La devastazione causata dalla guerra è protagonista indiscussa degli scatti che Alessio Romenzi realizza tra il dicembre 2017 e l’aprile 2018, a Mosul, Raqqa e Sirte. L’autore ritorna nelle città, dopo la fine del conflitto, per documentarne il disfacimento, che egli stesso definisce ‘uno scenario di distruzione apocalittica’.
Nel racconto di ciò che rimane, Romenzi metabolizza la capacità di sintesi dell’immagine, derivante dalla sua passata esperienza di fotoreporter, per affrontare una riflessione più profonda e meditata, offerta dall’osservazione a distanza. Infatti, la serie supera intenzionalmente lo svolgimento delle azioni belliche, per interrogarsi sulle sue conseguenze.
Il cortile della scuola nel quartiere di Ghiza e la sala interna del centro conferenze Ougadougou III a Sirte, gli esterni del Palazzo delle assicurazioni governative e la Moschea a Mosul, centri propulsori di attività pedagogiche, culturali, religiose, e politiche sono segnati dalla guerra. Il ponte Al Shohada di Mosul, sospeso in un’atmosfera crepuscolare, crolla sotto il peso delle bombe.
Tra scheletri di palazzi e cumuli di macerie, si intravede il ricordo di quanto è accaduto: la saracinesca alzata di un negozio, un semaforo ancora in funzione, la vita delle persone al confine con la guerra. Sono queste le ‘insopprimibili esistenze’ di cui Giovanna Calvenzi scrive nell’introduzione al catalogo ‘Life, Still’, come ‘reazione alla morte e una speranza di futuro possibile’.