Artista che si muove fra pittura, scultura, installazione e video, Carotti con questa nuova personale aggiunge un ulteriore tassello alla propria ricerca sulle dinamiche sociali, indagate nelle loro derive più estreme attraverso lo studio del potere archetipico del simbolo all’interno delle comunità. In particolare, le opere di Stessa spiaggia, stesso mare fanno parte del lavoro legato allo studio del Mediterraneo e dei più recenti flussi migratori che lo stanno interessando.
Riprendendo alcuni motivi dei miti classici, riattualizzati secondo la propria poetica, Carotti ci spinge a riflettere sulle reazioni scomposte che questi fenomeni provocano nell’opinione pubblica e sul nuovo significato minaccioso del mare nell’immaginario della società italiana ed europea. Durante il periodo classico le leggende che circondavano il bacino del Mediterraneo vedevano protagonisti terribili mostri e incredibili creature marine che lo governavano e proteggevano: un viaggio in mare a bordo di una trireme era certamente una faccenda pericolosa e figure come Scilla o Cariddi servivano per tenere lontani i naviganti dalle zone più difficili. Oggi, parole come "invasione” e “conquista” hanno preso il posto “naufragio” e “mulinello” come nuovo vocabolario della paura legata al mare.
E così, un pedalò, icona nazional-popolare delle agognate ferie, delle vacanze più spensierate, diventa, fra le mani di Carotti che lo arma e lo militarizza, lo strumento goffo e ridicolo di chi si lascia coinvolgere dalla paura, pretestuosa e forcaiola, dei migranti. Di chi esulta di fronte all’agghiacciante frase “bisognerebbe affondarli in mare”.