Sono mamma di due bimbe e una si è appena affacciata all’adolescenza… tanto che se solo lei ora sapesse che l’ho appena chiamata “bimba”, sarebbe capace di mettere il muso per mezzora.
Allora, intanto: “No panic”… non serve a niente.
Prendiamo un bel respiro e ricordiamo che siamo stati adolescenti anche noi e se il ricordarlo ci provoca ancora più ansia perché a quell’età ne abbiamo combinate di tutti i colori, ok, sappiamo anche che quella fase passerà.
Il punto è che bisogna “passare quella fase” nel modo migliore possibile, tenendo a mente che il nostro compito di genitori è ANCHE quello di dare un’educazione e insegnare come ci si comporta, nonostante siamo chiamati a combattere contro un’ondata anomala di ormoni impazziti e a pulsioni anarchiche di lotta contro l’autorità (che in questo caso siamo ancora una volta noi).
Detto questo, cosa è giusto e cosa non è giusto fare?
Bene, senza dare verità psicologiche assolute, che varrebbero, quindi, in ogni situazione e circostanza, partiamo con il fare qualche considerazione dettata dal buon senso.
Senza dubbio è giusto rispettare i loro spazi, concedere maggiore libertà, ma il tutto con consapevolezza e senza troppa remissività. Molti psicologi parlano di “tiro alla fune”: una situazione in cui genitore e figlio si “confrontano” in situazioni quotidiane e in cui il genitore deve trovare il giusto equilibrio tra il non tirare in continuazione la fune dalla sua parte (dicendo quindi sempre “no”), né lasciare la fune troppo morbida (dandogliele tutte vinte).
Noi poveri genitori ci troviamo a volte un po’ spiazzati tra la rigidità, la percezione di dover combattere per le richieste del ragazzo o della ragazza, e il voler mantenere un rapporto che sia amichevole, dove il figlio o la figlia possano trovare nella figura di mamma o papà un consigliere fidato.
Occhio, però, a tutti coloro che ritengano che fare gli amici dei propri figli sia la cosa più bella del mondo… lo è o lo può diventare, ma ancora in questa età bisogna ricordarsi che il nostro compito è quello di educare e indirizzare e anche quello di dire “no” quando da quella negazione si possa impartire un insegnamento.
Ecco questa è l’età delle spiegazioni: dire un secco “no” alle richieste non basta più; non vale più il “no, perché lo dice mamma/papà”… ora bisogna motivare e anche se il figlio non sarà d’accordo – lo sarà raramente, abituiamoci – il “no” rimarrà tale, ma voi avrete chiarito la scelta e lui/lei avrà la possibilità di riflettere sul vostro punto di vista e avere una sorta di “bussola” per le sue scelte future.
Siamo nell’età del volersi sentire grandi, quando mamma e papà sono visti non più come i supereroi tipici della visione di un bambino, ma la “palla al piede” che limita la libertà; quindi, fate capire loro che la libertà è un diritto, ma va conquistata quando si è pronti a farlo e questo accade gradualmente, con l’esperienza.
Quindi un approccio amichevole va anche bene, ma non in qualsiasi occasione: ogni cosa – e richiesta – nuova va discussa, analizzata insieme e poi, sempre in equilibrio in questo tiro alla fune, il genitore deve comprendere se lasciare un po’ andare e acconsentire, oppure no.
Altra cosa importante dove la comunicazione è fondamentale: bisogna spiegare non solo i “no”, ma anche ciò che i nostri figli non hanno ancora sperimentato e che rientra nella normalità dell’età imparare a conoscere. È possibile – altamente probabile direi – che loro siano piuttosto convinti di sapere tutto su certi argomenti, ad esempio, il corretto uso del cellulare e dei social, ma non è detto che sia così. Quindi, meglio chiarire i rischi per ogni azione intrapresa, sempre senza indurre un “panico” non necessario, ma far comprendere bene le conseguenze di alcuni comportamenti.
Quello dell’uso della tecnologia è un argomento sempre più attuale e non solo per gli adolescenti: sono moltissimi ormai i bambini che hanno libero utilizzo di telefonini o tablet, dove anche i semplici giochi hanno una connessione in chat, o dove esistono applicazioni apposite in cui ci si “incontra virtualmente” per interessi comuni (per esempio, coloro che amano scrivere racconti, o disegnare) e si fa amicizia proprio come accadrebbe con un normale social come Facebook. Non significa non rispettare la privacy del proprio figlio, ma concedere una certa dose di libertà senza però perdere di vista la sua sicurezza e tutela.
Ancora una considerazione: occorre ricordare che il piccolo batuffolo rosa che eravamo abituati a vedere girare impacciatamente per casa, ora è un tantino cambiato… quindi, dobbiamo cambiare anche noi nel modo di porci e ragionarci e comprendere che la loro identità sta prendendo forma in modo naturale e con qualche inevitabile scossone. Non dobbiamo essere gelosi e possessivi se nostro figlio preferisce stare con gli amici… credo non ci sia nulla di più comune.
È giusto inoltre non svalutare le loro passioni, anche se ci sembrano bizzarre; ma mostrare curiosità verso ciò che a loro piace, senza critiche o prese in giro controproducenti o “scherzosamente” umilianti.
Prestiamo attenzione alle nostre aspettative: se loro falliscono aiutiamoli a rialzarsi, facciamo capire che serve impegno e perseveranza per ogni cosa che conta davvero e che crediamo in loro.
È chiaro che ogni caso è a parte; ma insomma, riportiamo alla mente quando gli adolescenti eravamo noi e proiettiamoci un pochino nel loro punto di vista senza pensare che adesso riceveremo meno amore… forse ogni tanto potrà sembrarlo, si ridurranno gli abbracci e i baci – specie di fronte ai compagni di scuola e gli amici – ma quell’amore è sempre lì, trasformato, colorato diversamente e con un’enorme quantità di sfaccettature; ma rimarremo sempre e comunque un punto di riferimento e un esempio da seguire per i nostri figli (che non lo ammetteranno quasi mai)… quindi, anche il nostro comportamento deve essere coerente con ciò che vorremmo da loro.
Bene, queste alcune delle dritte che ogni genitore dovrebbe tenere a mente quando l’atteggiamento di sfida e l’aria indisponente del figlio fa venire voglia di saltare a pie’ pari tutti gli anni dell’adolescenza e arrivare a quando lui/lei hanno superato i 20... magari anche i 30…
Quindi visto che il “salto” non si può fare, prendiamoci il bello di quest’età di crescita e scoperta perché cresceremo e impareremo anche noi con loro, quindi, tanto vale farlo sorridendo!