L'Italia senza la Sicilia non lascia alcuna immagine nello spirito. Qui soltanto è la chiave di tutto.
(J.W.Goethe, Viaggio in Italia)

Stando a quel che scrive Auguste Creuzé de Lesser, celebre drammaturgo e librettista francese vissuto a cavallo tra la fine del Settecento e l’inizio del secolo successivo, l’Europa del tempo finiva a Napoli, dopodiché veniva l’Africa [1]. E in effetti, rispetto all’avvio del cosiddetto Grand Tour [2], la Sicilia verrà scoperta tardi.

Quello siciliano è stato nel corso dei secoli un territorio costantemente visitato, non fosse altro che per la sua posizione di centralità nel Mediterraneo [3]. Tuttavia, fino quasi agli ultimi anni del Settecento, appariva come la meta causale di un viaggio e non una meta privilegiata. Le ragioni di una tale svalutazione erano probabilmente di carattere psicologico, poiché la Sicilia appariva forse come una terra misteriosa e incapace di fornire adeguata sicurezza ai viaggiatori. Non meno importanti erano le motivazioni di carattere logistico, in quanto la Sicilia era isolata all’interno del reticolato di trasporti dell’area del Mediterraneo. Gli approdi erano pochi, la sicurezza interna lasciava a desiderare, mentre la ricettività era di scarsissimo livello qualitativo se paragonata a quella offerta da altre regioni italiane del Centro-Nord. Determinante, oltre a ciò, era anche la scarsità di notizie provenienti da questa realtà periferica, e soprattutto la natura di quelle poche che si avevano, le quali non erano tali da incoraggiare un viaggio che così si preannunciava per tutti pieno di incognite.

Tuttavia, allo spirare del Settecento, questa tendenza verrà completamente ribaltata. Due gli eventi che concorreranno più di qualsiasi altra cosa a mutare questa opinione, inserendo la Sicilia nell’itinerario del Grand Tour: l’apertura al pubblico degli scavi di Ercolano e Pompei – fatto che ebbe straordinaria risonanza europea – e l’attività dello studioso tedesco Joachim Winckelman, prefetto delle antichità di Roma e autore nel 1754 del fortunato saggio La Storia dell’Arte dell’Antichità. Queste due circostanze infusero alla gioventù europea la passione per la grecità, e per la grandezza dei monumenti antichi italiani. Ma dov’erano la patria della grecità e la ricchezza delle sue vestigia se non in Sicilia?

La Sicilia entra così nel novero delle mete imprescindibili del Grand Tour, sebbene nel corso del Settecento il viaggio in quest’isola è mosso da una fortissima vocazione culturale, mentre nell’Ottocento la componente misteriosa, della terra incognita, mitica, orrida prende il sopravvento su quella intellettuale.

Ed è quest’ultima la componente maggiore che porterà illustri viaggiatori italiani e stranieri ad attraversare la Sicilia. Le loro esperienze di viaggio vengono convertite in opere dove la curiosità si esibisce spesso in forma letteraria, offrendo al lettore notizie sulle cose viste e le esperienze compiute, esposte in modo vario, ora superficiale o romanzato, ora rigoroso ed esauriente, ma attribuendo al vissuto del viaggio un forte significato etico e pedagogico. La Sicilia, prima così trascurata o addirittura malvista, di colpo si trova a essere un approdo facondo per scrittori, poeti, pittori, studiosi che hanno lasciato pagine di grande suggestione e hanno contribuito a renderne immortale il senso della classicità.

Note:
[1] Cfr. Auguste Creuzé de Lesser, Voyage en Italie et en Sicile, fait en 1801 et 1802, Paris, 1806.
[2] Con questa definizione di origine inglese venne generalmente indicato il viaggio di istruzione, intrapreso dai rampolli delle famiglie benestanti di tutta Europa, che aveva come scopo la formazione attraverso l’esercizio del confronto con altre culture. Il termine tour, che sostituisce quello di travel, o journey, o del francese voyage, rende palese come la moda di questo viaggio si caratterizzi in un ‘giro’ – spesso particolarmente lungo e ampio e senza soluzione di continuità, con partenza e arrivo nello stesso luogo – che può attraversare anche i paesi continentali (Olanda, Francia, Svizzera, Sud d’Europa), ma che ha come traguardo irrinunciabile l'Italia, meta prediletta di un vero e proprio pellegrinaggio culturale. Il Grand Tour attraverso i paesi europei e culminante con la visita del nostro paese è quindi la perfetta simbiosi della tradizione gotica del vers sacrum, inteso come viaggio a tappe necessario al giovane per raggiungere l’età adulta dopo una graduale esperienza nobiliare o religiosa, e la tradizione laica della peregrinatio accademica, intesa come necessario studio del giovane nei più importanti centri di cultura europea.
[3] A tal proposito è utile ricordare i tre volumi curati da Salvo Di Matteo e pubblicati con il titolo Viaggiatori stranieri in Sicilia dagli arabi alla seconda metà del XX° secolo , ISSPE, 2000, i quali delineano il profilo di 500 diversi celebri viaggiatori che hanno attraversato in varie epoca la Sicilia.