Queste pagine vi accompagneranno alla scoperta dei libri di Ovidio Scolari sull’arte della prestigiazione: 227 volumi in diverse lingue (Italiano,Tedesco, Inglese e Francese oltre a varie riviste di settore) che alla sua morte, nel 1934, furono donati alla Biblioteca Nazionale Braidense di Milano.
State per entrare in un mondo ricco di segreti da secoli gelosamente custoditi. Da dove provengono? Forse dalla notte dei tempi. Come sono giunti sino a noi? Prima tramandati certamente anche per tradizione orale, sono poi passati di generazione in generazione proprio attraverso i libri. Pare essere un paradosso: pubblicare un segreto per nasconderlo!
La cosa diventa ancor più curiosa se si osserva che, per alcuni secoli, questi libri furono scritti a scopo divulgativo per un pubblico generico, e solo molto più tardi con fine didattico per un pubblico specializzato. Questa seconda fase coinciderà con la formazione di un mercato composto da appassionati e da dilettanti che costituiranno le prime associazioni per prestigiatori. Ciò che qui interessa è che questa trasformazione iniziò nell'epoca nella quale visse Ovidio Scolari. I suoi libri documentano proprio questa metamorfosi. Per coglierne meglio l'importanza, è utile mettere il Fondo Scolari in una prospettiva, seppur minima, con le pubblicazioni antecedenti.
Prima del Fondo Scolari
Dall’introduzione della stampa in poi, in tutte le aree linguistiche si ritrovano delle pubblicazioni che vengono classificate come “stampe popolari di carattere profano”: libretti di poche pagine, prodotti su carta scadente e tipograficamente poco curati. È in tale forma che cominciarono a circolare delle prime grossolane spiegazioni, spesso destinate ad una vendita fatta dopo un’esibizione tenuta in strada, per arrotondare i magri guadagni.
Prendendo in considerazione i manoscritti, i primi documenti da menzionare sono quelli dedicati alle cosiddette “ricreazioni matematiche” nei quali vengono proposti dei “giochi” (ludi matematici) impostati in modo da dare l’impressione di indovinare cose solamente pensate da chi vi partecipa (come nei moderni giochi di “mentalismo”). In un articolo pubblicato sulla rivista Abraxas, William Kalush, fondatore del Conjuring Arts Research Center di New York, parla dei testi che vanno dall’epoca carolingia sino al rinascimento. Quello più antico viene attribuito ad Alcuino di York (735/804) filosofo, docente e teologo britannico che Carlo Magno chiamò alla sua corte per favorire lo sviluppo della cultura nel suo impero. Con il titolo De arithmeticis propositionibus troviamo due pagine nelle quali appare il primo “ludo matematico” (datato verso la fine dell’VIII Secolo) nel quale, grazie ad una serie di operazioni aritmetiche, si giunge ad indovinare un numero che è stato solamente pensato. La più bella copia del manoscritto attribuito ad Alcuino è stata venduta pochi anni fa a New York ed acquistata dalla Università di Trieste per un milione di dollari.
Dopo aver ricordato che anche nel celebre Liber Abaci di Leonardo Fibonacci (1170/1250) sono incluse diverse “divinazioni matematiche”, Kalush parla di un foglio nel Manoscritto C 1490/91) di Leonardo da Vinci, conservato a Parigi presso la Bibliothèque de l’Insitut de France, dove appaiono due “Giochi di Partito” (di divisione) descritti con l’aggiunta di una piccola astuzia affinché il metodo non possa essere ricostruito, ovvero come se si trattasse di un gioco di prestigio. Lo storico e collezionista italiano Vanni Bossi poi ha scoperto che questo tipo di giochi apparvero per la prima volta in forma di libro nel trattato di aritmetica di Filippo Calandri del 1491.
Va ora menzionato il De Viribus Quantitatis di Fra Luca Pacioli. L’opera, la cui unica copia esistente è contenuta nel codice n. 250 della Biblioteca Universitaria di Bologna, è stata composta tra il 1496 ed i primi anni del 1500 (e rimasta inedita sino al 1997). L’amicizia che ha legato Pacioli a Leonardo ha spesso fatto ipotizzare che questi abbia in qualche modo contribuito al lavoro del Pacioli.
Il manoscritto inizia con il gioco già descritto da Alcuino nel quale si indovina un numero pensato e continua con numerosi altri (anche di carte), non sempre matematici, sino a descrivere per la prima volta quello oggi conosciuto come “Seconda Vista” nel quale una persona bendata o, come scrive Pacioli, lontana o addirittura chiusa in un’altra stanza (“stando serrato o ver lontano”) riesce ad “indivinare che carta habion toco alcuni senza vederle, quando tu per via de numeri sia convenuto con lui”. Pacioli ci offre anche la prima testimonianza di un tale tipo di esibizione nel repertorio di un prestigiatore ad opera di tal Giovanni de Jasonne di Ferrara da lui visto “in Venegia”. Questo gioco, aggiornato con genialità nella tecnica e nella esecuzione, sarà uno tra quelli di maggior successo che Robert-Houdin eseguirà, con l’aiuto del figlio Emile, nella futura Parigi dell’800.
L’indovinare cose solamente pensate sembra sia da sempre un tema privilegiato. Ne Il Serraglio degli Stupori del Mondo (1613), Tomaso Garzoni parla di un metodo “di conoscere una carta da altri imaginata” descritto nel De Subtilitate (1550) di Gerolamo Cardano. La strategia descritta da Cardano è riconducibile ad un metodo moderno ancora in uso.
Vediamo ora il primo libro interamente dedicato alla prestigiazione che ci sia giunto e che si è a lungo ritenuto fosse La Première Partie des Subtiles et Plaisants Inventions, pubblicato nel gennaio del 1584 da J. Prevost. Dell’autore si sa solo che nacque a Tolosa, ma null’altro di più preciso. Lo scopo della pubblicazione era quello di mostrare come il popolo venisse ingannato da ciarlatani ed impostori.
Pur mantenendo il primato alla Francia, recenti ricerche condotte da Daniel Rhod (2001) su segnalazione di William Kalush, hanno portato alla luce un testo anonimo curato dallo stampatore Jacques Moderne, che si ritiene antecedente al Prevost, conservato presso la Bibliothèque Mazarine di Parigi e che permette di retrodatare, probabilmente intorno al 1535, la spiegazione di alcuni giochi già apparsi nel Prevost quali: Il filo rotto e riaggiustato; Far sembrare di mangiare un coltello; Trasposizione di un anello da sotto ad un fazzoletto in un bussolotto e La riunione di due monete poste in due diversi fazzoletti.
Sempre nel 1584, pochi mesi dopo il libro di Prevost, a Londra vede la luce The Discoverie of Witchcraft di Reginald Scot, testo che si dice abbia consultato anche Shakespeare durante la stesura di Macbeth. L’obbiettivo di Scot era di fare luce su tutto ciò che veniva erroneamente considerato pratica diabolica e stregoneria, motivo per cui donne (ritenute streghe) e saltimbanchi venivano torturati e condannati a morte tra atroci sofferenze.
Scot, uomo certamente colto, non era però un prestigiatore: come poteva dunque conoscerne i segreti? Nel libro viene citato un artista francese di nome John Cautares: si suppone che sia stato proprio questi a dargli delle lezioni. Nel Discoverie ci sono solamente 22 pagine dedicate ai giochi di prestigio (libro XIII, dal cap. XXII al cap. XXXIV) ma non per questo il lavoro ed il suo contenuto sono di minore importanza né saranno di minore impatto sulla futura storia di quest’arte.
Se, oltre che dai documenti giunti concretamente sino a noi, volessimo lasciarci affascinare da quelli persi (forse per sempre), varrebbe la pena di menzionare quanto lo studioso ed eccellente prestigiatore contemporaneo David Roth ha rilevato nel Discoverie, cioè il fatto che Scot parli di un suo tentativo di prendere visione di una pubblicazione nella quale si trattava di giochi di prestigio già vecchia, allora, di 300 anni e scritta in antica lingua Sassone da tale Sir John Malborne. Scot non ebbe però a disposizione questo testo: la persona che lo possedeva glielo negò a causa delle differenti opinioni e posizioni religiose proprio sulla stregoneria e la caccia alle streghe.
Per quanto riguarda il nostro Paese, in appendice alla riedizione del 2001 di The Annals of Conjuring di Sidney Clarke, si trova una bibliografia di antiche pubblicazioni italiane a cura di Hjalmar e Thierry Depaulis, dalla quale risulta che gli autori sono riusciti ad identificare 45 libretti stampati nella penisola tra il 1520 e la metà del 1600. Tra queste opere si distacca per struttura, contenuto ed importanza, il lavoro di Horatio Galasso di Arienzo, Giochi di Carte bellissimi di regola e di memoria, che può essere considerato il primo libro dedicato soprattutto ai prestigi ed alle tecniche con carte da gioco. Pubblicato a Venezia nel 1593, una copia è conservata alla Bibliothèque Municipale di Rouen mentre un secondo e precedentemente
sconosciuto esemplare è stato ritrovato da Vanni Bossi che ne ha curato una splendida ripubblicazione nel 2001.
Di Galasso non si sa molto ma, se come gli indizi suggeriscono, si trattava di un artista girovago, questo farebbe di lui il primo professionista ad aver scritto un documento di un certo spessore su questi argomenti. Per trovare un altro libro scritto da un professionista, bisogna arrivare al 1784 quando Pinetti pubblica Divertimenti Fisici che, però, non ha per nulla la caratura del libro di Galasso. In quest’ultimo ci sono diversi capitoli dedicati a tecniche (ancora attuali) dei bari ed a giochi aritmetici che si ritrovano anche su altri lavori precedenti come il già menzionato De Viribus Quantitatis di Frà Luca Pacioli.
Nella sua introduzione alla ristampa del 2001, Vanni Bossi esprime però forti dubbi sul fatto che Galasso possa avere avuto accesso al manoscritto del Pacioli, ipotizzando invece che tali giochi fossero a quel tempo ormai di dominio pubblico. Ma ciò che ha destato maggior interesse e clamore tra i prestigiatori è stato trovare, nelle pagine di questo volume, la prima descrizione di un principio ancora oggi largamente utilizzato e tuttora conosciuto come “Si Stebbins”, pseudonimo del prestigiatore statunitense William Coffrin, che lo pubblicò nel 1898.
Queste ed altre pubblicazioni, hanno a volte molto disturbato i professionisti (come quando Henry Decremps nel suo La Magie Blanche Dévoilée, Parigi 1784, sembrava rivelare i segreti di Giuseppe Pinetti), tuttavia non hanno causato dei danni irreparabili allo stato dell’arte. Come mai? Una prima ragione è da ricercare nel modo e nel linguaggio con il quale quei libri erano scritti. Come già detto, le istruzioni fornivano una spiegazione spesso banale e grossolana che, pur apparendo verosimile, non corrispondeva al vero metodo usato dai professionisti. In tal modo si offriva un certo appagamento al curioso che trovava una spiegazione per lui sufficiente, ma difficilmente il lettore era in grado di ripetere il gioco a meno che non fosse già iniziato in tale arte, riuscendo così autonomamente a completare le parti mancanti. Bisogna però precisare che quelle descrizioni erano scadenti anche perché non esisteva ancora un lessico appropriato e si doveva forzosamente fare uso di un linguaggio comune, non specialistico. Questo fatto diventa ancor più evidente nelle spiegazioni dei giochi e delle tecniche con le carte che necessitano di una precisione e di una proprietà di linguaggio per certi aspetti ancora oggi in evoluzione.
Sebbene approssimative, queste rivelazioni incentivarono però un’evoluzione delle tecniche e delle astuzie di presentazione. Anche oggigiorno, questo fa sì che gli appassionati ed i curiosi che assistono ad uno spettacolo, possano apprezzare le differenze tra ciò che vedono e ciò che credono di sapere. In questo modo la curiosità e l’interesse per la prestigiazione vengono nuovamente alimentate, mantenendo viva questa forma d’arte anziché annichilirla.
Infine va osservato che molti segreti professionali sono di fatto rimasti tali, inediti per lungo tempo e circoscritti (anche attualmente) ad una cerchia ristretta di persone che se li comunicavano (e li comunicano) privatamente. Oltre a tutto ciò occorre poi tenere presente che i libri non sono sempre stati alla portata di tutti e, anche quando lo sono diventati, arricchendosi nei contenuti, nella chiarezza dell’esposizione e nella precisione del linguaggio, resta il fatto che essi i segreti li sanno custodire: affinché li rivelino bisogna saperci dialogare, bisogna saperli leggere, interrogare ed ascoltare. Per i segreti dei prestigiatori sono molto più insidiosi i moderni mezzi di divulgazione che privilegiano l’immagine rispetto alla “contemplazione di un testo scritto”. I filmati, oggi facilmente reperibili, offrono una gran massa di informazioni per accedere alle quali non è più nemmeno necessaria l’alfabetizzazione. Nel mondo dei prestigiatori (e forse non solo) si sta paurosamente concretizzando quanto anticipato nel racconto di Ray Bradbury, Fahrenheit 451, nel quale i libri venivano distrutti: oggetti messi al bando da una società basata solo sulle immagini che li considerava inutili o pericolosi per i troppi pensieri che potevano far nascere.
Il Fondo Scolari
Ma che cos’altro ci dicono oggi i libri del Fondo Scolari? Anzitutto, come già osservato da Vanni Bossi in una sua precedente analisi, Ovidio Scolari non era un collezionista: l’unico libro “prezioso” in tal senso è la copia di Carlo Antonio – Trésor des Jeux – Genève 1759 il cui autore, come commenta Camille Gaultier, dopo una divertente epistola dedicatoria ed una interessante introduzione, si limita a riprodurre testualmente ed integralmente tutta la dodicesima parte dell’opera di Jacques Ozanam (1640/1717) “Récréations Mathématiques et Physiques, qui contiennent plusieurs problèmes d’arithmétique, de géométrie, de musique, d’optique, de cosmographie, de mécanique, de pyrotechnie et de physique avec un traité des horloges élémentaires” (1693).
Gli altri sono, per gran parte, libri del suo tempo ma non per questo per noi meno affascinanti poiché sono la testimonianza di un particolare periodo di transizione. Come già detto, proprio in quegli anni cambia il modo di scrivere che diventa sempre più gergale e preciso (specialmente nei giochi con le carte). Per quanto riguarda gli scrittori, invece, permane il fatto che molti non sono dei prestigiatori professionisti ma semplici appassionati, a volte poco più che dilettanti.
Va però detto che, essendo ormai inseriti nel tessuto sociale del mondo dei prestigiatori, essi sono diventati sempre più specializzati e bene informati, anche grazie alle frequentazioni con importanti professionisti del settore. La collezione è molto ben aggiornata rispetto il suo tempo e questo
testimonia la competenza di Scolari che vi ha saputo rappresentare tutti i nomi importanti del suo periodo da entrambe le sponde dell’oceano. Con il metro di oggi potrebbe sembrare cosa da poco: Internet permette di raccogliere informazioni rapidamente poi, in pochi secondi, si acquista e si paga quello che si sceglie e, nel giro di pochi giorni o settimane, si ottiene la pubblicazione desiderata da qualunque parte del mondo. Tutto ciò era molto più complicato ai tempi di Scolari.
I primi libri da mettere in evidenza sono quelli di Jean Eugène Robert- Houdin (1805/1871) un maestro che, da Parigi, ha segnato un nuovo corso nella prestigiazione ed ha lasciato un segno indelebile nella sua storia. Nel Fondo troviamo il suo primo lavoro (non la prima edizione del 1858 ma quella datata 1881). Si tratta della sua autobiografia Confidences d’un Prestidigitateur. Il testo, godibilissimo, presenta uno stile avvincente, dal tono romanzesco ed affascinante sin dai primi capitoli anche grazie ad alcune invenzioni narrative (o almeno ritenute tali da autorevoli storici) come quello di Torrini, l’uomo che gli fece da maestro. Il nome ci viene detto essere lo pseudonimo nientemeno che del conte Edmondo De Grisy, un nobile francese, di professione medico che, affascinato dalle esibizioni di Pinetti, diventa lui stesso prestigiatore in competizione diretta con il celebre Italiano. Quando troverà il giovane Robert- Houdin, caduto a terra lungo una strada di campagna e sofferente per un avvelenamento alimentare, lo adotterà come un figlio anzi, come quel figlio che Torrini/De Grisy perse pochi mesi prima in un terribile incidente di scena.
Nel 1943 Jean Chavigny fu il primo a metterne in dubbio l’esistenza in quanto dalle sue ricerche non risultarono tracce genealogiche e storiche della famiglia De Grisy. Si apre così una lunga querelle nella quale l’ultimo autorevole commento è quello di Christian Fechner (2002) il quale scrive che, pur avendo per anni sperato di trovare un manifesto, un programma, un annuncio di qualche spettacolo di De Grisy, e dopo aver affinato la sua sensibilità rileggendo e studiando il lavoro di Robert-Houdin, è giunto alla conclusione che questo personaggio risponde all’esigenza dell’autore di darsi un maestro degno di sé come non avrebbero potuto esserlo l’umile pedicure, giocoliere e, sembra, prestigiatore Maous di Blois o il pur generoso M. David di Bordeaux, personaggi che non avrebbero potuto sedurre il pubblico tanto quanto il romantico e al contempo tragico Torrini.
In seguito (1861) Robert-Houdin scriverà un libro sulle tecniche dei bari: L'Art de Gagner à Tous les Jeux: Tricheries des Grecs Dévoilées (Nella collezione Scolari l’edizione Inglese, Card Sharpers del 1891).
I prestigiatori si sono spesso interessati a questo tema, non per motivi illeciti ma perché le tecniche con le carte utilizzate dai bari sono, per certi aspetti, molto più raffinate di quelle dei prestigiatori. Questi sono anche molto attratti alle strategie di gestione dell’attenzione che, nel caso dei bari, devono essere tanto efficaci quanto impercettibili al livello cosciente. Molto avvincente nel titolo, questo libro di solito non entusiasma molto i conoscitori, i quali hanno espresso il dubbio che Robert-Houdin abbia scritto sulla base di informazioni ottenute per “sentito dire” piuttosto che per una reale e personale frequentazione dell’ambiente sotterraneo del gioco d’azzardo.
Dieci anni dopo “Les Confidences”, nel 1868, Robert-Houdin scrive invece un testo più specialistico, da prestigiatore e di ben altra caratura: Les Secrets de la Prestidigitation et de la Magie. La sezione dedicata alle carte da gioco è stata più volte oggetto di studio accurato negli incontri di San Lorenzo del Escorial da parte del gruppo della Escuela Magica de Madrid: Juan Tamariz, anima di questa “Scuola” di stile, tendenza e pensiero artistico, ha fatto più volte notare come i “principi strutturali” del gioco di prestigio, che solo molto più tardi saranno identificati, nominati e codificati da un altro maestro spagnolo, Arturo de Ascanio y Navaz, sono già tutti presenti nelle descrizioni pratiche di Robert-Houdin, dalle quali appare anche chiaro come esse nascano dalla sua diretta esperienza professionale.
Si è già anticipato come l’orientamento alla didattica cambierà il modo di scrivere in questo settore. Questa tendenza si materializza in modo particolare nella figura di un avvocato penalista londinese (dunque ancora una volta un dilettante) Angelo John Lewis (1839/1919) che, con lo pseudonimo di Professor Hoffman, cominciò, nel 1873, a spiegare giochi di prestigio su di una rivista per ragazzi, il Routledge’s every boy’s annual. Le polemiche per un tale tipo di divulgazione non mancarono ma non impedirono al Prof. Hoffmann di diventare col tempo uno scrittore di primo piano. Il suo primo libro ufficiale, Modern Magic, pubblicato nel 1876, ne decretò subito il successo. Oltre a questo, della stessa serie, nel Fondo Scolari troviamo: More Magic, Later Magic e Latest Magic. Sconcertati dalle prime pubblicazioni di Hoffmann, molti pensarono che l’epoca d’oro della prestigiazione fosse terminata: essa era invece al suo inizio.
Nel 1877 Edwin T. Sachs (????/1910), giornalista sportivo della testata The Field (ancora una volta un dilettante) pubblica Sleight Of Hand, altro libro destinato a diventare un classico di questo tipo di editoria. Secondo lo storico Sidney Clarke, queste pubblicazioni, le prime redatte con precisione e competenza in Inghilterra, crearono le condizioni utili e necessarie al professionista Charles Bertram (1853/1907) per rivalutare la prestigiazione nella considerazione del pubblico: la passione colse anche il figlio della Regina Vittoria, che diventerà Re Edoardo VII nel 1901 e che Bertram frequentò per 20 anni.
Il Fondo Scolari riserva anche il piacere di ritrovare l’autobiografia di Charles Bertram intitolata Isn’t it wonderful? (frase da lui usata come “tormentone” per chiudere le sue presentazioni). Il libro fu pubblicato nel 1896 (nel Fondo è presente l’edizione con copertina morbida del 1899). Criticato per lo stile di scrittura e per il fatto che, pur essendo diretto al pubblico generico rivelasse, ancora una volta, alcuni segreti professionali, oggi è diventato un importante pezzo da collezione tanto per le belle illustrazioni di artisti tardo vittoriani che (per i più appassionati) per le notizie biografiche (pur poche) sul misterioso Charlier. Questi era un bravissimo artista con le carte, probabilmente un baro, e le cui origini non sono certe (c’è chi dice francesi, chi russe). Di Charlier ci sono arrivati solo il nome (come in una leggenda) e poche tecniche pubblicate dal già menzionato Hoffmann che, per primo, lo citò in una nota a piè pagina della sua traduzione del libro di Robert-Houdin The Secrets of Conjuring and Magic (1878). La descrizione di Charlier fornita nel libro di Charles Bertram ha però permesso a Bernard F. Gribbe di ricostruirne le fattezze in un identikit che è l’unica sua immagine giuntaci.
Più tardi, pur non essendone l’autore, Charles Bertram offrirà un importantissimo contributo alla realizzazione di un altro libro di cui scriverà la prefazione e che sarà il primo a “far vedere” i giochi anziché solamente descriverli: The Modern Conjurer and Drawing- Room Entertainer di Charles Neil Lang. Questo volume era, per la prima volta, arricchito da molte fotografie che non si limitavano solo a mettere in evidenza la posizione delle mani nelle manipolazioni descritte, ma mostravano le posture e l’uso del corpo nell’azione di svolgere il gioco. Tra i grandi artisti che vi collaborarono ricordiamo: Charles Bertram, John Nevil Maskeline, T. Nelson Down, Felicien Trewey, Ellis Stanyon, Paul Valadon e Mademoiselle Patrice.
Pubblicato nello stesso anno (1902) in America e in Gran Bretagna (sebbene l’edizione Inglese porti la data del 1903) rimane uno dei più belli ed importanti manuali mai pubblicati.
Rimaniamo a Londra per fare la conoscenza di un autore ed editore veramente prolifico e che fu in stretto contatto con Ovidio Scolari: si tratta di Will Goldston, del quale si contano ben 19 titoli in questa collezione. Un’attività così intensa è dovuta al fatto che, questa volta, ci troviamo di fronte ad uno scrittore ed editore professionista. Goldston era anche un commerciante di articoli per prestigiatori anzi, secondo lo storico Edwin A. Dawes, il più influente “dealer” Britannico. A proposito di tale abbondante produzione, dalla breve biografia redatta da Dawes veniamo a sapere che, avendo venduto a Gamage’s (i grandi magazzini in Holborn, Londra) la sua attività e la testata della rivista The Magician Monthly (che però continuerà ad editare), ed essendo stato assunto come manager di Gamage’s per continuare a curare proprio questo loro nuovo settore editoriale, Goldston ebbe a disposizione risorse e serenità per una grande quantità di pubblicazioni. Tra i suoi libri presenti nel Fondo, merita particolare attenzione Exclusive Magical Secrets (1912) che, da scaltro uomo di marketing, l’autore fornì di un lucchetto (per preservarne i segreti) e per avere il quale l’acquirente doveva firmare un impegno alla segretezza. Ma, oltre che scaltro, sembra che Goldston fosse anche stato piuttosto spregiudicato: pare infatti che il libro riportasse, senza autorizzazione, segreti di quotati professionisti dell’epoca. Qui si trovano anche descritti giochi dell’Italiano Frizzo (Enrico Longone) che ebbe un notevole e documentato successo in giro per il mondo. Nella raccolta di Scolari non mancano anche i successivi libri di quella che fu una vera e propria serie: More Exclusive Magical Secrets e Further Exclusive Magical Secrets.
Vediamo ora nuovamente un volume che rimanda al mondo dei bari: si tratta di Sharps and Flats di John Nevil Maskeline, professionista di grande ed indiscusso prestigio. Considerato un classico in questo tipo di letteratura, pubblicato nel 1894, il libro ebbe un tale successo che venne nuovamente ristampato solo otto mesi dopo (nel Fondo Scolari è presente questa seconda edizione). La prima immagine nel libro illustra una scena che si racconta avvenuta nel 1888, nella quale un uomo viene bloccato da tre altri giocatori i quali gli scoprono addosso uno strano marchingegno: un “ferro” che gli fuoriesce dalla manica e che ha una specie di pinza per tenere delle carte. L’uomo si chiama Kepplinger ed il meccanismo illustrato verrà da ora in poi chiamato “Kepplinger Holdout”. Maskeline non poteva saperlo, ma questo “ferro” non era una novità assoluta. Nel 1543, in Italia, Pietro Aretino scrisse Le Carte Parlanti dove in un dialogo di fantasia tra le carte ed il Padovano si legge: Carte: Bastisi d’intendere che un di Spagna portava dentro al braccio stanco (il braccio sinistro – ndt) un ferro iscommesso e, nel pigliarci in mano, ci si recava in la palma per lo lungo e, posando giuso il gombito (il gomito – ndt), spingeva fuora la carta che gli veniva in taglio, respingendo la cattiva ne lo artifizio incognito con una destrezza veramente da lana ispagnuola (con una destrezza raffinata come l’apprezzatissima lana di Merino prodotta dagli Spagnoli - ndt).
A proposito: la scena precedentemente descritta nella quale Kepplinger veniva sorpreso con tale marchingegno non si è per lui conclusa in malo modo. Maskeline racconta che gli altri giocatori (anch’essi dei bari) si risolsero a lasciarlo senza fargli alcun danno purché costruisse per ciascuno di loro lo stesso apparato ed insegnasse loro ad usarlo.
Procedendo ora nei libri del Fondo troviamo un ulteriore segno del cambiamento che sta avendo luogo nel mondo dei prestigiatori: nel 1911 viene pubblicato a Londra il primo testo che, invece di fungere da semplice manuale, si prefigge lo scopo di definire una teoria della prestigiazione. Si tratta di Our Magic, scritto da Nevil Maskeline e David Devant. Il testo è articolato in tre parti le prime due, curate da Maskeline, si suddividono in The Art in Magic e The Theory of Magic, e risultano essere la sintesi di un lavoro iniziato con la pubblicazione di una serie di articoli apparsi in The Magic Circular; la terza è The Practice of Magic, scritta da Devant, che ci da testimonianza della sua esperienza di professionista di successo.
Nel 1900, nella capitale britannica viene pubblicato anche il libro dell’Americano T. Nelson Downs (1867/1938), uno dei più grandi manipolatori di monete di tutti i tempi. Il libro, che si intitola Modern Coin Manipulation, viene in realtà scritto da William J. Hilliar (1876/1936) che più tardi (1902) andrà negli Stati Uniti dove fonderà The Sphinx, importante e famosa rivista di settore dal 1902 al 1953.
Come si è sin qui visto, il Fondo Scolari rappresenta molto bene come, alla fine dell’800, il baricentro dell’editoria si spostò dalla Francia alla Gran Bretagna. Prima però di attraversare l’Atlantico verso gli Stati Uniti, per vederne la produzione editoriale, occorre ricordare che, nuovamente in Francia, nel 1914, viene pubblicato La Prestidigitation sans Appareils di Camille Gaultier (1872/1943): ancora una volta un’opera importante dalla penna di un amatore, dottore in diritto e prestigiatore dilettante. L’impostazione del libro è chiara sin dal suo titolo: Gaultier traccia di fatto un “distinguo” tuttora esistente tra coloro che, senza trascurare i complessi aspetti dell’arte (quali la necessaria sensibilità umana e psicologica e la pure indispensabile teatralità della presentazione), fondano il lavoro del prestigiatore principalmente sulla raffinatezza della manipolazione e coloro che “riposano” eccessivamente sulla meccanica delle apparecchiature, sul sex-appeal delle assistenti o su vistosi giochi di luce (un po’ come quei cuochi che mascherano con abbondanza di salse una cucina mediocre). A tutt’oggi, la comunicazione tra queste due categorie di prestigiatori è ricca di incomprensioni reciproche.
Tra gli altri autori europei presenti nel Fondo ricordiamo il tedesco Conradi il quale fu però soprattutto un produttore e commerciante di giochi di prestigio, ed Ottokar Fischer che, più tardi, avrà il merito di scrivere importanti libri che faranno conoscere un grande maestro austriaco: Johann Nepomuk Hofzinser (180/1875). Per quanto riguarda l’Italia spiccano come pezzi da collezione Frizzi Mefistofelici del prestigiatore milanese Enrico Longone, in arte Frizzo (1852/1894) e Confidenze di un Prestigiatore del siciliano Romanoff (1891/1968).
Guardiamo ora agli Stati Uniti. Qui, la prima opera di un certo peso presente nel Fondo è senza dubbio New Era Card Tricks (1897) di August Roterberg (1867/1928). Nella sua prefazione alla ristampa del 2004, Stephen Minch annota come caratteristica di questo ottimo lavoro il fatto che esso sia stato il primo pubblicato specificamente per i prestigiatori; inoltre, per quanto riguarda i giochi e le tecniche con le carte, fa notare che il volume è ricco di idee che proietteranno la prestigiazione di stile Vittoriano nel XX secolo. Poco tempo dopo, nel 1902, a Chicago vede la luce un altro lavoro che diventerà con gli anni un mito e che, nella prestigiazione con le carte, farà da spartiacque tra lo stile della scuola antica e quella moderna. Sulla costola del libro si legge The Expert at The Card Table mentre nel frontespizio il titolo diventa Artifice Ruse and Subterfuge at the Card Table. A Treatise on the Science and Art of Manipulating Cards di S. W. Erdnase. La prima edizione fu pubblicata in proprio dall’autore, mentre nella collezione di Scolari troviamo la seconda edizione, pubblicata a Chicago da Drake nel 1905.
Ma chi era Erdnase? Si dice fosse un baro “riformato” ma, pur avendo a lungo insistito con l’editore Frederick J. Drake per avere informazioni, il prestigiatore John C. Sprong venne solo a sapere che questo nome era uno pseudonimo che andava letto al contrario. A tutt’oggi l’unica cosa certa sull’autore è che questi doveva chiamarsi E. S. Andrews. Nemmeno Marshall D. Smith, l’uomo che illustrò il libro e che incontrò personalmente Erdnase, rintracciato anni dopo da Martin Gardner, fu in grado di fornire alcuna informazione utile a chiarire il mistero. Per anni il libro venne trascurato dai prestigiatori che lo consideravano molto difficile da leggere, anzi, incomprensibile. Intanto ad Ottawa (Canada), un ragazzino di otto anni ne acquista una copia per 25 centesimi: il testo diventerà la sua bibbia. Lo leggerà, lo studierà, ne imparerà le spiegazioni a memoria. Quando, nel 1915, David Frederick Wingfield Verner (1894/1992) giungerà a New York sorprenderà tutti i più grandi prestigiatori del tempo grazie ad Erdnase.
Quel ragazzino diventerà Dai Vernon, uno dei maggiori esperti al mondo con le carte e tra i più significativi prestigiatori del ‘900.
Tra gli altri libri statunitensi presenti nel Fondo troviamo nuovamente T. Nelson Downs, il re delle monete che, dopo aver pubblicato a Londra il già citato Modern Coin Manipulation, dà alle stampe The Art of Magic, questa volta scritto in realtà da John Northern Hilliard (1872-1935). Nel libro appare la spiegazione di “The Sympathetic Coins” (assemblea di monete) in una delle sue prime versioni attribuita a Yank Hoe che, nonostante il nome esotico, era un prestigiatore Italiano. Vanno poi ricordati i lavori di Henry Ridgely Evans, storico molto stimato, Okito e Walter Gibson. Ci sono poi libri scritti da artisti allora molto noti al cosiddetto “grande pubblico”, come Harry Blackstone ed Howard Thurston, i quali però non hanno avuto per il progresso dell’arte della prestigiazione l’influenza di altri testi qui menzionati.
Fanno parte del Fondo Scolari anche alcune pubblicazioni di un’altra firma molto famosa, questa volta nota anche al pubblico odierno: Harry Houdini (1874/1926), un uomo con una personalità complessa che gli ha fatto da spinta per imporre il suo nome e la sua immagine in tutti i modi possibili, come nessuna altro prima di lui ha saputo fare. Cominciò come prestigiatore ma raggiunse la fama come “re delle evasioni”, ovvero escapologista: esiste una differenza tra i due ruoli e non vanno confusi. Ciò in cui Houdini eccelleva è una specialità più vicina al clamore dell’acrobazia (allo “Stunt” come dicono gli Statunitensi) sebbene egli abbia sempre ambito ad essere considerato un raffinato prestigiatore e manipolatore di carte dai suoi colleghi. Jim Steimeyer (colui che ha di fatto progettato e realizzato il celeberrimo gioco de La Sparizione della Statua della Libertà di David Copperfield) scrive: “Houdini era un prestigiatore frustrato. Un successo nel proprio campo delle evasioni, desiderava presentare uno spettacolo di magia più tradizionale ed essere accettato come un prestigiatore di prima categoria. Di fatto, Houdini non era adatto al ruolo di prestigiatore: la sua caratteristica personalità provocatoria lasciava poco spazio alla necessaria finezza”.
Nella prefazione di Elliott's Last Legacy (1923), dedicato al Dr. Elliott che era stimato (con ragione!) uno straordinario manipolatore e conoscitore di tecniche con le carte, Houdini, che ne era l’editore, non perse l’opportunità di auto elogiarsi equiparandosi al Dr. Elliott sebbene, a differenza di questi, Houdini non fece mai parte di quel ristrettissimo gruppo di esperti formatosi attorno a Dai Vernon nella New York degli anni ’20. Tra gli altri libri di Houdini presenti nel Fondo, merita una menzione The Unmasking of Robert-Houdin (1908). Con questo lavoro, Houdini, che aveva in origine assunto questo pseudonimo proprio in onore di Robert-Houdin, da lui fortemente idealizzato, ora lo rinnega e lo “smaschera” come impostore. Cosa era accaduto? Come ci racconta l’importante scrittore Jean Hugard, avendo Houdini raggiunto una notevole notorietà nel mondo dello spettacolo anche in Europa, volle fare visita alla vedova di Robert-Houdin e, presentandosi con esuberante giovanile irruenza, consegnò al domestico che gli aprì la porta il suo biglietto da visita, annunciandosi semplicemente come “Houdini”. Dopo aver portato il biglietto alla Signora il domestico ritornò per dirgli che non si sapeva chi egli fosse e pertanto non veniva ricevuto. Sembra dunque che la frustrazione generata da questo rifiuto non si sia potuta elaborare se non con un attacco distruttivo alla figura del grande maestro parigino prima idealizzato.
Il libro è ricco di immagini e di documenti che testimoniano la ricchezza della collezione personale di Houdini ma, secondo molti studiosi, dimostra anche la sua incapacità di darne una corretta lettura storica, distorta proprio dall’uso strumentale che ne stava facendo. Frederick Eugene Powell, decano dei prestigiatori americani, in un suo articolo apparso in The Sphinx nel novembre del 1927, racconta di una sua conversazione con Houdini al termine della quale, più maturo negli anni, questi concluderà dicendo “Avrei dovuto pubblicare il mio libro semplicemente come una Storia della Magia”. Per molti aspetti ingiusto, “The Unmasking” è stato oggetto di svariate polemiche, ed anche in questa piccola relazione, volenti o nolenti, stiamo ancora una volta perpetuando un gioco che fa ripetere all’infinito il nome del suo autore, mettendo in ombra artisti come Hofzinser, Ascanio, Dai Vernon e tanti altri ancora che hanno posto, con umiltà e vera sapienza, le basi per l’avanzamento e la crescita dell’Arte delle Meraviglie.
Testo di Aurelio Paviato Vigevano, 14 Aprile 2009
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