Il tema della mostra ruota sul concetto di simbolo e su un certo tipo di estetica adottato o riconducibile ad un preciso periodo storico legato ad un movimento politico o ideologico. Il simbolo, capace di evocare una relazione tra un oggetto concreto e un’immagine mentale, è, in questo contesto, alla base di due modi di espressione: quello della retorica fascista e quello dell’arte del dopoguerra. Il fascismo fece largo uso della simbologia romana imperiale per rifarsi ad un passato glorioso.
Nel dopoguerra invece, l’opera non è un processo di emblematizzazione, ma presuppone piuttosto una presa diretta del vivere che è già nella psicologia collettiva, un pulsare frammentato di segni, stereotipi, slogan, incapaci di utilizzare il simbolo seriamente.
Sono esposte opere di Franco Angeli, Tano Festa, Mario Schifano, insieme ad una foto di Pier Paolo Pasolini, opera di Dino Pedriali e alcuni “libri-oggetto”( Mirella Bentivoglio, Emilio Isgrò e Arturo Martini).
Festa, Schifano e Angeli hanno in comune le stesse radici, cresciuti in un’Italia che faticosamente esce fuori dalle macerie della seconda guerra mondiale, raccontano il loro vissuto con una concretezza immateriale, con l’atto della pittura piuttosto che attraverso una continuità percettiva fatta di immagini simboliche.