Sadie Coles HQ presenta la prima mostra personale di Urs Fischer a Napoli come parte di una residenza di un mese presso la galleria T293. Con una serie di nuove sculture e dipinti, Fischer rimodella simboli di vanità, morte e memoria attraverso un linguaggio visivo che oscilla continuamente tra registri reali e surreali. Combinando l’istantanea letteralità di oggetti trovati con metodi di produzione sofisticati e meticolosi, l’artista evoca e simultaneamente reinventa temi artistici imperituri, motivi familiari che diventano tra le sue mani elastici ed ambigui.
Una delle nuove sculture si presenta come una toilette libera da muri e impianti e straripante di frutta fresca. Simbolo dell’infinita ricchezza della natura, la cornucopia o ‘corno dell’abbondanza’ viene ripensata in maniera surreale, con i doni della natura che sembrano invece diventarne i rifiuti, anticipando così il proprio stesso destino di prodotti perituri. In questa sardonica variazione sul tema, Fischer crea uno ‘still life’ che non solo suggerisce la natura transitoria delle cose, ma minaccia persino se stesso di decadenza (l’ammasso di frutti può essere mantenuto tale solo tramite il regolare ricambio di ogni singolo elemento). Trasponendo un simbolo pittorico nei lineamenti di un readymade, la scultura eleva e decontestualizza persino la toilette, portandoci a guardare questo oggetto in porcellana come una forma scultorea indipendente (esattamente come già fatto dalla Fontana di Duchamp).
Una delle prime installazioni di Fischer, Faules Fundament (1998) alterna in maniera simile elementi immutabili ed elementi entropici, assumendo la forma di un muro di mattoni costruito su di un letto di frutta e verdura la cui graduale decomposizione provoca inevitabilmente l’inclinarsi dell’intera struttura. L’utilizzo di frutta fresca ci ricorda numerosi altri gesti scultorei dell’artista, come quello di The Human Layer (1999), opera in cui del silicone viene spalmato in abbondanza su mele e banane, come se ogni frutto fosse stato smaltato singolarmente (sia con glassa che con vernice); oppure come Untitled (2000), in cui mezza mela e mezza pera vengono avvitate l’una all’altra e poi sospese al soffitto mediante un filo come un ciondolo.
In un'altra scultura il calco in alluminio di uno scheletro laccato con della polvere è seduto su uno sgabello da bar, come se colto in un momento di riposo. La personificazione massima della morte viene qui reimmaginata nelle fattezze di un dandy dall’aria losca, nella fusione di divagazioni umoristicamente macabre e farsesche che pervadono gran parte dell’opera di Fischer. In linea con alcune precedenti sculture di scheletri immortalati in scenari mondani, come ad esempio Skinny Afternoon (2003), in cui uno scheletro bacia se stesso allo specchio, condensando il vetro con il suo stesso respiro, questo lavoro investe tale figura di una vita antropomorfa e quasi da cartone animato. Nel suo essere sbucato fuori dal nulla, la figura conserva il carattere informe o sottilmente distorto di uno scarabocchio o caricatura. Altrove, la meditazione sulla vita e la morte prende una piega molto più frammentata e personale. Fischer ha infatti realizzato un calco in gesso di una sedia di legno intagliata dal padre – dove il materiale stesso del gesso si fa portavoce della capacità dell’arte di duplicare o persino rispecchiare quell’originale che viene a mancare (sia questo un oggetto, un’opera d’arte o un corpo). Appoggiati su questa sedia, i calchi in cera di due mani articolano la dinamica tra la parte e il tutto – o tra assenza e presenza – dinamica che anima tutto il lavoro di Fischer. La mostra presenterà anche una nuova serie di serigrafie che fanno da controaltare alle sculture.
Nato in Svizzera nel 1973, Urs Fischer vive e lavora a New York. Tra le più recenti mostre personali si annoverano quella al MOCA di Los Angeles nel 2013, la mostra Madame Fisscher a Palazzo Grassi, Venezia, nel 2012; e Skinny Sunrise alla Kunsthalle Wien, a Vienna nel 2012. Fischer ha avuto anche mostre personali in tutta Europa e negli Stati Uniti, come Oscar the Grouch alla Brant Foundation di Greenwich (CT) nel 2010, e Marguerite de Ponty al New Museum di New York nel 2009. Da segnalare anche la mostra Not My House Not My Fire presso Espace 315 del Centre de Pompidou di Parigi nel 2004, e la retrospettiva Kir Royal alla Kunsthaus di Zurigo. L’opera di Urs Fischer è stata inclusa in numerose mostre collettive, tra cui anche le esposizioni internazionali alla Biennale di Venezia del 2003, 2007 e 2011.