Le opere di Giuseppe La Spada sono ben lontane dalla mera riproduzione dell'identico, del "riconoscibile", incarnano lo spirito di una coscienza imbevuta di questa fraterna condivisione, una realtà all'interno della quale lo spazio liquido è concepito simultaneamente come testimone e attore. La scelta stessa di utilizzare delle plastiche come materiale di denuncia sembra indurre nell'osservatore una riflessione sul significato dell'esistenza comprensivo anche e soprattutto delle sue innumerevoli mutazioni e ricomposizioni.
L'impatto visivo delle opere di Giuseppe La Spada ,ammicca alle definizioni canoniche di Bello e di trascendenza del reale ,superando quell'ottica miope che le vorrebbe dei semplici strumenti per l'ampliamento del nostro spazio mentale nel rapportarci alla natura e alla ricerca di un senso. Seguendo le orme della fotografa inglese Mandy Barker denuncia il degrado . I rifiuti plastici gettati nei mari possono intrappolare, soffocare e affamare gli organismi marini che li ingeriscono. Le particelle plastiche, che possono restare intatte fino a 500 anni, assorbono sostanze chimiche tossiche che possono entrare nella catena alimentare marina, e di conseguenza anche nella nostra.
Umiltà di restare sensibili, vulnerabili, all'incontro con l'espressione artistica colta nella sua essenza più vera, incontro durante il quale ognuno di noi, grazie a questo contatto grandioso e multisfaccettato, può recuperare nel modo più naturale possibile il proprio spazio di interazione tra reale e simbolico. Ecco l'opera d'arte tra etica ed estetica /bisogno e desiderio.
Kalòs Kài agathòs dicevano i greci .Bello e (quindi ?) buono.
Le plastiche di Giuseppe La Spada sono dei-bugiardi estetici- (Iris Gavazzi).
Solo un'estetica di nuovi orientamenti (materialistico-dialettica) vincola l'arte alla verità che essa descrive criticamente .Per questo è caduca . La soluzione della contraddizione fra il bisogno dell'arte di legarsi alla verità del mondo e il suo desiderio di sopravvivere al suo mondo esterno sta nell'ambiguità del "nuovo" artistico: Questa tensione si enfatizza nel gioco dialettico Zauber - Entzauberung ("incanto" - "disincanto"). E a disincantarci arrivano i dati : Un recente studio pubblicato sulla rivista Science stima che negli oceani di tutto il mondo galleggino complessivamente tra 5 e 13 milioni di tonnellate di plastica. Secondo gli esperti, con la popolazione mondiale ancora in forte crescita, entro il 2025 la quantità di plastica potrebbe decuplicarsi, rischiando di trasformare gli oceani in una immensa discarica. Allo stesso tempo, "in Europa produciamo circa 28 milioni di tonnellate di scarti vegetali, circa il dieci per cento di quelli globali", ci dice Athanassia Athanassiou, responsabile dello Smart Materials Group nel Dipartimento di Nanofisica dell'IIT. Non è più sufficiente dunque, usare sacchetti riciclabili. C'è bisogno di nuovi materiali e innovative tecniche di produzione. Da qui l'idea di riutilizzare gli scarti vegetali per fare "plastica a chilometro zero e di origine controllata".
La plastica salverà il pianeta. No, non siamo impazziti. Il progetto economART della galleria AMY D Arte Spazio " Mare nero" con scatti di Giuseppe La Spada e le bio-plastiche del Dipartimento Smart Materials dell'I.I.T di GE sono l'esempio di come l'Arte contemporanea, la ricerca scientifica , l'economia si confrontano con risposte articolate con un affiato sinergico e congiunto su tematiche ambientali urgenti .