Nella centrale e prestigiosa Cappella di Santa Maria dei Bulgari della Biblioteca comunale dell’Archiginnasio di Bologna, dal 6 febbraio all’8 marzo 2025 apre la prima e più significativa sezione della mostra antologica su più sedi dedicata a Oscar Piattella (Pesaro, 1932 – Urbino, 2023), a cura di Aldo Iori e Alberto Mazzacchera. La mostra è promossa dall’Archivio Oscar Piattella con il patrocinio di do ut do, in collaborazione con la Biblioteca dell’Archiginnasio e quali sponsor: Illumia, Inveco, PwC e Ti Style iT.
Con Oscar Piattella. I muri si presentano al pubblico (inaugurazione 5 febbraio, ore 16) otto opere di grande formato appartenenti all’omonimo ciclo di lavori (1958 – 1986) che trova una sua particolare correlazione con lo Special Program di Art City 2025 intitolato Le porte della città.
La mostra all’Archiginnasio di Bologna è il primo di tre appuntamenti espositivi pensati per valorizzare l’opera del maestro pesarese in programma nella settimana di Art City Bologna ed Arte Fiera. Sabato 8 febbraio apriranno anche le mostre Oscar Piattella. I segni del cosmo presso la sede di PwC in via Carlo Farini 12 (ore 18, solo su invito) e Oscar Piattella. Magnetismo architetturale alla Galleria Stefano Forni, in piazza Cavour 2 (ore 22:30, ingresso libero).
Il muro, attraverso le sue differenti declinazioni, contrassegna quasi ininterrottamente l’intera produzione artistica di Oscar Piattella. La forza magnetica del muro nella pittura di Piattella non è, tuttavia, elemento sufficiente a giustificare un simile attaccamento, al limite di un’apparente ossessione. Non lo è, e non potrebbe esserlo in un pittore dotto e sperimentatore come lui, sempre in equilibrio tra esigenza di radicamento nel terreno della riconoscibilità e assoluto nomadismo nelle vastità dell’invenzione. Lo spirito di ricerca in Piattella è, infatti, e rimane centrale, a qualsiasi costo.
La sua produzione è frutto di una ricerca costante, mai intermittente, sempre profonda e autentica. Indubbiamente quel “fraseggio geometrico” (come lui stesso lo definiva) che insieme alla luce è elemento centrale della sua pittura, e che si fa assoluto protagonista nella produzione ultima del secondo Millennio attraverso I segni del cosmo, è stato per Piattella l’elemento per marcare una differenza, per segnare uno stacco rispetto alla pittura informale, rispetto alla gestualità pittorica che, pure quando compare, nei suoi dipinti sottostà ad una rigorosa, ricercata visione d’insieme.
Per tale motivo, la pittura materica di Piattella non può incastrarsi in quella tracciata e suggerita a molti artisti da Nicolas De Staël (1914 – 1955), poiché in Piattella non viene mai meno la scansione delle superfici ancorata ad un potente fulcro architetturale sul quale si innesta tutta la sua produzione. E certamente non mancano le assonanze con la pittura di Jean Dubuffet (1901 – 1985), che tuttavia si limitano al ricorso a materiali non tradizionali, ad un fare pittura in modo non convenzionale, anche se in Piattella sempre controllato da una precisa ottica compositiva. Il disegno in Piattella rimane passaggio obbligato della genesi creativa.
Ciò emerge, seppure forse dapprima in maniera più istintiva che concettuale, fin dagli anni Cinquanta del Novecento, in cui l’artista inizia a produrre una serie di lavori importanti, felicemente risolti che recano le suggestioni delle superfici delle terrecotte. Proprio in quegli stessi anni Piattella condivide, in due differenti momenti, lo studio in Pesaro con Nanni Valentini (1932-1985) e con Giuliano Vangi (1931-2024) il quale lo definiva amabilmente “il mio allievo”. C’è, inoltre, il suo breve ma intenso soggiorno parigino, all’indomani della seconda guerra mondiale, dove i Muri di Parigi sono appunto opere che risuonano palesemente dei drammi materiali e ideologici del tempo. I riferimenti culturali e storici dei Muri di Piattella, la cui tematica inizia ad indagare dalla metà degli anni Cinquanta, comunque sono vasti e non restano circoscritti ai muri di difesa, la cui storia è inestricabilmente intrecciata a quella dell’umanità, almeno fino alla Prima guerra mondiale, quando lo sviluppo tecnologico applicato alle armi e ai mezzi da guerra muta gli scenari. Ad incidere fortemente sul contesto culturale del XX secolo sono, infatti, i muri politici, quelli contro le libertà, tra i quali ad occupare un posto centrale è il Muro per eccellenza: ossia quello di Berlino. Un concetto e un’idea da intendersi in senso appunto generale, topico, che l’artista esplorerà attraversando tutte le sue significazioni esemplari e storiche.
Con un sapiente uso della materia e modulazione della luce, con quel raffinato “fraseggio geometrico”, Piattella introduce l’osservatore in una dimensione indubbiamente interiore in cui l’iniziale attraversamento del muro e al contempo la sua permanenza percettiva attraverso la scansione reticolare, apre alla singola coscienza percorsi contrassegnati da molteplici pietre miliari, come tanti frammenti della memoria.
La passione per la pittura, praticata fin da quando era ragazzo, ha accompagnato Oscar Piattella in ogni momento della sua vita. Nei primi anni Cinquanta la Pittura aveva bussato alla sua porta. Infatti, giungevano a pensione nella grande casa avita in Pesaro, due giovani insegnanti, suoi coetanei e poi amici, che sarebbero divenuti i noti artisti Giuliano Vangi e Loreno Sguanci (1931-2011).
Nel dopoguerra, a Pesaro germoglia e prende corpo un gruppo di artisti tra loro in dialogo, spesso con rapporti amicali oltre che professionali. Un gruppo al quale si deve l’azione di aver dissodato il campo culturale della città trasformandolo in punto di riferimento per un territorio più vasto.
La trasformazione del linguaggio, che Piattella elabora velocemente ed in maniera molto sicura, avviene non a caso proprio negli anni giovanili, vissuti a Pesaro. Qui avrebbe stretto solidi e duraturi rapporti con Bruno Baratti, Renato Bertini, Bruno Bruni, Sandro Gallucci, Loreno Sguanci, con Nanni Valentini e Giuliano Vangi. Ma a Pesaro è pure la formidabile impronta di Arnaldo e del fratello Giò Pomodoro, che Piattella frequenta a Milano insieme a Walter Valentini. Nel mentre Pesaro emerge come un faro per l’arte contemporanea marchigiana, il territorio collinare ospita, le importanti esperienze poveriste coagulate attorno a Pier Paolo Calzolari, e all’ombra dell’Appennino cresce in Cagli lo scultore Eliseo Mattiacci, che, dopo le esperienze ed i successi romani ed internazionali, avrebbe scelto, infine, Pesaro.
Per Piattella, dunque, le frequentazioni iniziate quando ancora a Pesaro si camminava tra le macerie della guerra, avrebbero consolidato quei talenti che reclamavano spazi mentali e stimolanti confronti. La sua pittura inizialmente figurativa, incentrata su ritratti psicologicamente ben delineati, lascia spazio, già a metà degli anni Cinquanta, ad un nuovo modo di sentire. Il dipinto Case in periferia, esposto nel 1955 alla VII Quadriennale di Roma, è testimonianza di precoci intuizioni che in poco tempo lo porteranno al formidabile tema del muro, che nel volgere di pochissimi anni subisce una fulminea elaborazione, in grado di condurre alla matura serie esposta nel 1958 alla Galleria l’Ariete di Milano con l’autorevole introduzione critica di Franco Russoli.
Nel 1957 a Parigi, Piattella può confrontarsi direttamente con le esperienze dell’Informale europeo e con le nuove ricerche nel campo dell’astrattismo di artisti francesi e catalani. La suggestione di vecchi palazzi parigini, con i muri grondanti degli orrori della guerra, lo induce a nuove considerazioni sullo spazio pittorico e sulla superficie che, in tal modo, si arricchisce di nuove cromie e di proliferazioni segniche.
Nel 1958 conosce Franco Russoli, allora direttore della Pinacoteca di Brera e autorevole esponente della critica militante, che apprezza alcuni suoi lavori nello studio dell’amico fraterno Nanni Valentini a Milano. A Milano, Piattella entra in contatto con l’ambito artistico dalle forti connotazioni internazionali e stringe amicizia con Dorazio, Castellani, Cascella, Nigro, Fontana, Tancredi, Sottsass, il fotografo Ugo Mulas ed altri esponenti del panorama artistico europeo. In particolare, frequenta assiduamente Arnaldo e Giò Pomodoro, Paolo Schiavocampo, Giuseppe Spagnulo, Albert Diatò, Claudio Olivieri e Walter Valentini.
Il confronto con artisti, scrittori, poeti (quali ad esempio l’amico Yves Bonnefoy e Berand Noël), e intellettuali sarà per Piattella una costante del suo percorso sapienziale. Viene invitato a rassegne internazionali ed espone in importanti gallerie italiane ed estere, e le sue opere entrano in prestigiose collezioni pubbliche e private.
L’intensa attività di ricerca porta negli anni la sua pittura a ricevere ampi consensi sia da parte della critica più accreditata sia di un vasto pubblico internazionale. Numerose, specie negli ultimi anni, le vaste mostre antologiche in spazi istituzionali in Italia e all’estero. Dalla metà degli anni Settanta si interessa anche alla grafica d’arte e alla produzione di libri d’artista in edizioni multiple o esemplari unici.