Con Surfaces et Correspondances, Lorenzelli Arte è lieta di presentare l'incontro tra due grandi esponenti dell’arte contemporanea, Enrico Castellani e Lee Ufan, apparentemente distanti per gli ambiti culturali in cui si formano e per i differenti percorsi, ma sostanzialmente accomunati da grande rigore concettuale e teorico e dal linguaggio rarefatto e sintetico delle loro opere che ne amplia ed espande l'energia attraverso la variabilità e la modularità della composizione.
La rassegna, curata da Matteo Lorenzelli e Federico Sardella, realizzata con la collaborazione degli artisti e della Fondazione Enrico Castellani presenta, distribuite nelle tre sale della galleria, una decina di opere per entrambi gli autori, realizzate a partire dagli anni '60 sino ad oggi.
La mostra rientra nel progetto Arte Milano che, in occasione di Expo 2015, riunisce cinque tra le più significative gallerie milanesi e due storiche Fondazioni, tutte attive a livello internazionale.
Patrocinata dal Comune di Milano, Arte Milano ricalca il tracciato dell’iniziativa che risale al 1971, quando sette gallerie milanesi diedero vita all’omonima rivista con lo scopo di creare una piattaforma di discussione e di informazione sui temi dell’arte nazionale e internazionale.
Oggi come allora, sette gallerie - Lorenzelli Arte, Galleria Milano, Galleria Blu, Galleria Tonelli/Studio La Città, Studio Giangaleazzo Visconti, Fondazione Marconi e Fondazione Mudima - offriranno un ricco calendario espositivo e la rinata pubblicazione Arte Milano, distribuita gratuitamente in Italia e all’estero, con l’intento di ribadire il ruolo centrale di Milano nella promozione culturale e artistica contemporanea.
Enrico Castellani e Lee Ufan fanno entrambi parte della storia espositiva di Lorenzelli Arte già dal marzo 1986, data della prima mostra dedicata all’opera di Castellani, poi seguita nel 1991 dalle due personali degli artisti e quindi di nuovo nel maggio del 1997 da quella di Ufan. Tutte le rassegne sono state documentate dai cataloghi editi in ciascuna occasione, con testi di Gillo Dorfles, Walter Guadagnini e Adachiara Zevi per Castellani e di Flaminio Gualdoni e Tommaso Trini per Ufan.
Nel momento in cui la città di Milano ospita Expo 2015 e diviene una ribalta mondiale per i temi a esso connessi, Matteo Lorenzelli ha scelto di affiancare le voci di due fra i più importanti artisti della contemporaneità, la cui fama internazionale è motivata da una ricerca lucida e coerente che origina nei primi anni Sessanta e perdura fino ad oggi e che ha portato le loro opere a essere presenti nelle collezioni permanenti dei principali musei del mondo.
I due artisti si formano in contesti culturali lontani: l’Italia e il Belgio per Castellani, la Corea e il Giappone per Lee Ufan. Seguono inoltre strade diverse e appaiono sulla scena dell’arte con uno scarto di una decina d’anni l’uno dall’altro. Tuttavia i due percorsi sono presto accomunati da affinità e corrispondenze, come testimoniano le lievi e progressive variazioni di modulazione della superficie pittorica, in una ricerca comune che fonde l’attenzione alla percezione visiva con la stimolazione creativa del pensiero.
I loro dipinti sono animati da bagliori e da ombre, da ritmi e strutture (lo vediamo nella straordinaria Superficie Bianca di Enrico Castellani del 1976 di 208x285 cm o in quella del 1967 di 180x180 cm), da ostinati dialoghi tra pieno e vuoto e da vibrazioni del segno pittorico (come nelle grandi tele di Lee Ufan della serie With Winds del 1991), e si rapportano attivamente con lo spazio che le ospita e con l’osservatore. La monocromia variata dagli intervalli temporali e spaziali di Castellani e gli sfondi bianchi di Lee Ufan in cui galleggiano le sue pennellate meditative e rigorose, offrono a chi guarda l’occasione di un incontro e di uno scambio tra spazio dentro e fuori dall’opera, tra realtà fisica e tridimensionale dei lavori, come avviene nelle sculture intitolate Relatum di Lee Ufan o nelle superfici a rilievo di Castellani: immagini evidenti del bisogno di assoluto che anima il procedere di entrambi. In questa espansione tra identità e alterità, tra sé e non-sé, tra struttura e movimento ritmico, sta la felice e fortunata imprevedibilità dell’incontro tra Enrico Castellani e Lee Ufan, oltre all’occasione unica di un invito per lo spettatore a immergersi con uno sguardo mai passivo in uno spazio aperto all’infinito del dialogo e alla profondità della mente.