È stata inaugurata con successo lo scorso 20 novembre la mostra dell’artista Agostino De Romanis presso lo storico complesso architettonico di Santa Maria dell’Orto a Roma [1]. Erano presenti all'inaugurazione, l’autore, il curatore, l’editore e altre personalità del mondo della cultura, dell’arte e dello spettacolo. Nel corso dell’incontro sono state presentate anche le poesie del biografo di De Romanis, Antonio Venditti, tratte dal libro È primavera ancora, splendidamente interpretate dalla voce calda dell’attore Luca Martella, accompagnato dal sax di Matteo Martella.
Le opere che, per scelta dell’ideatore e curatore della Mostra, l’arch. Roberto Luciani, tra i più esperti critici e storici dell’arte nel panorama internazionale dei Beni Culturali, sono state collocate tra gli spettacolari affreschi dell’oratorio attiguo alla Chiesa, resteranno esposte fino al prossimo 4 dicembre e presumibilmente ci sarà una proroga fino alle festività natalizie.
Come sostiene il nostro critico, questa decisione ha il preciso scopo di far dialogare le variopinte tele dell’artista «con artisti di altre epoche affinché arte, storia e cultura oltrepassino quel limitante vincolo di datazione, di linguaggio, di correnti pittoriche e di momenti storici differenti». Infatti, l’intento di Luciani è espresso nella struttura del raffinato catalogo De Romanis a Santa Maria dell’Orto (Dei Merangoli Editrice, 2016) che accompagna l’esposizione, suddivisa in tre sezioni.
La prima sessione, dedicata alla conoscenza della chiesa e dell’Arciconfraternita che la custodisce, è intitolata, appunto, Orientare lo sguardo. Di certo lo sguardo e la curiosità del visitatore e naturalmente «del lettore attraverso la storia delle vicende che hanno interessato la fabbrica horticiana, perché, appena varcata la soglia della chiesa, si resta ammaliati da opere d’arte e di architettura di grande valore e di notevole impatto scenico».
La seconda sessione, intitolata Antologia dell’Artista, ci guida nell’intricata e ricca creatività di Agostino, che riesce ancora dopo i settanta anni a mantenere quella freschezza, quella giovinezza, quello stupore tipici dell’infanzia. Tale è del resto il vero artista: un Eterno Bambino oppure un Uomo Cosmico, un poeta e un anticipatore dei tempi, un visionario e un Essere Eterno. Ogni tela per De Romanis è, infatti, una scoperta, una riflessione sulla vita, sul mondo, sull’intero cosmo, sul senso del Tutto. Agostino è una di quelle anime capace di disperdersi tra le stelle ed esplorare la potenza di una supernova o il mistero di un buco nero. E queste esplosioni di luce e di colore permeano i suoi dipinti, così come permeano tutto il suo volto nell’atto di dipingere, facendo trapelare emozioni, segreti e angosce. Agostino entra in risonanza con i fenomeni dei pianeti, degli Universi, delle splendide ed enormi Lune di questi tempi e questo lo collega alla Coscienza collettiva dell’Umanità. Lui sente ogni vibrazione della Terra, percepisce la sua elevazione spirituale. L’aumento della Risonanza di Schumann, la variazione del campo elettromagnetico terrestre, l’eccitazione delle scariche elettriche dei fulmini nella cavità della superficie terrestre e della ionosfera, sono intuite dal suo pennello che vaga inconsapevole a plasmare la tela bianca. «Le frequenze di Schumann sono il ‘suono’ della terra. È come sentire il suono di un grande tamburo, quel tamburo che è la cavità risonante della terra».
Agostino è uno scienziato di queste onde, le percepisce tutte e le immortala nei suoi quadri, denudando egli stesso il mistero divino della creazione nella notte dei tempi. Del resto i ricercatori hanno scoperto che le onde di Schumann risuonano alla stessa frequenza dell’ippocampo nel nostro cervello, nel sistema limbico, relativo alla sopravvivenza ed alla memoria. De Romanis è un artista che ascolta perché è abituato al silenzio delle distese indonesiane e di Bali in particolare: è lì che ha conosciuto il silenzio della potenza di Dio, in quelle atmosfere magiche e fiabesche, nei volti di quella gente antica, nei loro gesti eterni, nella genuinità dei loro riti, nei colori incantati delle loro vesti, nei suoni muti e fatati del loro tempo senza tempo. La trasparenza dei suoi soggetti è l’essenza divina che lui cattura dalle anime di quella moltitudine di personaggi che gli tornano alla memoria. Ed è condita con la potenza dei numeri, delle sequenze numeriche che appaiono inspiegabilmente nelle sue opere.
Non dimentichiamo che nell’ottobre del 2012 Roberto Luciani ha curato, al Centro Culturale Elsa Morante per il Comune di Roma Capitale, la mostra All’origine delle cose, in cui l’artista ha esposto opere raffiguranti simbolicamente Numeri. Agostino conosce l'Aritmosofia, lui crede, infatti, che tutto sia sostenuto dai numeri e l’uomo possa trovare in essi le sue risposte, e anche conoscere attraverso essi stessi i misteri più celati di Dio, l’origine delle cose, appunto. In realtà l’artista condensa in questo suo pensiero la filosofia greca, la Gnosi, la mistica ebraica, la Cabala con la concezione del Sefiròt, i dieci numeri emanazioni dell'En Sof e del Cristianesimo. Ma intuisce anche le concezioni di scienziati e mistici moderni, come il russo Grigori Grabovoi che con le sue sequenze numeriche ci spiega che «siamo noi i creatori e piloti del nostro destino». Grabovoi ci insegna che «la pratica della legge di attrazione è quella di concentrarsi sull’obbiettivo senza tutti quei tentennamenti, dubbi, reticenze, che spesso si affollano fra i nostri pensieri seppur non desiderati».
È l’obiettivo stesso che spesso ci distrae, non lo vediamo nitidamente, è come un ricordo sfuocato, una nube di elettroni che ruotano vorticosamente nel vuoto quantico. E Agostino raffigura proprio questo vuoto fatto di «colori, forme, numeri, con il quale egli codifica obiettivi universali che riguardano la salute, il benessere economico, la salvezza per sé e per gli altri», per dirla sempre con Grabovoj. Quel vuoto è disturbato dai pensieri negativi che si intrufolano nella nostra coscienza distorcendo il disegno divino dell’Anima depositato dalla Coscienza di Dio, grande Supervisore del nostro Universo. Secondo Grabovoj, quindi, concentrandosi su una determinata sequenza numerica si attivano quelle onde energetiche che stimolano il processo di riallineamento alla norma così come l’aveva pensata il Creatore.
Tutto questo è allineato anche con i progressi della fisica quantistica che come sappiamo è influenzata dall’osservatore. Secondo la visione dei russi, Grabovoj e Petrov, «l’Uomo è capace di modificare le vibrazioni, quindi le particelle subatomiche che compongono la materia, sia con semplici parole che con pensieri ed emozioni… una volta innescato il meccanismo tutto è possibile». E questo conferma che «siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio, e che come il Creatore siamo in grado di cambiare il mondo». Se ci pensate bene, anche Agostino cerca di cambiare il mondo con le sue sequenze di numeri, con la luce fugace delle sue figure, con tutte le tinte dell’arcobaleno che tracciano i suoi pennelli, coll’impeto delle sue idee, confuse nella nube di elettroni che ancora le distorsioni presenti nelle nostre coscienze non riescono a chiarificare. E la complessità della sua opera lo rivela, tanto che solo i nostri critici più esperti sono in grado di comprenderla in tutta la sua essenza.
Il catalogo di Luciani, infatti, si pone l’obiettivo di «ripercorrere tutta la complessa e vasta carriera dell’artista, dai primi anni dopo l’Accademia di Belle Arti – gli anni Settanta – fino alla produzione recente, senza tralasciare le diverse serie pittoriche con le quali si è confrontato, quali Fabulae, Acqua aria terra e fuoco, Carceri e vie di fuga e Riscoprire l’Indonesia». Per questo motivo, del resto, la terza sezione, intitolata Opere esposte, è dedicata alle 32 tele esposte nella spettacolare cornice di Santa Maria dell’Orto; è presente anche l’opera dal titolo Facciata della chiesa di Santa Maria dell’Orto, realizzata dal maestro proprio per questo evento e che sarà donata all’Arciconfraternita al termine dell’esposizione.
Agostino De Romanis è uno degli artisti romani contemporanei di maggior spicco, anche per aver dedicato al suo percorso artistico oltre cinquant’anni, ed è presente nella Collezione delle Opere d’Arte contemporanea della Farnesina. Ricordiamo che ha esposto le sue opere in musei e luoghi istituzionali in Italia e nel mondo, con particolare predilezione per l’Indonesia, dove è riconosciuto come colui che «ha saputo cogliere l’essenza, la poesia dei colori e delle atmosfere di quello straordinario luogo», tanto che L’Indonesia gli ha tributato vari riconoscimenti tra i quali la mostra Rediscovering Indonesia, curata da Vittorio Sgarbi e inaugurata dal Presidente della Repubblica. Lo stesso Sgarbi nel 2012 ha curato per De Romanis la mostra Il pensiero dipinto, la forza mistica del mondo orientale ospitata dalla Camera dei Deputati in Roma. Agostino è anche uno dei principali esponenti del movimento della Pittura Colta fondato da Italo Mussa nel 1980. Molte delle sue opere sono permanentemente esposte in musei internazionali come il Gedung Arsip National di Giacarta, il Museo Rudana di Bali, San Salvatore in Lauro di Roma. Altre sue opere sono collocate al Ministero per i Beni e le Attività Culturali nel Complesso monumentale San Michele a Ripa Grande di Roma.
Il percorso di Agostino De Romanis, durato un cinquantennio, come già accennato, è ancora molto articolato e non potendo qui ricordare tutte gli altri traguardi importanti da lui raggiunti, rimandiamo alla lettura dei nostri articoli correlati De Romanis e il mondo archetipo e Intervista ad Agostino De Romanis. Per sintetizzare con una sola frase la complessità dell’opera di Agostino De Romanis presente in questa mostra, prendiamo in prestito sempre le parole di Roberto Luciani: «Nelle opere esposte il divino e l’umano si toccano e il tempo e il senza tempo sono in dialogo sereno, esprimendo la ricerca di quello che c’è oltre ciò che si può toccare, aprendo una finestra al di là del tempo che passa, oltre la carta che possiamo disegnare, oltre le forme che possiamo prendere, collegando la caducità dell’uomo con l’incorruttibilità di Dio, in un movimento corale in cui l’immagine diventa domanda a cui può rispondere solo lo sguardo dell’osservante».
[1] Nel 2016 l’Editrice dei Merangoli, organizzatrice della mostra, ha pubblicato la monografia Santa Maria dell’Orto. Il complesso architettonico trasteverino a cura dell’Arch. Williams Troiano.
La Chiesa Santa Maria dell’Orto si trova in Via Anicia 10 a Roma con i seguenti orari di apertura: 10,00-12,00 e 16.30-19,00. L’artista sarà presente per accompagnare gli interessati nel percorso appositamente allestito.