Area35 Art Gallery è felice di presentare la personale dell’ artista Federico Garibaldi . La mostra “Through, speriamo che il tempo non sia in ritardo” comprende l’ultimo gruppo di lavori prodotti dall’artista inerente alla ricerca sulla decostruzione dell’immagine. L’ architettura della mostra si divide in opere fotografiche e installazioni fotografiche, una live map di un viaggio e di un suo diario nella forma di una immagine quadrata. Lo spettatore e le opere, tutti immersi in uno spazio “attraverso” e indefinito portato alla luce da griglie, buchi e sotterfugi.
Nell’epoca in cui si vede troppo, si vede tutto, si vede di più, Federico Garibaldi ha scelto la decostruzione della visione, il filtro estremo, un gioco come un altro per tentare lo sguardo attraverso l’artificio del nascondere. Lo fa citando esperienze che rimandano al divisionismo, al puntillismo, alla retinatura tipografica, ma si diverte a capovolgere la funzione di quelle tecniche: lì i reticoli di puntini operano per addizione, creando con i loro addensamenti una realtà riconoscibile, mentre Garibaldi scompone gli oggetti del suo apparente voyeurismo per non condividerli con nessuno, nemmeno con sé stesso. Non è ciò che sta oltre la rete a interessarlo, è la rete stessa e il momento del through, dell’attraverso, della mediazione frammentaria e casuale che interrompe la continuità del paesaggio (percepito, in questo caso, attraverso i finestrini e le tendine di un autobus). Si indovina appena, al di là di questo effetto zanzariera, che si tratta di paesaggio urbano, o meglio della sua versione più illusoria, quel continuum mobile che sfiora lo sguardo del passeggero senza pretendere null’altro che una vaga simulazione di ipnosi. Stordimento: ma non troppo. C’è un messaggio in tutto questo? Certo che no: Dio ce ne scampi. Garibaldi si fida più dell’ironia che dei messaggi. D’altra parte, checché se ne pensi, l’ironia è molto più rivelatrice dei messaggi. I messaggi sono sempre ingombrati da un surplus di retorica (dunque di inganno): oggi più che mai, grazie al trionfo ipertrofico della chiacchiera post-politica e twitterosa, dell’iperconnessione e dell’informazione extrafake. L’attraverso di Garibaldi, disconnettendo l’occhio dalla sua preda, compie a suo modo un’opera di igiene, immobilizzando la curiosità su una soglia troppo spesso profanata senza che l’atto di varcarla producesse significativi progressi evolutivi nella nostra specie di appartenenza.
Federico Garibaldi Nel 2006 il colosso dell’industria farmaceutica Sanofi-Aventis gli chiede di raccontare il mondo della scienza; ne nascono immagini potenti che da lì a poco verranno esibite al Palazzo Ducale di Genova. Da quel momento in poi mostre ed esposizioni si susseguono in tutto il mondo. Nel 2012 è alla Triennale di Milano all’interno di una prestigiosa collettiva. Nel 2013 arriva la sua prima personale, intitolata “Dokumenta” e un anno dopo è la volta di “Un viaggio: dialogo spazio-tempo”. Nella primavera del 2016 arriva “BlueShores” la sua terza personale presso l’Unicredit Pavilion, curata e prodotta da Area35 Art Gallery. Nello stesso anno a settembre realizza e cura le immagini di “12 shoes – una per ogni ora del giorno” la mostra di Daniela Fedi e Lucia Serlenga al Palazzo Giureconsulti di Milano. Nel Maggio del 2017 “BlueShores – Le spiagge degli altri” entra a far parte di “Geografie dello sguardo. Per una nuova iconografia dell’inclusione”, ciclo di esposizioni fotografiche con patrocinio del Consiglio Regionale della Regione Toscana, ospitata negli spazi della cattedrale di Massa. Infine a novembre presenta una mostra di fotografia astratta al Luo Qi Museum of International and Modern Art di Hangzhou in Cina. Nel 2018 realizza “Reggiani. A thread linking water earth and sky”, un film che racconta la realtà istituzionale della famosa azienda italiana. Il lavoro rappresenta il suo esordio alla regia e nel settembre dello stesso anno viene premiato con il Delfino d’argento al “Cannes Corporate Media and TV Award 2018″.