Le opere di Enrique Moya Gonzalez accolgono l’osservatore in uno spazio fatto di silenzi, tempi cadenzati, dimensioni rarefatte ed ovattate.
L’opera di questo artista si propone come una suggestiva e colta accoglienza nei confronti di chi si accinge a percorrere la strada di questo’’grande silenzio’’.
Una tacita e taciuta dimensione nella quale, come funamboli su una corda, aleggiano disegni a matita di corpi quasi in trasparenza, farfalle bloccate per sempre in una non determinabile dimensione temporale e i libri, forse anche essi inseriti in un incerta falsa immortale sopravvivenza alla storia.
Nel libro sta, talvolta, una verità celata; nelle pagine bruciate rimangono anche fogli bianchi, risparmiati al sacrificio. In fondo, solo attraverso quegli scritti che giungono alle anime e alla loro libera interpretazione da lettori , si svela tra le righe, una verità celata, la propria verità e non quella universale. Nel non tutto bruciato e in una farfalla che si appoggia ,c'è la speranza di un rinnovato pensiero;un pensiero che non può esimersi dal non distruggere totalmente quella eventuale ''esposta'' verità ,senza la quale ,non si scoverebbe una eventuale ''vera e propria'' verità celata.
Mi piace riportare una frase tratta dal libro Lettere ad un bambino mai nato di Oriana Fallaci :'' Appena affermi qualcosa, ne vedi il contrario. E magari ti accorgi che il contrario è valido quanto ciò che affermavi''. Il corpo, in tutte le sue parti,quasi come un contenitore interagisce con il libro: le mani per sostenerlo, gli occhi e la bocca per leggerlo, le orecchie per ascoltare il ritorno di ciò che si legge; tuttavia solo una parte è legata al libro da un filo invisibile: la mente.
La mente,infatti, assorbe quella verità scritta e poi la rielabora. La metabolizza e, successivamente, entra nel grande silenzio della riflessione. La scatola corporea si rilassa, appoggia la testa e il peso di quella verità scivola via; il pensiero gira e svuota la mente per arrivare alla verità celata.
Da qui la leggerezza dei corpi disegnati da Enrique Moya; la scatola del corpo non c'é più; è rimasta solo l'anima e il corpo diviene una trasparenza in lontananza, attraversata da parole e pensieri in piena e continua rielaborazione.
In alcune opere poi l'immagine della verità è avvolta in una ovale cornice dorata sulla quale si poggia una impalpabile farfalla.
Curatore: Maria Laura Perilli