Galleria Antonia Jannone, Grossetti Arte e Galleria Milano celebrano la carriera artistica di Livio Marzot con tre mostre che ripercorrono le fasi della ricerca di un autore la cui opera continua a sorprendere.
In mostra presso Galleria Jannone una selezione di opere tra tele, carte e grandi gouache oltre a scatole-scultura, che racconta l'arte di Marzot dagli anni Sessanta con le sperimentazioni minimali vicine ai linguaggi dell’architettura, fino agli anni Duemila con il nuovo ritorno all’astratto.
Ricerca, scoperta e entusiasmo creativo: Livio Marzot vive l’arte in diretta con l’obiettivo di avvicinarsi alla realtà, esplorando nuove modalità di rapportarsi alla vita, ai ritmi e ai cicli della natura.
Un percorso unico che inizia con la pittura figurativa degli esordi per poi proseguire con la scultura, l’arte ambientale e l’installazione, fino alle opere più recenti, in cui la forma e il colore, ora più liberi, incontrano spazialità vibranti.
Livio Marzot (Induno Olona, 1934) espone per la prima volta al Salone Annunciata nel 1959 a Milano. Nel 1968 allestisce alla Biennale di Venezia una sala personale di grandi sculture minimaliste, ma la chiude e rifiuta l’invito a partecipare alla successiva non per ragioni di natura ideologica, ma per un senso di soffocamento claustrofobico causato dalle cariche della polizia nelle anguste calli veneziane e dalle pressioni ricattatorie degli artisti esclusi, fortemente politicizzati. Si trasferisce quindi negli Stati Uniti dove presenta il suo lavoro concettuale sui processi creativi al California Art Institute e, invitato da John Baldessari, alla Stanford University e al Massachussets Institute of Technology. Rientra in Italia alla fine degli anni Settanta e collabora con Bruno Munari per giochi didattici, pubblicando anche alcuni libri con Emme Edizioni ed Einaudi. Ritornato in Italia è del 1981 la sua mostra Un ricercare e cento variazioni allo Studio Grossetti di Milano, a cui seguono le mostre presso la galleria di Philippe Daverio, in cui la pittura di Marzot approda verso la resa evocativa di paesaggi mediterranei assolati e mitici, animati da una presenza invisibile e panica. Dal 1991 torna a esporre opere pittoriche prevalentemente di paesaggi e di animali, con le mostre alla galleria Antonia Jannone Paesaggi d’Acque e Nature Morte (1992), Intermondo (1999) e da Jean Blanchaert. Nel 2009 la Fondazione Mudima gli ha dedicato una mostra antologica con opere dal 1961 fino a quelle più recenti. Del suo lavoro hanno scritto, tra gli altri, Emilio Tadini, Guido Ballo, Raffaele De Grada, Dino Buzzati, Gillo Dorfles, Lea Vergine, Tommaso Trini, Giovanni Raboni e Ettore Sottsass.