L’esposizione “Kienholz: Five Car Stud”, a cura di Germano Celant, riunisce una selezione di opere realizzate da Edward Kienholz e Nancy Reddin Kienholz, tra le quali la storica installazione che dà il titolo alla mostra.
Five Car Stud è stata creata da Edward Kienholz tra il 1969 e il 1972 ed è stata esposta per la prima volta a documenta 5 a Kassel, curata da Harald Szeemann. L’opera, che riproduce in dimensioni reali una scena di violenza razziale, è considerata una delle più significative dell’artista americano. Nonostante il clamore e l’attenzione della critica suscitati fin dalla sua prima esposizione, Five Car Stud è rimasta non visibile nel deposito di un collezionista giapponese per quasi quarant’anni. Solo tra il 2011 e il 2012, dopo il suo restauro, è stata ripresentata al pubblico del Los Angeles County Museum of Art e del Louisiana Museum of Modern Art in Danimarca. Ora parte della Collezione Prada, riappare per la prima volta in Italia in questa mostra. Five Car Stud diventa il nucleo centrale di un percorso espositivo che transitando dalla galleria Sud al Deposito e in uno spazio esterno presenta 25 opere, tra lavori scultorei, assemblage e tableau, realizzati dai Kienholz dal 1959 al 1994, nonché materiali di documentazione sulla storia e il processo di creazione di Five Car Stud.
Five Car Stud catapulta lo spettatore in una situazione da incubo, lo immerge in una dimensione, rimossa o dimenticata, di estrema violenza. A più di quarant’anni di distanza dalla sua creazione restano intatte, infatti, la sua forza espressiva, la sua potente carica simbolica e la lucidità dell’atto di accusa contro la persecuzione razziale.
In mostra sono presentati tableaux, assemblage e sculture di Ed e Nancy Kienholz, tra i quali il rilievo in legno ‘Ore the Ramparts We Watched, Fascinated (1959), ispirato alla corsa allo spazio tra americani e russi, assemblaggi che inglobano o simulano monitor, come The Death Watch (1976), Bout Round Eleven (1982) e The Twilight Home (1983); The Caddy Court (1986-87), una rappresentazione grottesca e funerea dei giudici della Suprema Corte americana; The Merry-Go-World or Begat by Chance and The Wonder Horse Trigger (1991–1994), un colorato carosello che nasconde un’empatica rappresentazione del casuale determinismo della nascita; The Bronze Pinball Machine with Woman Affixed Also (1980) in cui il corpo femminile è ridotto a un oggetto di puro intrattenimento sessuale; Jody, Jody, Jody (1993-94), un tableau ispirato a un fatto di cronaca di abuso sui minori e uno degli ultimi lavori realizzati dai Kienholz, 76 J.C.s Led the Big Charade (1993–1994), un’installazione che trasforma in crocifissi parti di giocattoli, come bambole e carretti, e diverse rappresentazioni storiche e culturali di Cristo, prendendo di mira la religione nella sua forma istituzionalizzata e priva di spiritualità.
Edward Kienholz (1927-1994), artista autodidatta cresciuto nello stato di Washington, fonda con Walter Hopps la Ferus Gallery nel 1957 a Los Angeles. Nel 1961, dopo la prima personale curata da Hopps al Pasadena Art Museum in California, Kienholz è incluso con altri artisti della West Coast nella mostra curata da William Seitz “The Art of Assemblage” al MoMa di New York, in cui è accostato a figure storiche come Picasso, Schwitters, Duchamp e Cornell. Nel 1972 Edward Kienholz e la moglie Nancy Reddin intraprendono una collaborazione artistica e co-firmano tutti i lavori realizzati da quel momento fino alla scomparsa di Kienholz nel 1994.
Fin dagli esordi Kienholz impiega un immaginario realistico, quotidiano e inequivocabile per creare “un’arte della repulsione”, in diretta opposizione alla componente narcisistica presente nell’Espressionismo astratto o al feticismo delle merci e dei materiali industriali tipico della Pop Art e del Minimalismo. Come spiega Germano Celant, “Kienholz non tende a sublimare le bassezze e la tragicità del vivere, le condizioni di solitudine e di trivialità, ma le usa come strumenti per far risplendere l’universo basso e popolare, dove il macilento e lo sporco, il perverso e il lurido, rappresentano una bellezza nuova e sorprendente”.