“Situations” è la prima retrospettiva dedicata da un’istituzione europea a Kishio Suga (Morioka, Giappone, 1944), figura chiave dell’arte contemporanea giapponese. La mostra, a cura di Yuko Hasegawa e Vicente Todolí, raccoglie nello spazio delle Navate di Pirelli HangarBicocca oltre venti installazioni realizzate da Suga dal 1969 fino a oggi e da lui riadattate per l’occasione.
Personalità di spicco di Mono-ha, gruppo artistico nato alla fine degli anni Sessanta, Kishio Suga inizia a esporre le sue opere in un contesto di grande fermento culturale per il Giappone, così come a livello internazionale, con la nascita di movimenti come la Post-Minimal Art e la Land Art negli Stati Uniti e l’Arte Povera in Italia. Nel 1978 l’artista viene invitato a rappresentare il suo paese alla Biennale di Venezia, mostrando in Occidente il suo linguaggio che unisce una relazione profonda con la natura a una ricerca sui materiali e sullo spazio.
La mostra riunisce un insieme di opere ripensate e riadattate dall’artista in funzione dell’architettura industriale di Pirelli HangarBicocca, creando un intenso legame con i vasti spazi delle Navate e dando vita a un unico percorso dove convivono leggerezza e incombenza, linearità e tensione, solidità e immaterialità. I lavori di Suga si configurano come interventi temporanei che hanno la durata della mostra, site-specific nello spazio e nel tempo. “Situations”, si presenta come un paesaggio costituito da elementi organici e industriali – come ferro, zinco, legno, pietre e paraffina – spesso ricercati in loco. Le opere installate in Pirelli HangarBicocca acquisiscono, dunque, nuove qualità e caratteristiche che le rendono diverse da qualsiasi precedente installazione.
Realizzo installazioni all’interno di spazi espositivi, una forma d’arte piuttosto comune oggi. Uso una varietà di materiali, accostandoli e creando una struttura che si adatta a tutto lo spazio. Le installazioni non sono mai permanenti e possono essere facilmente rimosse e distrutte. Si potrebbe dire che creo mondi temporanei
(Kishio Suga, The Conditions Surrounding an Act, 2009)
Kishio Suga, dopo aver conseguito una laurea in pittura alla Tama Art University di Tokyo nel 1968 e aver lavorato come assistente di studio dell’artista americano Sam Francis, inizia a realizzare ed esporre le sue opere in un contesto di grande fermento artistico per il Giappone. Tra il 1969 e il 1972 si forma e sviluppa il gruppo Mono-ha, di cui fa parte Suga, oltre agli artisti Kōji Enokura, Noriyuki Haraguchi, Shingo Honda, Susumu Koshimizu, Lee Ufan, Katsushiko Narita, Nobuo Sekine, Noburu Takayama e Katsuro Yoshida. L’utilizzo di materiali semplici, sia naturali sia provenienti dalla produzione industriale, l’indagine sulle relazioni tra uomo e materia, oggetti e spazio circostante, l’intervento diretto sulle opere, attraverso azioni che le alterano, accomunano la pratica individuale e personale di questi artisti. Mono-ha, che letteralmente significa “scuola delle cose”, si presenta quindi come un movimento legato a una dimensione oggettuale e perfomativa dell’opera d’arte. Aspetti tematici e formali che possono creare una vicinanza tra questo gruppo e quello italiano dell’Arte Povera, che negli stessi anni prende vita a Torino.
La relazione con l’Italia emerge anche nella storia espositiva di Mono-ha in questo Paese. Nel corso degli anni, infatti, opere del movimento sono state presentate in diverse mostre in numerose istituzioni italiane, come: “Mono-ha. La scuola delle cose” presso il Museo Laboratorio di Arte Contemporanea di Roma nel 1988; “Avanguardie Giapponesi degli anni ’70” alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna nel 1992; “ASIANA. Contemporary Art from the Far East” presso il Palazzo Vendramin Calergi di Venezia nel 1995; “Prima Materia” presso Punta della Dogana a Venezia nel 2013 e la più recente alla Fondazione Mudima di Milano, “Mono-ha” del 2015.
Il percorso espositivo si apre con Critical Sections, 1984, l’unica opera sospesa della mostra, ricostruita per la prima volta. Tessuti bianchi e neri scendono dal soffitto da più di venti metri di altezza e sono intrecciati dall’artista, intervallati da rami trovati in loco e collegati a terra a lastre di zinco che si dispiegano sul pavimento. Attraverso un processo di tensione e allentamento, l’artista crea quella che definisce una “situazione”, in cui vengono messi in evidenza i legami esistenziali tra i diversi materiali che compongono l’opera e lo spazio circostante. Lungo le navate si alternano invece installazioni, come Continuous Existence—HB, 1977/2016, o Infinite Situation III (door), 1970/2016, con cui Suga indaga la relazione tra il pavimento e le pareti attraverso l’utilizzo di materiali come legno e rami. Nella pratica dell’artista assume un ruolo centrale il concetto di “interdipendenza” tra oggetti differenti, come modalità per creare un’unica entità, che permette al visitatore da una parte di osservare nella sua interezza l’ambiente circostante, dall’altra di percepire spazi non-visibili, generati dalla presenza delle opere d’arte, o solitamente considerati “invisibili” come gli angoli delle stanze. Altre opere sono concepite come indagini sui materiali utilizzati e sulle loro caratteristiche fisiche, come Parallel Strata, 1969/2016, realizzata interamente con grandi fogli di paraffina sovrapposti, o Soft Concrete, 1970/2016, composta da cemento, ghiaia e lastre di metallo.
Lo spazio del Cubo è reso inaccessibile al pubblico con Left-Behind Situation, 1972/2016. L’opera, ricostruita nella versione più grande mai realizzata fino ad ora, è composta da un unico cavo metallico di tipo industriale che è teso nello spazio su due livelli, congiungendo diversi punti delle quattro pareti e creando orizzontalmente intersezioni diagonali su cui sono poggiati in precario equilibrio blocchi di pietra e di legno.
All’esterno, invece, il visitatore potrà osservare Unfolding Field, 1972/2016, installazione costituita da pali di bamboo posti su strutture di cemento e cavi leggeri, che si presenta come un intervento dell’artista fuori dal contesto museale e che mette in luce l’importanza degli elementi naturali nel lavoro di Kishio Suga.