Il Chiostro del Bramante ospita dal 18 dicembre 2012 al 2 giugno 2013 Brueghel. Meraviglie dellʼarte fiamminga, la prima grande esposizione mai realizzata a Roma dedicata alla celeberrima stirpe di artisti. Unʼoccasione unica per ammirare i capolavori di unʼintera dinastia di eccezionale talento, attiva tra il XVI e il XVII secolo, e ripercorrerne la storia, lungo un orizzonte temporale, familiare e pittorico di oltre 150 anni. Curata da Sergio Gaddi e Doron J. Lurie, Conservatore dei Dipinti Antichi al Tel Aviv Museum of Art, la mostra fa parte di un grande progetto internazionale che approda per la prima volta nella Città Eterna in una versione inedita e rinnovata, dopo le tappe di Como e Tel Aviv. Arricchita da quasi venti nuove opere, la retrospettiva romana è prodotta e organizzata da Arthemisia Group in collaborazione con DART Chiostro del Bramante, inserendosi in un programma di partnership ormai consolidata dopo il successo della scorsa primavera di Miró! Poesia e luce, che continuerà con Cleopatra, prevista per lʼautunno 2013.
Con oltre 100 opere, lʼesposizione offre al pubblico la possibilità di vedere da vicino meravigliosi dipinti, presentati in modo organico e completo nella suggestiva cornice capitolina, provenienti da importanti musei nazionali e internazionali, e da un elevato numero di prestigiose collezioni private, nella cui estremamente frammentaria dislocazione nel mondo, sta lʼeccezionalità di questa mostra che è riuscita a raccogliere e mettere insieme capolavori altrimenti difficilmente accessibili, alcuni dei quali finora mai esposti al pubblico.
Unʼopportunità imperdibile dunque per apprezzare straordinari dipinti, per la prima volta in Italia, come il magnifico Le sette opere di misericordia (1616 – 1618 ca.) di Pieter Brueghel il Giovane, in cui le diverse rappresentazioni della carità vengono esaltate e declinate attraverso lʼintensità delle figure ritratte, richiamando per contrapposizione il superbo I sette peccati capitali di Hieronymus Bosch (1500 ca.), o Il ciarlatano della scuola di Bosch, entrambi presenti in mostra e mai giunti prima a Roma.
E proprio dal rapporto che con Bosch ebbe il capostipite dei Brueghel, Pieter il Vecchio (1525/1530 ca. – 1569), inizia il racconto della dinastia che, con la sua visione disincantata dellʼumanità, ha segnato la storia dellʼarte europea dei secoli a venire. Del “maestro spirituale” Pieter Brueghel il Vecchio seppe approfondire in chiave terrena le visioni oniriche, passando da uno stile ricercato e concentrato sulla tradizione, ad uno più icastico e interessato alla realtà, prestando grande attenzione al paesaggio e al rapporto tra uomo e natura, attraverso scene di danze contadine e proverbi figurati che riecheggiarono a lungo e cambiarono definitivamente la pittura fiamminga, aprendola alla modernità. Illustratore di un mondo agreste divenuto simbolo di una lettura sul senso della vita umana che già allʼepoca riscosse incredibile successo presso la committenza internazionale, dopo la sua morte, i registri del comico e del grottesco tipici dei suoi lavori, assunsero una valenza educativa che venne quindi raccolta dai figli, Pieter il Giovane (1564 –1638) e Jan il Vecchio (1568 – 1625).
Rispetto al fratello, Pieter il Giovane ricalcò più da vicino le orme del padre (realizzando anche vere e proprie copie, oggi a volte uniche testimonianze di originali andati perduti), di cui però seppe rinnovare lo stile e i temi attraverso una personale elaborazione, rintracciabile in mostra per esempio nella splendida Trappola per uccelli (1605) che, con le sue atmosfere forti e le sue tinte decise, racchiude in sé tutte le peculiarità del Barocco Fiammingo. Mentre Jan il Vecchio, soprannominato “dei velluti” per la preziosità della sua tecnica, si dimostrò invece più orientato al rinnovamento stilistico, diventando il riferimento imitativo per gli artisti “bruegheliani” successivi.
La genealogia prosegue poi e si ramifica, dal patriarca alla sua più lontana discendenza, in una complicata rete di relazioni presentata in mostra con precisione e rigore, fino agli undici figli di Jan il Giovane, cinque dei quali pittori anchʼessi. In pieno ʻ600 lo “stile Brueghel” ha ormai assunto i tratti di un vero e proprio marchio di qualità. Il percorso si focalizza attorno alle vicende di ciascun artista e si sviluppa secondo una logica a rete, abbracciando riferimenti storici del periodo in esame, e analizza lʼesperienza finanche di personaggi quali Jan van Kessel I (1626 – 1679), figlio di Paschasia, sorella di Jan Brueghel, e di Ambrosius Brueghel (1617– 1675), artista di grandissima qualità ma poco conosciuto e studiato. Il percorso espositivo si chiude infine con David Teniers il Giovane (1610 –1690), legato ai Brueghel per aver sposato la figlia di Ambrosius, e Abraham (1631 – 1697), ultimo epigono di una discendenza che, con più di cento anni di attività, è ormai leggendaria.
La mostra
Attraverso le opere di Pieter Brueghel il Vecchio e della sua genealogia la mostra proporrà un viaggio appassionante nellʼepoca dʼoro della pittura fiamminga del Seicento, alla ricerca del genio visionario di ben cinque generazioni di artisti in grado di incarnare coralmente, come mai nessuno prima né dopo di loro, lo stile e le tendenze di oltre un secolo di storia dellʼarte.
I Sezione - Il contesto e le origini del mito
La prima sezione è dedicata allʼambiente storico e culturale allʼinterno del quale si sviluppa lʼesperienza artistica del capostipite dellʼintera dinastia, Pieter Brueghel il Vecchio. Nel ʻ500, mentre in Italia il lavoro di Michelangelo, Leonardo e Tiziano si concentra sulla sublimazione ideale dellʼuomo, nei Paesi Bassi – anche per gli effetti della Riforma protestante e delle teorie calviniste – lʼattenzione si sposta sempre più verso il dʼarte. I paesaggi di Henri met de Bles e di Joachim Patinir e la grande Torre di Babele di Marten van Valckenborch e Hendrick van Cleve sono infatti i primi segnali di un cambiamento che sarà interpretato in modo straordinariamente originale da Pieter Brueghel il Vecchio, il quale, dopo aver iniziato il suo percorso nella bottega di Pieter Coeck Val Aelst, trova la vera figura cardine della propria formazione artistica in Hieronymus Bosch, di cui si potranno ammirare in mostra il capolavoro assoluto I sette peccati capitali e Il ciarlatano, realizzato con la partecipazione della sua stessa scuola.
II Sezione - Nel segno di Pieter Brueghel il Vecchio
La seconda sezione è dedicata ai figli di Pieter Brueghel il Vecchio: Pieter il Giovane e Jan il Vecchio. Il primo, cronista del suo tempo, riprende i temi paterni, ma al tempo stesso riesce a svilupparli e arricchirli, in particolar modo nelle rappresentazioni di scene contadine e di vita quotidiana, e analizza le debolezze umane con tolleranza e comprensione – come si può cogliere nella Danza nuziale all'aperto e ne Le sette opere di misericordia – anticipando inoltre lʼidea romantica del sublime che nasce dalla natura nel rinomato Paesaggio invernale con trappola per uccelli. Jan il Vecchio, a differenza del fratello, è invece più mondano ed elegante, viaggia in Italia, collabora con Rubens ed è il primo importante pittore di fiori e nature morte. Soprannominato Jan “dei velluti” per la sua capacità tecnica sopraffina, è presente in mostra con circa 20 opere, tra le quali le raffinatissime La Tentazione di santʼAntonio nel bosco e Riposo durante la fuga in Egitto, dove la riflessione sulla natura raggiunge ineguagliabili livelli di autonomia e vigore pittorico.
III Sezione - Genialità e innovazione dellʼarte fiamminga: lo stile Brueghel
Nella terza sezione vengono analizzate nel dettaglio le articolate relazioni artistiche che intercorrono tra i numerosi membri della genealogia dei Brueghel e le loro vantaggiose collaborazioni creative con artisti diversi, come per esempio quelle tra Jan Brueghel il Giovane e Frans Francken, Joos de Momper o Hendrick van Balen. Lo “stile Brueghel” è ormai diventato una sorta di firma, indice di qualità, ed è per questo motivo che molti degli esponenti della dinastia decidono di continuare a dipingere, nel solco della tradizione familiare, come Ambrosius Brueghel (fratello di Jan il Giovane) e Jan Pieter Brueghel (figlio di quest'ultimo) che seguiteranno a produrre soggetti quali allegorie e nature morte, cavalcando il successo di unʼidentificazione immediata, incredibilmente riconosciuta e apprezzata dal pubblico.
IV Sezione - La meraviglia del mondo, simboli e allegorie
La tecnica e lo stile di Jan il Vecchio vengono ripresi dal figlio Jan il Giovane, al quale la mostra dedica un ampio spazio, oltre che una specifica sezione tematica relativa alla pittura di genere con esplicito riferimento naturalistico ai fiori e alle visioni simboliche. Attraverso il ricorso alle allegorie il pittore segue il percorso tracciato per primo dal padre che, con i suoi imponenti e rigogliosi mazzi floreali, aveva creato un vero e proprio “marchio” di successo. I fiori diventano messaggio della vanitas, esprimono con chiarezza i valori cristiani, con richiami anche alla tradizione classica. Lʼidea del sorprendente, dellʼesotico e del meraviglioso – rintracciabile nella diffusione tra i collezionisti dellʼepoca della moda della Wunderkammer (“Camera delle meraviglie”) – trova nella pittura di Jan il Giovane una perfetta rappresentazione, molto in voga nel ʻ600, e molto apprezzata dalla ricca borghesia mercantile. Ne sono testimonianza in mostra le splendide allegorie della “guerra” e della “pace”, dellʼ“acqua”, dellʼ“amore”, dellʼ“olfatto” e dellʼ“udito”.
V Sezione - Lʼeredità di una dinastia
Lʼultima sezione della mostra completa la presentazione degli oltre cento anni di attività della bottega dei Brueghel, già diventata leggendaria dalla seconda metà del ʻ600, ma non dimentica altri grandi pittori entrati nella cerchia per vincolo matrimoniale, come David Teniers il Giovane che sposa Anna, sorella di Jan il Giovane, ed è tra i più grandi narratori del mondo contadino quotidiano del '600, pur in assenza dei severi giudizi di Pieter Brueghel il Vecchio. O Jan van Kessel il Vecchio, figlio di Paschasia, unʼaltra sorella di Jan il Giovane (Jan il Giovane è il primo di dieci fratelli e a sua volta avrà undici figli), che è invece presente in mostra in unʼesclusiva sala dedicata ai suoi minuziosi “studi di farfalle, insetti e conchiglie”. E Josef van Bredael, che si firmerà JB per rimandare a Jan Brueghel di cui sarà un attento imitatore. Infine poi Abraham, ultimo erede della celebre famiglia, che con uno stile che si distacca completamente dalla tradizione familiare per diventare materico, meno calcolato e più viscerale (è significativo che il suo soprannome sia "il fracassoso", molto lontano da quel "dei velluti" che aveva accompagnato il nonno), dopo il tradizionale viaggio in Italia deciderà definitivamente di non tornare più nelle Fiandre, chiudendo così l'epopea della più grande e numerosa stirpe di artisti fiamminghi, prima dellʼavvento, di lì a poco, dei nuovi linguaggi del XVIII secolo. In occasione della mostra – che si rivolge trasversalmente a un pubblico eterogeneo e variegato grazie alla ricchezza di suggestioni, riferimenti storici ma anche fascinazioni immediate – saranno organizzate attività didattiche per ragazzi e, per i più piccoli, visite guidate animate e laboratori al fine di coinvolgere attivamente i bambini, alla scoperta dellʼavvincente storia artistica e familiare della straordinaria dinastia fiamminga dei Brueghel.