una volta “circolare”: la profezia incoraggia un uso interpretativo ultraneo rispetto allo scenario religioso/mistico e questo effetto sembra favorire un inverarsi storico della stessa profezia. Ma non hanno commesso un errore culturale e morale simile a quello di Ali Ağca quei vertici ecclesiastici che hanno censurato e manipolato il messaggio di Fatima e che lo hanno “normalizzato” riducendolo a una semplice prassi devozionale mariana, una fra le molte? Tutto questo processo di inculturazione e di evoluzione dialettica della ricezione mi ricorda il tema della genesi della consuetudine quale fenomeno giuridico: la convinzione della doverosità di una prassi concorre a definirla e consolidarla come consuetudine ma è convinzione che si riconosce a sua volta per sociale consuetudine.
Un paradosso non da poco; come un serpente che si morde la coda. Se una profezia è vera si potrebbe anche dire al contrario che non potrebbe “auto-avverarsi” in quanto tale fenomeno dialettico e storico/sociale sembra presupporre solo l’agire umano e non l’intervento del divino. Tema collegato appare quindi il tema delle pseudo-profezie. Le previsioni di un Cagliostro o di un Marx non sono vere profezie ma visioni che possiamo definire come azzeccate storicamente (la caduta della monarchia francese e il processo di concentrazione capitalistica mondiale) nella misura in cui chi le ha formulate ha concorso alla loro realizzazione e/o era a conoscenza di dinamiche vincenti già in corso. Si tratta di anticipazioni ermeneutiche che sì possono contribuire al loro avveramento (come conferma da una prassi isomorfica) ma non diversamente da come una nota di declassamento di un'importante agenzia rating contribuisce a variazioni di borsa a ulteriore sfavore del soggetto declassato.
Un bel racconto di “noir apocalittico (L’Avvocata delle vertigini, Piero Meldini, 1994, Adelphi) ci insegna poi un'altra possibilità processuale: l’avveramento per “assorbimento dialettico”. Una predizione si avvera perché qualcuno “ci gioca”, la usa, anche se non ci crede. Il “colpevole” del racconto induce dolosamente l’innocente protagonista a credere a un’antica profezia per incolparlo di un omicidio che lui ha commesso, ma così facendo realizza lui stesso la profezia a cui non credeva e che ha decrittato per primo. Il caso della “terza parte” del messaggio di Fatima introduce incredibilmente un’ulteriore tipologia di “auto-avveramento”: l’inveramento per “occultazione”. Intendo dire che si potrebbe sostenere che la ridotta e parziale accettazione e diffusione pratica della profezia da parte del ceto ecclesiastico e dei suoi vertici, nonostante il suo formale e dogmatico riconoscimento quale teofania, emerge quale parte dello stesso scenario profetico presente in Fatima e concorre a far realizzare, nel peggiore dei modi, i contenuti più tragici della pre-visione stessa!
La profezia che si realizza gradualmente in quanto non viene creduta dai suoi più eccellenti destinatari! Il meccanismo psicosociale può essere riassunto e schematizzato abbastanza semplicemente nel seguente modo: 1) la terza parte della profezia di Fatima parla di un Papa ucciso, di una Chiesa massacrata, di un mondo “mezzo distrutto”; 2) questa parte profetica non viene pubblicata per non “incoraggiare” le forze avversarie della Chiesa a comportamenti analoghi a quelli previsti; il verbo “incoraggiare” l’ho appositamente usato in quanto sembra che sia stato usato da Giovanni Paolo II in un suo discorso a braccio a Fulda, in Germania, nel 1981, rispondendo proprio a un gruppo di fedeli che gli chiedeva il perché della mancata rivelazione dell’integralità della profezia di Fatima (secondo quanto riportò la rivista tedesca Stimme des Glaubins; 3) proprio perché non pubblicata la profezia si avvera in questi contenuti perché le forze avversarie della Chiesa, non smascherate né più condannate grazie a “non uso” della profezia, si potenziano e diventano più aggressive. Comunemente la saggezza popolare ha sempre insegnato che la paura attira i pericoli su cui si concentra l’attenzione, e, analogamente la superstizione “porta male”! L’omissione ecclesiastica su Fatima ha diseducato il popolo cattolico al pensiero profetico perpetuando così l’attualità della profezia “silenziata”. Bel paradosso! La “censura/attenuazione” ecclesiastica sulla portata e sulle specificità del messaggio di Fatima, in parte penso dovuta al facile “uso politico” dei suoi contenuti, è un fatto sociale e non una teoria dietrologica.
Basterebbe intervistare i cattolici praticanti sui contenuti delle prime due parti del messaggio di Fatima per verificare che solo una piccolissima minoranza conosce il messaggio e le sue implicazioni spirituali specifiche: la devozione al Cuore Immacolato di Maria e la pratica dei “primi cinque sabati del mese”. Curioso che il ceto ecclesiastico abbia minimizzato una profezia dalla massima portata mondiale, generale e dai contenuti massimamente escatologici. Non a caso le profezie post-Fatima insistono sul medesimo tono escatologico e possono tutte essere considerate “nella scia” di Fatima. La disattenzione ecclesiastica su Fatima denota, vista profeticamente, una scarsa fiducia nella teofanicità della profezia, e, simmetricamente, un’eccessiva fiducia nell’efficacia di una gestione manipolatoria (“politica”) della stessa profezia. Altro paradosso: una profezia ritenuta troppo “scomoda” in quanto eccessivamente “politica” che viene occultata/usata “politicamente” dalla curia vaticana per scopi che per quanto “ideali” e “buonisti” sono anch’essi configurabili quali obbiettivi politici.
Le dinamiche profetiche sembrano continuare per la loro strada performativa tuttavia qualsiasi ne sia l’uso contingente o ultroneo. Ne è una prova il “giallo” della versione “diplomatica” del terzo segreto di Fatima pubblicata da quel giornale tedesco. Come sia possibile che un testo “super-riservato”, reso tale dalla curia vaticana sebbene la veggente, Suor Lucia dos Santos, abbia detto più volte che doveva essere fatto conoscere a tutti per volontà di Dio nel 1960, sia potuto essere pubblicato su un giornale viene spiegato da “voci di corridoio” inquietanti ma intriganti che sostengono (anche sul web) che il testo non ufficiale derivi da quello, vero, inviato da Papa Giovanni XXIII a Kennedy e Krushov per scongiurare la crisi dei missili di Cuba. Per via diplomatica quindi sarebbe pervenuto al gionalista tedesco.
Ecco un ultimo paradosso: una parte della profezia di Fatima ancora non rivelata, nonostante la volontà contraria del suo emittente, cioè Dio, che salva il mondo negli anni '60 dalla Terza guerra mondiale e che continua a restare criptata, nonostante la pubblicazione nel 2000 di quella che diviene ora un altra parte del medesimo terzo segreto. Uno scrittore cattolicamente ortodosso e dottrinariamente prudente come Antonio Socci ha dedicato un suo libro al “giallo” della parte non pubblicata del terzo segreto (Il Quarto segreto di Fatima, Piemme) addirittura sfidando pubblicamente il segretario di Stato vaticano cardinale Tarcisio Bertone, che tentò di “archiviare il fenomeno Fatima”, e finì sconfessato poco tempo dopo da Papa Benedetto XVI, il quale, straordinariamente, sconfessò anche se stesso e la sua precedente più prudente posizione su Fatima che aveva preso da cardinale, confermando pubblicamente il “carattere aperto” e non ancora del tutto attuato della celebre (ma in realtà poco conosciuta) profezia.
Contenutisticamente questa “versione diplomatica” appare poi omogenea al contenuto delle altre parti, potendosi sintetizzare come una precisazione della portata estrema di una crisi mondiale già annunciata nelle seconda parte del messaggio e fatta di guerre, rivoluzioni, carestie e persecuzioni anticristiane. L’aspetto di totale specificità di questa “versione non ufficiale” e tale da poter far comprendere i motivi più profondi della sua non pubblicazione (nel presupposto astratto, non provato, che sia attendibile) è data dalla predizione di una crisi della Chiesa cattolica così grande e spaventosa da addirittura portare “l’avversario” di e in ogni profezia (proprio lui: Satana) al vertice della Chiesa cattolica stessa!
Riassumendo quindi: il contenuto non confermato di una profezia riconosciuta è tale da dimostrare il motivo della sua non pubblicazione: stigmatizza lo stato morale di chi ha detenuto (e criptato, almeno in parte e fino al 2000) la profezia stessa. L’omissione ecclesiale su Fatima quindi è parte/effetto della crisi morale profetizzata in quanto frutto di un deficit di fede. C’è una “logica profetica” che sembra colmare il salto/vuoto fra parte pubblicata e la parte non pubblicata del messaggio di Fatima. Il “labirinto” di Fatima sembra attorcigliarsi sempre di più in se stesso pur conservando una chiarezza e una semplicità disarmante. Un po’ come il Vangelo: scandalosamente semplice ed enigmatico nel contempo! La profezia profetizza anche il problema del suo recepimento, contiene se stessa in sé, come l’Apocalisse di Giovanni, oltre che a porsi quale interpretazione autentica anche delle sue omissioni e delle altre profezie. Ciò che non viene metabolizzato non passa. Non è la stessa logica di quanto si dice: senza perdono o riconciliazione o memoria condivisa il passato non passa?
Dopotutto la storia recente stessa sembra confermare i contenuti precisi della versione diplomatica del terzo segreto di Fatima: la corsa agli armamenti, i rischi di cataclismi climatici e nucleari, la crisi della fede e della Chiesa. La storia/cronaca che corrono più veloci del recepimento/diffusione di una profezia! Siccome il linguaggio profetico non è un sistema logico formale chiuso ma ogni profezia è strutturalmente aperta l’alternativa fra vero/falso ha senso culturalmente solo a livello di coerenza linguistica e logica interna allo stesso linguaggio profetico. Non solo: certi testi profetici come quello di Fatima presentano alcuni canoni e topos ricorrenti e connotanti tali che possiamo concludere che la versione clandestina del terzo segreto di Fatima sembra più coerente alle prime due parti del messaggio mariano rispetto al testo pubblicato dal Papa nel 2000. Non questo non voglio certo affermare un inversione totale fra la considerazione dei due testi giustapposti ma intendo solo evidenziare che mentre il testo del 2000 presenta allegorie e immagini forti, antiche, dal sapore anche allegoriche, come il monte, le frecce e gli innaffiatoi di cristallo con cui gli angeli irrigano le anime con il sangue degli ultimi martiri, immagine bellissima nella sua illuminante e apocalittica sapienza, il testo pubblicato nel 1963 a Stoccarda si presenta invece pienamente con i tratti tipici del resto del messaggio di Fatima: stile asciutto e ritmo veloce, paratassi, tono austero con un sottotesto di apprensione, di urgenza, e di trepidante concentrazione, chiarezza e semplicità lessicale, preoccupazione di esser capiti bene.
Si percepisce nella psicologia del testo una voce protettiva che sembra avere a disposizione poco tempo e un numero limitato di possibilità per avvertire gli uomini di una serie di pericoli per la loro sopravvivenza sulla terra. Questo approccio di analisi in parte supera la rigidità del tema dell’alternativa profezia vera/profezia falsa per concentrare l’attenzione sui significati e sui moduli narrativi e sul valore comunicativo generale del fenomeno. Oltre a ciò và considerato come il comportamento ecclesiastico anomalo di “resistenza passiva” alla diffusione e alla comprensione del fenomeno “Fatima” sembra eludere e rifiutare un dato strutturale a ogni teofania e profezia: la performatività unilaterale. Se è vero infatti che come abbiamo detto esiste una performatività dialogica e reciproca delle profezie in relazione al loro porsi come “condizionate” alla libertà umana e rispetto alle dinamiche della loro ricezione, tuttavia questo non toglie che esiste pure un loro aspetto complementare di irrevocabilità in quanto teofanie.
Si intende dire che una profezia per definizione si attua sempre. Quello che può variare e che non conosciamo sono i modi e i tempi di attuazione, aspetto non secondario e di grande e rilevanza storica e sociale. Anche una possibile “sospensione” o “revoca” divina di una profezia, come un legislatore che abroga o modifica una sua norma, è una sua forma particolare di attuazione. La profezia infatti in se stessa è potentemente “ambigua” ma la sua ambiguità non riguarda il “se” della realizzazione. O perché creduta o perché non creduta la dinamica profetica si fa strada nei rivoli spesso sghembi della storia per raggiungere il proprio compimento con la stessa autoimposività di un “vaso comunicante”. Alcune gerarchie ecclesiastiche evidentemente hanno storicamente manifestato più paura che fede verso Fatima! Ma il Vangelo ci insegna che fede e paura sono alternativi: o c’è fede o c’è paura (Gv.16,33) tanto che “abbiate coraggio” e “non temete” è la frase che più frequentemente ritorna in bocca a Gesù nei racconti evangelici.
Fatima quindi si conferma non solo una “superprofezia” sui tempi umani e della fede ma quasi un test per la coerenza e la tenuta della fede cattolica stessa. Già san Paolo ha insegnato che le profezie non solo non vanno disprezzate ma rappresentano anche un fatto rivolto specialmente per i credenti. Forse la profezia va vista quale prova che Dio manda per verificare la fede dei suoi credenti? Resta quindi tutt’oggi una grave contraddizione in seno alla recente storia della Chiesa cattolica che appare dolorosa per chi crede e anomala per chi non crede ma è interessato alla materia: un’importante profezia che appare di grande rilievo sotto diversi profili (per i suoi contenuti, le sue novità e specificità e per la sua stessa struttura e contesto di manifestazione) viene segretata in una sua parte per ben ottantatre anni senza che se ne capiscono ancora con chiarezza le ragioni. Oltre a questo in generale la portata e i contenuti precisi di tale messaggio divino vengono gradualmente “silenziati” in questi decenni dalla politiche pastorali come se Fatima fosse un messaggio scomodo, quasi fastidioso, imbarazzante.
Un chiaro esempio di quanto Fatima “faccia paura” agli uomini di Chiesa e quindi un chiaro esempio di quanto si impegnino per “normalizzare” (= attenuare) Fatima lo abbiamo avuto domenica 13 ottobre in piazza San Pietro dove Papa Francesco ha ridotto il messaggio di Fatima a una semplice devozione mariana fra le molte, limitandosi a un generico “affidamento” alla “Vergine di Fatima”, mentre il cuore ineludibile, ma eluso nei fatti, del messaggio di Fatima sta nel concetto e nella prassi della “consacrazione”. Papa Francesco ha quindi continuato nell’opera di omettere l’essenza del messaggio di Fatima che è un essenza sacrificale, profetica, escatologica. Non solo morale quindi, ma, in primo luogo, metafisica. Sembrerebbe di trovarsi di fronte ad abbastanza “carne al fuoco”, non abbastanza studiata e meditata dal punto di vista filosofico e culturale ma spesso ingiustamente lasciata in balìa di opposte apologetiche. Ebbene c’è di più! Il “giallo” di Fatima e i suoi paradossi logici e culturali sembrano continuamente moltiplicarsi e riattualizzarsi.
Mi sembra di averne scoperto recentemente un altro, assai inquietante. Premessa: personalmente ho conosciuto la versione diplomatica del “terzo segreto” leggendola nel piccolo micro-libretto Malachia e la Madonna di Fatima, di Gennaro Francione, 1991, Nuova Editrice Spada. Un libretto di 72 pagine e di pochi centimetri di dimensioni. Mi colpì molto allora la descrizione predittiva di due fatti molto precisi: un disastro nel canale di Suez e una guerra nel sud-est asiatico. L’ennesimo “giallo” fatimino è molto semplice ed è dato dal fatto che nei vari siti web dove si legge il testo non rivelato del “terzo segreto” mancano proprio questi due dettagli, proprio i più precisi e allarmanti geopoliticamente. Una censura via etere? Cui prodest? Una profezia doppiamente censurata? Caso unico penso nella storia. Anche per questa parte rifiutata (o paventata?) capiterà un processo dialettico simile a quello dell’“auto-inveramento”? Qualcuno ha imitato la politica ecclesiastica di occultamento di Fatima? Oppure è la Nuova Editrice Spada o il suo autore che hanno sbagliato o che hanno attinto da una versione alternativa del “terzo segreto di Fatima clandestino”? Fatto nuovo e anomalo ed egualmente inquietante. Concludo con un antico motto che rappresenta il fondamento logico dell’inquietudine profonda che genera l’omissione via web che ho appena descritto: excusatio non petita accusatio manifesta! La censura rende credibili le proprie vittime!