Dentro la cronaca, i fatti nel mondo, le guerre e le loro distruzioni, la vita delle persone e l'ambiente in cui vivono. E' quanto racconta attraverso una suggestiva e spesso drammatica sequenza di immagini, il più grande concorso di fotogiornalismo al mondo, il World Press Photo. Non solo un’emozionante galleria visiva, ma soprattutto un documento storico che permette di rivivere gli eventi cruciali del nostro tempo. Nato ad Amsterdam nel 1955 per tutelare la libertà di informazione, d'inchiesta e d'espressione e per promuovere il foto-giornalismo di qualità, il World Press Photo 2018, è ora in mostra a Venezia, al Magazzino alle Zattere, nella rassegna “Fotografia e Giornalismo: Le immagini premiate nel 2018”. Una giuria, presieduta da Magdalena Herrera (Geo France), ha esaminato 73.044 fotografie di 4.548 fotografi provenienti da 125 paesi, di cui ora è possibile ammirare una cospicua selezione, articolata in otto sezioni: dal reportage alle storie d'attualità, dalla natura all'ambiente.
Così di Daniel Beltrà, che apre la rassegna veneziana, sono gli inquietanti paesaggi della deforestazione dell'Amazzonia brasiliana, uno dei maggiori pozzi di assorbimento del carbonio della terra, che agisce come importante regolatore del clima e sugli effetti del riscaldamento globale. Sembrano far eco un folto e bellissimo gruppo di ibis rossi che sorvolano le pianure alluvionate dello Stato dell'Amapà. Ma notevole è anche l'immagine di Neil Aldridge che ha immortalato un giovane esemplare di rinoceronte bianco, sedato e bendato in procinto di essere rilasciato nell'ambiente naturale del Delta dell'Okavango. Classificati come specie “minacciata” in via di estinzione i rinoceronti catturati dai bracconieri in Sudafrica sono passati da 13 esemplari del 2007 alla cifra record di 1215 esemplari del 2014. E di Thomas Peschak è la straordinaria ed ironica sequenza di pinguini saltarocce che percorrono la costa frastagliata dell'Isola di Marion, nel territorio antartico sudafricano. Cuccioli di elefante orfani e abbandonati, in una rappresentazione di grande tenerezza a firma di Ami Vitale, mentre vengono riabilitati per essere reintrodotti nel loro habitat naturale.
3,5 milioni di tonnellate di rifiuti solidi al giorno genera il mondo. Lo mostra Kadir van Lohuizen (1° premio reportage, sezione Ambiente), con eloquenti immagini da Brooklyn, San Paolo del Brasile, Amsterdam e Tokyo. Ma centrale e folgorante in mostra è la foto vincitrice del World Press Photo 2018: “Crisi venezuelana” di Ronaldo Schemidt (Caracas 1971) - Agence France-Presse - che immortala Josè Victor Salazar Balza, un ragazzo di 28 anni che indossa una maglietta che sta andando a fuoco, durante una manifestazione di protesta contro il presidente venezuelano Nicolas Maduro, avvenuta a Caracas nel maggio 2017. Una foto drammatica e di grande impatto visivo ed emozionale che mostra il giovane mentre corre tutto avvolto dalle fiamme. Il ragazzo è sopravvissuto, ma ha subito ustioni sul 70 per cento del corpo e 42 operazioni di innesto dermico. E se di Adam Ferguson sono i ritratti di ragazze rapite dai miliziani di Boko Haram in Nigeria, di Magnus Wennmann sono Djaneta e Ibadeta, due sorelle allettate in quanto affette da “sindrome da rassegnazione” che le rende passive, immobili, incapaci di mangiare e di bere e insensibili agli stimoli fisici.
Storie di triste quotidianità ma dove l'occhio del fotografo entra e scava con delicatezza e incisività drammi e sofferenze di uomini e donne. E ben rappresentata è la pattuglia dei 5 fotografi italiani: Alessio Mamo con “Manal” (11 anni) vittima dell'esplosione di un missile a Kirkuk in Iraq; Luca Locatelli, Fausto Podavini con “Omo Change”, Giulio di Sturco e Francesco Pistilli di cui è il reportage sui profughi lungo la rotta balcanica. Come storie dal mondo e di drammi senza fine.