Ogni anno in Italia si registrano oltre 365mila nuove diagnosi di tumore, ciò significa mille casi al giorno. Tra questi, secondo gli ultimi dati dell’Airtum - Associazione Italiana Registri Tumori, relativi al 2016, circa il 52% riguarda gli uomini mentre il restante 48% le donne. Tuttavia, sebbene questa patologia nell’immaginario collettivo rimandi a uno scenario fortemente catastrofico e sia quasi sempre considerata un killer spietato, in moltissimi casi rappresenta invece una malattia da cui si può guarire o con la quale è possibile convivere.
Negli ultimi anni, infatti, anche grazie alla maggiore adesione alle campagne di screening per individuare la malattia a uno stadio iniziale e alla maggiore efficacia delle terapie, sono complessivamente migliorate le percentuali di guarigione: il 63% delle donne e il 57% degli uomini è vivo a distanza di cinque anni da quando il tumore viene diagnosticato. La tempestività della diagnosi e l’aderenza al trattamento medico sono ovviamente determinanti nell’aumento delle probabilità di una risoluzione positiva della malattia oncologica, tuttavia riveste un ruolo primario anche un altro aspetto: il supporto psicologico, o meglio, psiconcologico, finalizzato a migliorare la sopravvivenza dei pazienti non solo in termini quantitativi, ma anche di qualità della vita. La malattia oncologica, seppure provochi inevitabilmente un notevole disagio psichico, uno stato di spaesamento e di vero e proprio terremoto interiore, può essere affrontata e superata attraverso la capacità resiliente dell’individuo e della comunità a cui appartiene.
Se n’è parlato nel corso di un convegno che si è svolto a San Benedetto del Tronto (AP) lo scorso 22 settembre, in occasione della II Giornata Nazionale della Psiconcologia, quest’anno dedicata alla tematica I bisogni psico-sociali dei pazienti e dei loro caregivers. Il simposio, organizzato dalla Sipo - Società Italiana di Psiconcologia è stato l’occasione per sottolineare l’importanza dei fattori psicologici, culturali e sociali che influenzano il decorso di un disturbo medico e che contribuiscono in modo rilevante a determinarne l’evoluzione.
La notizia della malattia tumorale rappresenta uno degli eventi più stressanti che alcune persone si trovano a dover affrontare, una fase estremamente delicata e difficile sia per il paziente sia per i suoi familiari e dalla quale scaturisce un cambiamento psichico, oltre che fisico. Oltre a cambiare il modo di percepire e sentire il proprio corpo, cambia infatti anche la percezione che si ha del mondo esterno, dunque delle relazioni sociali e interpersonali. Basti pensare che alla parola “cancro” la prima reazione è di un vero e proprio shock, pertanto il modo di gestire la crisi emotiva generata dalla diagnosi medica e l’atteggiamento di fronte all’evento traumatico vanno a influenzare inevitabilmente il tipo di adattamento alla malattia.
Ogni paziente la vive in modo del tutto personale e, una volta superata la fase iniziale di disorientamento, con il supporto psiconcologico è possibile avviare un’elaborazione tale della malattia da arrivare a una piena consapevolezza e accettazione. I sintomi psicopatologici maggiormente presenti sono il senso di paura e stress, ansia, depressione, alterazione della propria immagine, aggressività, rabbia, ostilità, senso di colpa, di ingiustizia e spesso il meccanismo di difesa si traduce in negazione della malattia stessa. La negazione può di conseguenza compromettere l’aderenza del paziente alle prescrizioni mediche, ai farmaci, agli esami di laboratorio, ai controlli clinici e tutto ciò che ha rilevanza clinica.
Proprio per questa ragione è necessario assistere il paziente anche da un punto di vista psicologico sin dalla diagnosi, come avviene già in diversi ospedali italiani dove sono presenti psicologi che affiancano il medico. Incoraggiando lo sfogo delle emozioni con il coinvolgimento dei familiari, sviluppando modalità adeguate di affrontare la malattia, dando inoltre un senso a quanto accaduto, è possibile così restituire un senso di speranza e ottimismo verso il futuro. "Il supporto psicologico riduce, inoltre, – sostiene la dott.ssa Silvia Di Giuseppe, psicologa e dirigente sanitario dell’ospedale Salesi di Ancona - il consumo di farmaci e psicofarmaci, agevolando il ritorno alla 'normalità' dei pazienti".
Lo psiconcologo può dunque fare molto all’interno dell’équipe medica riconoscendo i bisogni del paziente e aiutandolo ad affrontare il difficile iter di cambiamento fisico e psicologico che dovrà inevitabilmente affrontare con la malattia. "Stiamo sviluppando un modello operativo che vede lo psiconcologo come referente del percorso assistenziale – fa sapere la psiconcologa Valentina Belbusti - un modello che è stato presentato la scorsa estate a Berlino all’ultimo Congresso dell’International Psycho-Oncology Society. In concreto vuol dire che lo psiconcologo nella maggior parte dei casi approccerà per primo il paziente, il caregiver e i familiari, a domicilio in alcuni casi e, quando necessario, presso la sede dell’Associazione Adamo di Fano. Si tratta di un modo diverso di lavorare, frutto di una continua ricerca dell’approccio migliore verso il paziente, facendo così da tramite tra le famiglie prese in assistenza e l’equipe curante. In concreto viene fatta un’analisi in primis della situazione assistenziale e familiare, delle relazioni tra il malato e il caregiver, ciò consente anche di capire se il caregiver che fa assistenza domiciliare riesce a far fronte al suo compito e di valutare se una struttura sia la soluzione migliore".
La figura professionale dello psiconcologo, ancora rara fino a qualche tempo fa, si sta diffondendo progressivamente e di pari passo con la maturata consapevolezza che, grazie al suo supporto, la qualità della vita del paziente oncologico può migliorare notevolmente. L'obiettivo principale della Società Italiana di Psico-Oncologia è dunque favorirne la conoscenza, il progresso e la diffusione in ambito clinico, formativo, sociale e di ricerca. Esiste inoltre la sua sezione “Giovani” che conta su una rete di professionisti under quaranta composta quest’anno da 105 psiconcologi dislocati nelle varie regioni italiane, unità quasi raddoppiate rispetto all’anno precedente, segno anche di una esigenza sempre più sentita.