In occasione di Miart, la Galleria Lia Rumma di Milano è lieta di presentare la mostra collettiva “Grado Zero”, che inaugura venerdì 5 aprile, dalle 11 h alle 20:00 h.
Il titolo della mostra fa riferimento al saggio di Roland Barthes “Il Grado zero della scrittura”, pubblicato nel 1953, in cui l’intellettuale francese delinea un nuovo concetto di Forma, autonoma e risolta in se stessa, che si svincola tanto dal linguaggio quanto dallo stile, per arrivare ed esprimersi esclusivamente e compiutamente. “Una terza dimensione della Forma” dunque, che rifiuta qualsiasi dipendenza da retaggi figurativi per imporsi come nuova realtà, come nuova dimensione azzerata.
Da quest’assunzione, traslata all’arte, bisogna partire per osservare la fisionomia delle opere in mostra:
nelle due opere a piano terra della serie Zycles, Thomas Ruff rifiuta tout court un approccio referenziale per sondare le possibilità di astrazione insite nel mezzo fotografico, azzerandosi persino come Autore per delegare la creazione a un software di realizzazione di modelli 3D. Lo stesso processo di negazione si presenta al visitatore nell’opera dell’artista argentino David Lamelas: un gigantesco Falling Wall distorce gli spazi della galleria; un muro che, privato della sua funzione portante ed espositiva, mette in discussione l’opera d’arte come oggetto che fa mostra di sé. Nella Torcia di Gilberto Zorio, invece, compare una forma archetipica, in cui le tensioni e i contrasti centripeti della materia, carica di energia, si sintetizzano in una deflagrazione della forma che converge nel colore.
Al primo piano, le opere di Castellani e Dadamaino definiscono con le loro geometrie un alfabeto delle forme, mentre le tonalità azzurre e oro del dittico e delle Colonne Perse di Ettore Spalletti descrivono immagini ed invitano ad una diversa percezione, pur evitando la figura, con un linguaggio che abolisce i confini tra pittura e scultura. Simile approccio per il Milkstone di Wolfgang Laib, una lastra di marmo concava ricoperta di latte, in cui l’illusione creata dalla forma e dalla consistenza della materia destabilizza e ridefinisce i parametri conoscitivi del visitatore.
La scultura Still hoping for the second sun di Luca Monterastelli sembra mettere in atto una catarsi materica che azzera il fare scultoreo di derivazione classica. L’agglomerarsi della massa, il convergere dei gesti porta ad un’inevitabile dispersione, ad un’affermazione d’impossibilità che pure si pone come primigenio stadio di una rinascita.
Al secondo piano la Klein Bottle di Gary Hill mostra un’unica superficie continua, risultato di una forma matematica in cui il confine tra interno ed esterno diviene labile, ambiguo, in una sorta di negazione della forma intesa come convenzione. La terza dimensione della Forma è anche quella indicata da Joseph Kosuth, il primo ad introdurre un processo di dematerializzazione dell’arte inteso a raggiungere ciò che Barthes, nel suo saggio, definisce assenza: l’opera d’arte intesa al di là della sua presenza fisica, in un superamento definitivo delle forme tradizionali del linguaggio figurativo.
Nell’Estetica della Resistenza di Alfredo Jaar, dieci fotografie montate su lightbox ritraggono la celebre Casa del Fascio progettata a Como da Giuseppe Terragni negli anni 30. Concentrandosi sui dettagli di un’architettura apparentemente neutra e silente, Jaar ne palesa il valore ideologico. Attraverso griglie geometriche e particolari degli spazi, si rivela il condizionamento da parte di un regime politico che per un ventennio ha portato avanti un cosciente processo di annientamento.
Un annientamento a cui vengono sottoposti anche i lavoratori delle miniere d’oro della Serra Pelada in Brasile, protagonisti al margine della foto su lightbox tratta dalla serie Gold in the morning. Infine, nell’opera Particolare di Giovanni Anselmo, l’artista si concentra su una categoria di pensiero astratta come quella di “particolare”, dandole effimera concretezza attraverso la proiezione in loop della parola stessa, per condurre un’indagine intorno ai concetti di finito e infinito, coinvolgendo la nostra dimensione cognitiva e portando il visitatore ad interrogarsi sui propri convenzionali assetti semantici.