Che nelle vene di José Molina scorra un “caliente” sangue spagnolo non è solo un dato anagrafico, ma una appartenenza elettiva, il distillato della sua unicità artistica, testimoniata dal precoce impulso a disegnare manifestatosi già a quattro anni. Per esprimere il suo straordinario, talento, Molina deve attendere di terminare gli studi all’Università delle Belle Arti di Madrid mentre, nel contempo, intraprende una attività imprenditoriale nel campo della grafica e pubblicità. Successivamente sarà direttore creativo presso le più importanti agenzie internazionali ma, alla soglia dei a 35 anni, compie una svolta epocale: il ritorno ab origine con nuovi disegni realizzati nel tempo e, gelosamente custoditi.
Da questa decisione nasce nel 2004 la collezione Morir Para Vivir, una riflessione su l‘Uomo e il suo libero arbitrio, nell’esercizio della vita che ci è data e, similmente legata ai percorsi, che accomunano ciascun essere sotto lo stesso cielo. Il BENE e il MALE non sono che il riflesso dei paesaggi mutevoli dell’anima la cui parte oscura confina con un problema insolubile dell’umanità. Di fatto, la pittura di Molina inconfondibile per tecnica e visionarietà, si dispiega su una texture intrisa di suggestioni, reminiscenze alte, che ne esaltano il complessivo impianto creativo.
Nell’opera Le tentazioni di S. Antonio abate di J. Bosch, la visionarietà pittorica del grande pittore olandese è rintracciabile in talune opere di Molina. Nel quadro Spermatozoo I (matita grassa su carta collezione Predatores ) il frammento della bocca spalancata sulla chiostra dei denti, è efficace sintesi della voracità del prendere e possedere. Una fame cui l’uomo non sa dare sazietà, racchiuso come è, nella spirale di un viscerale egoismo che l’artista incisivamente rende ancor più grottesco e amaro. Concettualmente l’impianto pittorico si riallaccia alle tematiche di Fedor Dostojevskij, laddove lo scrittore con le sue creature smarrite, sprofondate negli abissi della umana inquietudine, narra l’infinito dolore di esserci, la damnatio in cui l’UOMO è caduto.
Per l’artista l’attrazione di rendere tangibile l’inquietudine nella forma, è appunto, operazione compiuta. Propriamente è questo occhio introspettivo, inteso come genialità, ad accomunare i grandi artisti di ogni epoca, in qualsivoglia, disciplina artistica essi si cimentino. Paradigmatico in tal senso, il ritratto di Merrik e il dolore del ciclo: Los Olvidados noto come l’Uomo Elefante ( matita grassa su carta - 2011 collezione privata) e fin dalla nascita affetto da una grave deformità, che Molina magistralmente ci disegna in primo piano filmico. Che dire? Lo strazio di quel volto deformato, dalle carni ruvide come sedimenti geologici, ma illuminato da uno sguardo profondo e calmo, si imprime sottilmente nella nostra memoria visiva, come toccante memento di prossimità empatica del suo terribile vissuto.
Una sottesa aura consolatoria nei lavori del pittore, ne tempera la gelida chiarezza di spirito calibrando crudezza figurativa e partecipazione emotiva. L’intuizione di uno spazio-tempo, un flash dal cielo, ad illuminare il buio interiore è un contrappunto narrativo di grande sensibilità espressiva ed umana cui ricorre, non escludendo con ciò il balsamo di una futura misericordia.
Anche nelle Collezioni Predatores e Morir Para Vivir Molina attinge ad una forma estetica, di pietas verso le vite a metà, in quanto, incapaci di scelte consapevoli e coraggiose e a cui dedica brani e versi in calce alle sue opere. "La vita che scegliamo adesso non è quella che ci fu imposta, è il dono che ci siamo concessi". Molina con queste riflessioni ci conferma il suo senso di fratellanza, il sentirsi uno e collettività. "Il fiume è come la vita dove l’acqua scorre con violenza. Puoi restare sulla sponda per non bagnarti o gettarti in acqua e nuotare"… Ancora una lucida esortazione, un volo radente sulle umane debolezze. Alla Madre Terra, sono riferiti questi versi e estrapolati dalla collezione Morir Para Vivir: … "Se qualcuno potesse sentire l’odore delle prime ore del giorno, il risveglio dei fiori, lo sbadiglio degli uccelli…". "Se qualcuno potesse vedere la profondità della selva, il vulcano ruggente"…
È un dato acclarato di multiformità artistica (Zelig è altra cosa) che il pittore, lo scrittore, il poeta, lo scultore, l’antropologo, siano scambievolmente coesistenti nella stessa persona di Molina; nella cui radice latina di appartenenza egli riconosce il proprio alchemico humus, il vigore del pensiero. Con le collezioni successive, sino ad oggi, l’asse narrativo si è irrobustito, ampliato, il tratto nei disegni è tecnicamente apicale da vero scalatore di vette. Viaggiatore instancabile, tra le mete predilette vi è la Foresta Amazzonica equadoregna. Nelle sue opere, la declinazione di questo mondo naturale che vive del suo rinnovarsi ancestrale, è così impattante da rendere pedissequa, qualsiasi puntuale descrizione. Il doppio appuntamento sanmarinese ne fa fede.
Cromatismo, dinamicità, sono i coprotagonisti di questa mostra dal vago sapore teatrale. Torero e toro in plurisecolare sfida, narrati nell’atto di danzare con la Morte. Il focus di questo tema è incentrato sulla condizione del Toro, vittima sacrificale di un malinteso senso dello spettacolo definito Arte, a cui Molina da anni coerentemente si oppone. Condividendo da uomo e artista, il diffuso senso di rifiuto delle corride. Nella mostra dedicata alla tauromachia, Molina assegna al possente, fiero animale, un ruolo primario di solenne presenza; mentre il torero, sospeso fra volteggi e pantomime gestuali di per sé coreografiche, è attore del contestuale tragico-grottesco svolgimento. Del resto, è indubbio che sia venuta meno l’esaltazione di una frusta tradizione millenaria sempre più confliggente con la sensibilità odierna. Nelle suggestive opere tematiche si rileva, tra l’altro, quanto la corrida sia l’opposto di uno spettacolo ludico. Le coscienze più sensibili e animaliste condividono questo pensiero che, l’artista, mirabilmente ci rappresenta in questa esposizione flamenca impregnata di sudore, sangue, arena.
Un fil- rouge per entrambi gli eventi fa da spartito alle ascisse intuitive, espresse nei disegni in grafite o matite colorate comprendenti le varie collezioni, significativamente diversificate dalla stessa mano del pittore madrileno e puntualmente corredate da riflessioni e contrappunti. Graffianti, le trasposizioni dal mondo visivo al mondo interiore, in progressiva e caleidoscopica raffigurazione, sino a contemplare mappe e paesaggi di una vis grottesca, calata nel lirismo, di un tessuto pittorico emotivo. I succitati testi del pittore spagnolo, sono chiave di lettura del significato e significante delle collezioni stesse e persino, degli apparenti contrasti. La scrittura, in prosa e in poesia esprime la sua sensibile versatilità nonché la autenticità della passione per l’Arte.
Interessante, la definizione amicale di una eminenza, un grande teologo e filoso spagnolo: Niceto Blazquez Fernandez da me interpellato sullo specifico artistico di Molina e da lui stesso definito: “Poeta del divino”. Un autorevole sigillo, a conferma di una personale intuizione sulla contiguità poetica-pittorica dell’artista. Tra i suoi recenti lavori spicca il Crocefisso, imponente olio su tavola ( 2mt x 1.70 h) in esposizione a Palazzo Graziani. Quanto al significato dell’opera, è il dettato di una ispirazione creativa, intimamente spirituale e profonda. Un omaggio alla memoria del padre, francescano secolare, associato altresì, al cogente bisogno interiore di cogliere l’essenza della religione nelle diverse religioni: l’Amore.
Il Cristo che fluttua in cielo è sereno, abbraccia ad occhi chiusi chi osserva, contornato da virginali donne-bambine simbolo di purezza. Immagine quindi, altra, rispetto alla iconografia cristologica. Di cui Il Cristo Sindonico di Cordoba, è esempio paradigmatico. In questa opera non compaiono chiodi, spine e lacerazioni. Il Figlio di Dio è Vivo. Precisa l’artista madrileno: …“Ho scelto questo Cristo per rappresentare le diverse religioni, perché fa parte della mia cultura, della mia formazione, però contiene al suo interno tutti i diversi Dei che rappresentano Amore, Comprensione, Misericordia, Fratellanza”… Dunque, egli con questo dipinto affronta una rivisitazione iconica, pregna di messaggi positivi supportati da un tratto stilistico di titanica e magnificente visionarietà compositiva.
Infine, anche in Sola Bella e Irraggiungibile (collezione Predatores ) si coglie un particolare afflato con la dimensione del femminile, finanche con la Madre Terra nel nesso comune di essere accoglienza, grembo, germoglio del seme che conduce alla vita: madre. Pezzi di realtà, frammisti a trasfigurazioni e per fondale, colori, paesaggi intrisi di sobria bellezza. Proiezione di un intelletto lucidamente presente nell’atto creativo. Disegni a matita grassa, su carta, o penna bic e matita colorata dipinti ad olio su tela e tavola, serigrafie punteggiano il variegato corpus espositivo.
Un filo d’Arianna espressivo –filologico si dipana fra il museale Palazzo Graziani e Valori Tattili -Fondazione Asset Banca, prestigiose sedi delle due esposizioni parimenti rappresentative di una sinergica accoglienza progettuale; volta alla più ampia fruizione e valorizzazione delle Mostre stesse. Annotiamolo: tra le antiche mura della splendida San Marino, un novello “Titano” lo spagnolo José Molina, si aggira, recando con sé il dono dell’Arte maiuscola.
Testo critico di Anna Bonanni
Dal 10 giugno al 19 luglio a San Marino le due mostre di carattere istituzionale: Veritatis Splendor: il senso dell'anima e Tauromachia y Pasión Flamenca, rispettivamente allestite presso Palazzo Graziani (dal 10 giugno al 19 luglio) e presso Valori Tattili Fondazione-Asset Banca (dal 14 giugno al 19 luglio).
Patrocini: Stato di San Marino, Valori Tattili - Fondazione Asset Banca, Oficina Cultural Embajada de España en Italia e Instituto Cervantes Italia. Le mostre sono realizzate in collaborazione con la galleria Deodato Arte di Milano.