Nell'ambito del programma televisivo Geo&Geo condotto da Sveva Sagramola, è stata presentata al grande pubblico la riproduzione facsimilare dell’affascinante manoscritto arabo Kitâb al-Diryâq, Il libro della teriaca, risalente al 1199.
Il codice descrive, appunto, la teriaca, forse il più famoso tra i medicamenti usati nel mondo antico. Come è stato sottolineato nel corso dell’intervista, questo farmaco ha attraversato più di 2000 anni di storia: le prime formulazioni conosciute risalgono infatti al 200 a.C, ed è stato venduto nelle farmacie fino agli inizi del XX secolo.
La teriaca era composta da moltissimi ingredienti (in alcune ricette, ne compaiono circa un centinaio) di origine minerale, animale ma soprattutto vegetale, e le erbe che concorrevano alla preparazione di questo composto anche oggi sono ritenute dotate di una grande attività terapeutica (per esempio, la valeriana e il finocchio). Il fascino che la teriaca ha esercitato nel corso della storia dell’uomo è dovuto soprattutto al fatto che era considerata una vera e propria panacea, in grado di sconfiggere tutti i mali. Ecco alcuni dei casi in cui veniva indicata: per i dolori di petto (angina), per le infiammazioni dello stomaco e i dolori colici, per restituire l'appetito, per risvegliare gli appetiti venerei e infine per preservare il corpo da alcune gravi malattie infettive, come la lebbra e la peste. Si può tranquillamente affermare che, dal XV al XVIII secolo, la teriaca fu la preparazione farmaceutica più celebre di tutto il mondo occidentale. Per rendersi conto dell’altissima considerazione in cui era tenuta, basta leggere quanto scrive, nel 1623, il farmacista francese Pierre Maginet: “Fra tutte le nostre altre composizioni, la teriaca è quello che è il sole tra i pianeti, il fuoco tra gli elementi, l’oro fra i metalli, il cedro tra gli alberi”.
Per la riproduzione facsimilare del Kitâb al-Diryâq, Aboca ha scelto uno degli esemplari meglio conservati tra quelli a noi pervenuti, ovvero quello custodito a Parigi presso la Biblioteca Nazionale di Francia (segnatura: Ms arabo 2964). Questo facsimile riesce a rendere tutto il fascino del codice originario, grazie anche alle splendide illustrazioni dorate e miniate, che rendono ognuna di queste pagine una vera e propria opera d’arte. L’oro è infatti il grande protagonista di quest’opera: le miniature sono satinate con l’oro in lamina, la coperta è in oro satinato in lamina e turchese, mentre i tagli in oro sono rifiniti a mano sui tre lati. Ad accrescere il valore artistico di quest’opera contribuisce anche l’elegante cofanetto in cui è custodito il facsimile, che ha le sue stesse caratteristiche di qualità.
Oltre all’indubbio valore artistico, quest’opera è molto importante anche dal punto di vista storico e scientifico: essa rappresenta infatti uno straordinario documento della cultura araba del XII secolo. Inoltre, come è stato sottolineato nel corso dell’intervista, costituisce anche un significativo punto di incontro tra la cultura araba e quella occidentale, in un periodo storico fondamentale per la diffusione del sapere medico e scientifico. Tutti aspetti che sono sapientemente spiegati nel Commentario che accompagna il facsimile, opera di cinque esperti arabisti che, con i loro contributi, ci permettono di comprenderne al meglio il contenuto.
Il Kitâb al-Diryâq è un’opera che ha davvero tanto da comunicarci, sotto molteplici punti di vista e che, al tempo stesso, è un capolavoro artistico, di cui ogni dettaglio rivela una ricercatezza e una cura davvero straordinarie. La luce dell’oro riesce a trasmettere tutto il fascino del mondo orientale, in un clima da “mille e una notte” che non può non affascinare il lettore a ogni voltar di pagina. Come non possono non affascinare tutte le leggende e i miti che sono veicolati in quest’opera: primo tra tutti, quello della teriaca, la panacea contro tutti i mali, l’elisir di lunga vita. In poche parole, il sogno della medicina antica, contemporanea e futura.