La bocca parla di se stessa all’occhio.
La leggerezza che viene non dall’essere in grado,
ma dal non poter fare a meno.
Le rovine
I coralli
I capelli
La caduta sono io / una terza persona femminile singolare / un evento.
La mostra di Enrico David si compone di opere che evidenziano una stretta connessione, un naturale dialogo tra linguaggio pittorico e scultoreo, anche grazie alla modalità con cui vengono allestite nello spazio.
Un grande dipinto che lambisce il soffitto, distaccato dal muro, è sorretto da due strutture metalliche verticali: costituisce un fondale per le “unfinished figures” della parte piu propriamente scultorea della mostra. Una di esse è sospesa a soffitto, sorretta da cavi, fluttuante nello spazio quasi a negare il suo peso specifico. La palette è costituita da colori fangosi – forse muffe – la forma sembra cercare di descrivere i resti o forse i preamboli di un corpo. La testa, inarcata all’indietro, si prolunga in indistinti filamenti tendinei, a descrivere fasci di nervi, tendini, tessuto fibroso. Un’altra scultura si erge dal suolo in forma di altorilievo e racchiude una figura descritta in un reticolo da cui cerca di liberarsi. L’oggetto veste l’ambiguità di un disegno, di un graffito inciso su una struttura creata appositamente ad imitare un pezzo di maceria o una rovina, tentativo di evocare un supporto con una sua qualità formale legata and un suo possibile uso passato.
Due sculture sono rivestite in gesmonite, un materiale con cui l’artista inizia a sperimentare nel 2014, più duro del gesso e di peso nella sua sostanza, ma che può essere levigato dipinto e “trattato” con grande flessibilità, e questo ben si attaglia all’idea trasformativa delle forme di David.
La mise-en-scène della mostra realizzata per la Collezione Maramotti non ha una narrativa esplicita, ma dal modo in cui le opere esistono in funzione reciproca e si confrontano con lo spazio, emerge un contesto narrabile allo spettatore.
Nelle opere di Enrico David l’impermanenza dell’immagine è uno stato di passaggio tra scomparsa e ri-apparizione della forma.
La corporeità è sempre presente nel suo lavoro, anche quando appare negata nella sua finitezza formale. Le figure collassano, si trasformano o si moltiplicano, sono paradigmi di caduta e rinascita. La sua ricerca è improntata ad una riflessione costante sulla frammentarietà, ad una lotta tra tensioni divergenti.
La trasformazione nel disordine, generata da una gamma di stati psichici e fisici, è una condizione che l’artista sente ed esperisce con urgenza espressiva. Lo stesso David descrive i suoi lavori “sull’orlo di non essere pronti a nascere” e li definisce, nel processo, “dispersioni erranti del fluire inconscio”.
Enrico David lavora con la pittura, la scultura e l’installazione, impiegando talvolta tecniche artigianali tradizionali. Il disegno è un elemento di primaria importanza, punto di partenza per la creazione di opere e come opera in sé. La stessa varietà dei media utilizzati può essere ritrovata anche nei soggetti dei suoi lavori che derivano da molteplici fonti ed esprimono un’ampia gamma di complessi stati emozionali. L’immaginario di David attinge all’artigianato, all’arte popolare e al design del XIX secolo, così come alla pubblicità, alla moda e alla storia dell’arte (dal surrealismo all’espressionismo, dall’art déco alla tradizione figurale giapponese). Le ragioni le spiega lo stesso artista: “Il mio lavoro non ha mai seguito una traiettoria metodologica uniforme, perché io penso che siamo tutti un po’ sempre in lotta, cercando di venire a patti con la nostra natura frammentata, contradditoria. Ma trovo che l’incontro tra queste diverse materie, fra queste diverse forme di espressione, sia una sorta di traduzione di quella discontinuità”.
Enrico David (nato ad Ancona nel 1966) vive e lavora a Londra e Berlino.Tra le personali più recenti: Micheal Werner Gallery, New York (2014, 2012); UCLA Hammer Museum, Los Angeles (2013); New Museum, New York (2012); Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia (2011); Museum Für Gegenwartskunst, Basel (2009).
David ha preso parte anche a numerose mostre collettive presentate da prestigiose istituzioni internazionali, tra cui Walker Art Center, Liverpool; CAPC Bourdeaux; Museum Ludwig, Köln; Tate Britain, London; Museum of Contemporary Art, Chicago; Van Abbemuseum, Eindhoven.
Nel 2009 è tra i finalisti del Turner Prize. Nel 2003 e nel 2013 le sue opere sono esposte alla Biennale di Venezia, edizioni curate rispettivamente da Francesco Bonami (Sogni e Conflitti) e da Massimiliano Gioni (Il Palazzo Enciclopedico).