La mostra L’emozione dei Colori nell’arte è presentata nella Manica Lunga del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e nelle sale della GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, con l’esposizione di una straordinaria raccolta di 400 opere d’arte realizzate da oltre 125 artisti provenienti da tutto il mondo che datano dalla fine del Settecento al presente.
La mostra collettiva ripercorre la storia, le invenzioni, l’esperienza e l’uso del colore nell’arte moderna e contemporanea occidentale, nelle culture non occidentali e nelle culture indigene presenti nel mondo oggi. Attraverso una molteplicità di racconti e presentazioni di opere d’arte importanti, si affronta l’uso del colore da svariati punti di vista, tra i quali quello filosofico, biologico, quello antropologico e quello neuroscientifico.
“Durante il secolo scorso sono state organizzate numerose mostre sul colore a partire dalle teorie della percezione divenute popolari negli anni Sessanta. Quel tipo di approccio discende da una nozione universalistica della percezione e da una sua pretesa valenza oggettiva, molto distante dalla consapevolezza odierna della complessità di significati racchiusa nel colore”, afferma Carolyn Christov-Bakargiev.
La mostra indaga l’utilizzo del colore nell’arte dando conto di movimenti e ricerche artistiche che si discostano dalle storie canoniche sul colore e l’astrazione, attraverso molteplici narrazioni che si ricollegano alla memoria, alla spiritualità, alla politica, alla psicologia e alla sinestesia. Le opere provengono dalle collezioni di musei quali il Reina Sofia di Madrid, il MNAM Centre Georges Pompidou di Parigi, il Paul Klee Zentrum di Berna, il Munchmuseet di Oslo, lo Stedelijk Museum di Amsterdam, la Tate Britain di Londra, la Dia Foundation di New York, la AGNSW Art Gallery of New South Wales di Sydney, oltre che dai due musei GAM-Torino e Castello di Rivoli e da numerose collezioni private.
I precedenti dell’arte astratta moderna sono indagati attraverso opere dei seguaci Hindu Tantra (XVIII secolo) e dei Teosofisti (XIX secolo) che utilizzavano le forme-colore come fonti per la meditazione e la trasmissione immateriale del pensiero. Il punto di avvio nell’astrazione teosofica è legato alle ricerche di Annie Besant (1847-1933), la quale scrisse attorno al 1904, “dipingere le forme vestite dalla luce di altri mondi con i colori ottusi della terra è un compito arduo; esprimiamo gratitudine a chi ha tentato di farlo. Avrebbero bisogno di fuoco colorato, ma hanno solo pigmenti e terre a disposizione”.
Alla fine del Settecento, Isaac Newton scopre che i colori che vediamo corrispondono a specifiche e oggettive onde elettromagnetiche non assorbite da materiali. Johann Wolfgang von Goethe, che pubblica nel 1810 la sua Zur Farbenlehre (La teoria dei colori) si oppone a Newton, affermando che i colori sono prodotti dalla mente e non oggettivi. Goethe scopre il fenomeno degli Afterimage colors (il fatto che l’occhio umano percepisce come immagine residua il colore complementare a un colore osservato con persistenza su di una superficie bianca). All’epoca prevalse la teoria di Newton. L’Ottocento è anche il secolo del grande sviluppo della chimica e della scoperta dei colori sintetici derivati dal catrame di carbone. Nell’Ottocento e Novecento si sviluppa la standardizzazione industriale dei colori con i vari codici RAL e Pantone.
Gli artisti reagiscono con sfumature, esperienze sinestetiche, spirituali e psichedeliche del colore, oppure ironizzano sui codici e gli standard con un impulso profondamente libertario. Con il relativismo culturale che caratterizza l’epoca attuale e attraverso le recenti ricerche neuroscientifiche, si torna alla visione di Goethe, attribuendovi un valore nuovo.
L’emozione dei Colori nell’arte riflette sul tema da un punto di vista che tiene conto della luce, delle vibrazioni e del mondo affettivo. Si pone in discussione la standardizzazione nell’uso del colore nell’era digitale, standardizzazione che riduce sensibilmente le nostre capacità di distinguere i colori nel mondo reale. Nel corso della mostra, il neuroscienziato Vittorio Gallese – che insieme a Giacomo Rizzolati ha scoperto i neuroni specchio – dirigerà, per la prima volta a livello mondiale, un laboratorio di studio neuroscientifico incentrato sull’esperienza del pubblico di fronte a opere d’arte.
Le opere in mostra includono alcuni eccezionali lavori di Henri Matisse (1869, Le Cateau Cambrésis, Francia – 1954, Nizza, Francia), Wassily Kandinsky (1866, Mosca, Russia – 1944, Neuilly sur Seine, Francia), Paul Klee (1879, Münchenbuchsee – 1940, Muralto, Svizzera), Giacomo Balla (1871, Torino – 1958, Roma), Edvard Munch (1863, Løten, Norvegia – 1944, Oslo, Norvegia), Luigi Russolo (1885, Portogruaro – 1947, Laveno-Mombello, Italia), Alexander Calder (1898, Lawntown, Swatara Township, Pennsylvania, USA – 1976, New York, USA), Lucio Fontana (1899, Rosario, Argentina – 1968, Varese, Italia), Giulio Turcato (1912, Mantova – 1995, Roma), Andy Warhol (1928, Pittsburgh, Pennsylvania, USA – 1987, Manhattan, New York, USA), Dan Flavin (1933, Jamaica, New York, USA – 1996, Riverhead, New York, USA), Ellsworth Kelly (1923, Newburgh, New York, USA – 2015, Spencertown, New York, USA), Katharina Fritsch (1956, Essen, Germania), Gerhard Richter (1932, Dresda, Germania), Carlos Cruz-Diez (1923, Caracas, Venezuela), Gilberto Zorio (1944, Andorno Micca, Biella, Italia), Alighiero Boetti (1940, Torino – 1994, Roma), Giulio Paolini (1944, Genova), Gustav Metzger (1926, Norimberga, Germania), fino a lavori recenti di artisti contemporanei come Nicola De Maria (1954, Foglianise, Benevento, Italia), Damien Hirst (1965, Bristol, Regno Unito), Etel Adnan (1925, Beirut, Libano), Olafur Eliasson (1967, Copenhagen, Danimarca), Camille Henrot (1978, Parigi, Francia), e nuove produzioni di opere di Heather Phillipson (1978, Londra, Regno Unito), Asli Çavuşoğlu (1982 Istanbul, Turchia), Lara Favaretto (1973, Treviso, Italia) e Otobong Nkanga (1974, Kano, Nigeria).