Inaugura il 28 marzo 2018 presso Osart Gallery, Milano, la collettiva Photosequences che presenta dieci opere storiche fotografiche realizzate tra il 1969 e il 1979 dagli artisti Vito Acconci, Vincenzo Agnetti, Peter Hutchinson, Duane Michals, Dennis Oppenheim, Gina Pane, Mario Schifano, Aldo Tagliaferro.
La mostra si propone di analizzare il mezzo fotografico in funzione del concetto di sequenza. La sequenza, infatti, oltre ad “animare” l'immagine conferisce all'opera un ritmo narrativo trasformandola, così, in un vero e proprio racconto. Ebbene, gli artisti qui rappresentati, nonostante appartengano a movimenti artistici diversi tra loro, hanno in comune il fatto di aver utilizzato il concetto di foto sequenza per raccontare se stessi, i propri cari, le proprie idee, senza escludere lo spettatore assegnandogli una funzione attiva e non più solo contemplativa.
Peter Hutchinson viene considerato l'artista più rappresentativo della cosiddetta Narrative Art soprattutto per il suo modo innovativo con cui distanziava il rapporto tra fotografia e scrittura. L'opera The Visit (1972), per l'appunto, costruisce il percorso che il nostro cervello può compiere sia quando osserviamo un'immagine sia quando, invece, ci affidiamo al solo percorso guidato dal significato delle parole.
Nelle sequenze fotografiche di Vito Acconci (Margins, 1969), Gina Pane (Je, 1972) e Dennis Oppenheim (2 image transfer drawing, 1975) è evidente il riferimento alla Body Art. Il corpo umano, rappresentato anche nella sua sfera emotiva, diventa la modalità attraverso cui gli artisti studiavano se stessi e gli esseri umani. Infatti, in queste tre opere l'artista è anche protagonista ricoprendo il ruolo di intruso in Je, sottolineando la sua presenza - e al contempo assenza - in Margins, ritraendo la versione passata e futura di se stesso in 2 image transfer drawing.
Guardando al panorama italiano, le opere di Vincenzo Agnetti (Autotelefonata, 1974), Mario Schifano (Polaroids, 1974) e Aldo Tagliaferro (Io ritratto, 1979) affrontano in modo innovativo e dialettico l'inesorabile avanzata dei mass media e la conseguente riflessione psicologica su di sé. Fu proprio nel 1974 che questi tre grandi artisti parteciparono a Fotomedia, presso il Museum am Ostwall di Dortmund, curata da Daniela Palazzoli, grazie alla quale la fotografia concettuale italiana ottenne uno dei primi riconoscimenti nel panorama artistico mondiale.
Il ritratto di Bill Brandt (1973), invece, è un vero e proprio omaggio alla fotografia impersonata da uno dei suoi maggiori protagonisti. La sequenza, costituita da nove immagini disposte circolarmente, rivela la superlativa creatività fotografica che Duane Michals pratica da più di cinquant'anni di lavoro. Per comprenderlo a fondo basta citare due frasi che raccontano la sua idea di fotografia: “ La parola chiave è espressione, né fotografia, né pittura, né scrittura” (...) e “Quando voi guardate le mie fotografie state guardando i miei pensieri.”
Alla base di tutte le opere partecipanti a Photosequences c'è il volere dell'artista di raccontare attraverso il mezzo fotografico un pensiero, un avvenimento, un sentimento. Ciò alimenta la nostra curiosità e ci invita ad abbandonarci ad un flusso di idee, immagini ed emozioni tutte da scoprire “... cosicché IO partecipi a L'ALTRO” (cit. Gina Pane).