Amos’ World: Episode Three, film concepito come una serie televisiva fittizia, sarà presentato al Madre nella mostra di Cécile B. Evans (Cleveland, 1983), a cura di Cloé Perrone, in un allestimento che comprende una serie di sedute scultoree.
Nella sua ricerca, Evans osserva l’influenza crescente operata dalle nuove tecnologie digitali sui nostri modi di agire, sentire e pensare, esaminando il ruolo della sfera emotiva personale rispetto ai meccanismi razionali o alle politiche pubbliche imposte nelle società contemporanee e cercando di definire cosa ancora significhino, oggi, concetti quali “casa” e “comunità” alla luce delle comunicazioni e delle sensibilità digitali che ridefiniscono la nostra esperienza, fra dimensione individuale e sfera collettiva.
Il terzo episodio della trilogia Amos’ World, girato in parte anche a Napoli, alle Vele di Scampia, è presentato al Madre grazie al sostegno di Nicoletta Fiorucci, fondatrice di Fiorucci Art Trust. Nell’ambito degli studi condotti dall’artista per la realizzazione del progetto Amos’ World, il Madre ha presentato nell’estate 2018 un workshop riservato a un gruppo di bambini tra i quattro e i dodici anni, residenti nelle Vele. Il laboratorio – che ha costituito la premessa metodologica di questa mostra – è stato prodotto dalla Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee nell’ambito del progetto Madre per il Sociale. Il laboratorio non si è focalizzato sulle architetture o sul destino delle unità abitative, ma sulla loro matrice di allegorie di possibili modalità di convivenza e sulle diverse possibilità di una costante ricostruzione, non tanto architettonica ma, prima di tutto, emozionale e comunitaria.
La trilogia Amos’ World è ambientata in un complesso residenziale socialmente avanzato, nella cui struttura è percepibile l’influenza dei progetti brutalisti, derivati dall’idea dell’architetto francese Le Corbusier di costruire “una città in un edificio”: la perfetta soluzione abitativa per gli individui moderni e la società dell’era capitalista. I progetti di questi edifici (molti dei quali possono essere ritrovati tra le location dei tre episodi) sono quasi sempre risultati fallimentari nella loro ambizione di allinearsi con le specifiche realtà, necessità e desideri delle singole persone che li abitavano, e forse anche della società nel suo insieme.
In Amos’ World incontriamo Amos, l’architetto che ha creato il complesso residenziale, e gli inquilini che lo abitano. Amos rappresenta lo stereotipo dell’uomo bianco occidentale, un “genio tormentato”, che trasuda un’arroganza che contraddice la sua vera natura tortuosa, velleitaria e un po’ patetica, e che confonde le sue ambizioni intellettuali con il loro reale impatto sociale. Quando alcuni drammatici avvenimenti scuotono l’edificio, gli inquilini, sempre più alienati dalle promesse della struttura (e del suo artefice), scelgono di assumersi il difficile compito di rinegoziare la propria mutevole realtà, al contempo personale e collettiva. Trame e sottotrame culminano in un evento catastrofico, che i personaggi indicheranno come “La Svolta”.
Amos’ World: Episode Three è ambientato immediatamente dopo “La Svolta”. Rovesciando il format che aveva caratterizzato i precedenti episodi, il mondo dei personaggi viene rappresentato come un set in frantumi, in cui le riprese avvengono davanti a un (invisibile) pubblico dal vivo. Amos ora affronta una nuova emozione, l’umiliazione. Il suo mondo viene demolito, anche se non completamente distrutto, il che crea un’inedita condizione di disponibilità verso nuove opportunità.
Nel loro insieme, tutte le opere componenti la trilogia Amos’ World (in cui i singoli video sono inseriti in o accostati a componenti allestitive di matrice architettonica, ispirate dalle immagini dei video) diventano un’allegoria delle relazioni umane all’epoca della comunicazione digitale e dei network contemporanei, in cui le dinamiche del potere individuale sono ridefinite e decostruite attraverso la pervasiva influenza esercitata dalle infrastrutture tecnologiche che le governano. La presentazione del terzo episodio permette di focalizzarsi su due dei temi più trasversali e sottili della trilogia: la rinuncia al potere e la sua condivisione, anche in assenza del consenso e in presenza di realtà molteplici e fluide. Come osserverà il personaggio della Viaggiatrice nel tempo, quando l’architetto avrà ceduto quel che gli rimaneva del suo potere: “Si espande, diviene irriconoscibile. La confusione è totale. È splendido. Anche quando tutto volge al peggio, c’è la possibilità che le cose migliorino. Ognuno di noi lo merita”.
Al Madre l’installazione si presenta come uno spazio aperto, costituito da una proiezione video e dieci cubi scultorei, intitolati Erratics, su cui sedersi per assistere, una persona alla volta e insieme, alla proiezione, che suggeriscono la compresenza in sala di una visione simultaneamente individuale e collettiva. Erratics costituisce un’ulteriore articolazione di frammenti in costante movimento, in cui dell’inchiostro – che evoca i batteri della Madre presenti nel secondo episodio della trilogia – si intreccia e scorre attraverso sezioni in resina trasparente, inglobate in un corpo in cemento apparentemente affinato dal tempo, dallo spostamento e dall’uso.
Amos’ World è co-prodotto da: Emanuel Layr Galerie, Vienna/Roma; mumok-Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig, Vienna; Museum Abteiberg, Mönchengladbach; Tramway, Glasgow, presso cui la trilogia è stata presentata in anteprima. Il progetto è stato inoltre sostenuto da Art Night, London; de Young Museum, San Francisco; FRAC Lorraine, Metz; Villa Merkel, Esslingen; oltre che dal museo Madre e da Nicoletta Fiorucci, Fondatrice di Fiorucci Art Trust. Un volume monografico retrospettivo dedicato all’artista sarà pubblicato dalle quattro istituzioni nel corso del 2019 e presentato al Madre nell’ambito della piattaforma educativa MADREscenza Seasonal School.