Dichiarando già dal titolo la vicinanza con il metodo di lettura delle immagini di Aby Warburg, la mostra Pathosformel nasce dalla volontà di individuare il territorio mitico condiviso da opere d’arte, immaginario popolare e alcuni oggetti ornamentali, in cui ricorrono le stesse formule di pathos, formalizzazioni di una carica emotiva innata.
Il progetto è parte della collaborazione tra Current e Dimora Artica, già avviata con la mostra Altrove Bazar, realizzata ad ottobre 2016 all’interno del Mercato Comunale di Viale Monza a Milano. In questo caso, Current e Dimora Artica si scambiano la sede organizzando ognuno nello spazio dell’altro una mostra delineata autonomamente, con inaugurazioni sfalsate di una settimana.
Pathosformel: Da forma linguistica spontanea a cosciente strumento di propaganda, il mito forma il substrato narrativo di ogni cultura. Sempre restio ad una classificazione definitiva, ogni mito è formato da immagini particolarmente persuasive a livello emotivo, che veicolano contenuti linguistici condivisi da una comunità fino a renderli paradigmi sociali.
Tali immagini tendono ad essere ricorrenti in luoghi e tempi differenti mostrandosi come pathosformel, formule di pathos che Aby Warburg, uno dei padri della moderna iconologia, individua nelle espressioni della storia dell’arte, nel folklore e nell’immaginario popolare, per inserirle nel suo bilderaltlas, vasto atlante in cui immagini provenienti da varie epoche sono accostate inbase ad analogie formali che riportano a significati condivisi.
La pathosformel indica l’irruzione della vita, passionalità originaria che attraverso la formalizzazione simbolica viene integrata alla struttura civile. La violenza dell’origine si trasforma in simulacro, oggetto sociale che incarna la vita facendo riemergere il gesto espressivo dell’antichità pagana attraverso una stilizzazione culturale.
All’interno del materiale mitico, le opere d’arte assumono una funzione rinnovatrice rispetto ad un immaginario che nella reiterazione di formule fisse può perdere la vitalità originaria. L’oggetto artistico si pone quindi come simulacro in cui le formule di pathos emergono con una forza espressiva accentuata dall’esperienza immaginativa, sviluppata nel contatto con il presente, emancipandosi dalla meccanica ripetizione delle forme stereotipate del folklore.
In particolare, Warburg individua le pathosformel nelle rappresentazioni del movimento, in cui la stessa arcaica energia vitale può manifestarsi in rappresentazioni sensuali o violente, in un processo di ripolarizzazione che trasforma l'immagine di partenza per rinnovarne la carica emotiva. L'immagine che mima il movimento stimola l'esperienza estetica, intesa come empatia tra osservatore e oggetto osservato, in cui l'ambiguità dell'opera, inanimata e insieme caricata di forza vitale da chi la osserva, assume una perturbante valenza intermedia tra io e non-io, soggetto e alterità.
Il ritmo ed il movimento delle linee e della luce, la vibrazione ottenuta con l’accostamento dei colori, le forme organiche e i processi di trasformazione della materia sono alcuni degli elementi che rendono l’illusione della vita negli oggetti, non solo nelle opere d’arte ma anche in alcuni oggetti industriali diffusi nella contemporaneità, spesso di produzione cinese, oggetti-feticcio nati senza alcuna funzione pratica. Gli oggetti artistici e gli oggetti-feticcio condividono la stessa terra di mezzo, dimensione mitica in cui l’inconscio collettivo si cristallizza nelle formule che determinano l’esperienza estetica.