“La misura del piede mi rivela il carattere di chi lo possiede. Ho suddiviso le donne che sono venute da me in tre categorie: le Cenerentole, le Veneri e le Aristocratiche... La Venere è generalmente molto bella, affascinante e sofisticata, eppure dietro il luccichio esterno si cela spesso una donna di casa amante delle cose semplici; poiché queste due caratteristiche sono contraddittorie, la Venere è spesso incompresa: la si accusa di amare troppo il lusso e le frivolezze”.

Così Salvatore Ferragamo nella sua autobiografia descrive il prototipo delle donne che calzano scarpe numero 6, ma sembra parlare di Marilyn Monroe, l’attrice più famosa di tutti i tempi, la donna più fotografata, l’icona pop, la personalità complessa e discussa, la cliente fedele che ha reso celebri i suoi décolleté a tacco 11 cm e che non ha mai incontrato, perché acquistava le sue scarpe direttamente nel negozio di Park Avenue a New York o se le faceva comprare in Italia. A questo mito senza tempo il Museo Salvatore Ferragamo di Firenze rende omaggio dedicando una grande mostra a cinquant’anni dalla scomparsa (5 agosto 1962). La mostra – a cura di Stefania Ricci e Sergio Risaliti – e il catalogo (Skira) sono il risultato di un lungo lavoro di preparazione e di ricerca svolto analizzando i documenti, le fotografie, i film, gli scritti, lo stile di vita dell’attrice per rendere conto delle mille sfaccettature della donna e della star.

Come altre dive del cinema (Audrey Hepburn e Greta Garbo) anche Marilyn adorava indossare le calzature di Salvatore Ferragamo – ne possedeva decine di paia, tutte di linea essenziale e rigorosamente con tacco a spillo. In occasione della mostra saranno esposte 30 paia di scarpe e oltre 50 abiti del guardaroba dell’attrice, quelli indossati sul set dei principali film della sua carriera, nella vita privata, in pubblico, accessori e capi di abbigliamento che nel tempo sono diventati veri e propri oggetti di culto, ricercatissimi dai collezionisti di tutto il mondo, acquistati alle aste per cifre da capogiro.

Oltre ai vestiti, saranno esposti anche importanti filmati e documenti originali che ci aiuteranno a comprendere un’altra Marilyn, non la bionda svampita, sexy e apparenza, ma una donna dei nostri tempi, “un insieme convulso di energia – come scrive Cristina Comencini nel catalogo – talento, sicurezza che convivono con improvvise cariche di disperazione, fragilità, perdite di stima e di paure… un essere perfettamente consapevole di sé, della sua potenza, eppure sempre, allo stesso tempo, una bambina a cui un giorno, tanto tempo fa, hanno fatto un torto”; una donna, aggiungono i curatori della mostra, comunque determinata e abile nel costruire e gestire il suo successo.

In mostra saranno messi a confronto più mondi: quello della fotografia – perché Marilyn è stata senza dubbio la donna più fotografata del novecento – e quello del cinema – perché la Monroe fu un’attrice straordinaria, capace di interpretare più ruoli e una gamma di caratteri assai variata, in grado di portare delle innovazioni significative nel campo della cinematografia. Particolare attenzione verrà data all’arte del novecento (Warhol, Klein, Rotella, Canevari) e a quella classica (Soldani, Foggini, Dandini, Susini, Boucher, Canova, Greuze), in cui l’immagine pop della Monroe trova quegli archetipi figurativi necessari a eternizzare la sua effigie. A fianco di questi capolavori saranno esibiti filmati d’epoca, copertine e prime pagine di riviste internazionali, oltre agli scritti originali dell’attrice.

Nucleo centrale della mostra sarà il confronto sempre costante tra la sfera del quotidiano e l’orizzonte del mito nella cui orbita sembra gravitare ogni gesto, ogni posa e ogni espressione di Marilyn. Seguita in ogni momento della sua vita, la Monroe portava a spasso Norma Jeane Mortenson e viceversa. Un’alchimia complessa di elementi reali e fittizi, un impasto di drammaticità e comicità, una combinazione esplosiva di ingenuità e provocazione, di trabocchevole sensualità e celestiale bellezza.

Un corpo assai vasto di fotografie scattate a Marilyn durante la sua vita giornaliera da celebri fotografi – o fotografi divenuti celebri grazie alla Monroe – restituiranno il percorso esistenziale di una star del cinema e dei media che, con la sua carica erotica, illuminava la realtà circostante, lasciando appena intravedere le paure e le angosce che la seguirono fin dall’infanzia. La cronaca del quotidiano sarà così confrontata con la potenza dell’archetipo e la sopravvivenza del mito: il suo corpo, la sua bellezza, il suo erotismo, la sua tragica fine, la Venere contemporanea e la bomba sexy, la Marilyn segreta e l’icona pop.

A ben vedere, il corpo e il volto di Marilyn – definita il “sogno proibito di ogni americano” – avanzano sempre all’incrocio tra l’arte classica e quella contemporanea. La sua grandezza e il suo dramma risiedono forse in questa doppia natura di figura femminile spiritualizzata e di icona pop da consumare. La Monroe, sul set e nella vita, riusciva a incarnare qualcosa di distante e di primordiale calando questa mistura di erotismo carnale e incorruttibile venustà nella realtà giornaliera attraverso tutti i media. La pubblicità e la televisione, vera novità di quegli anni, accentuarono i caratteri di popolarità e di spiritualità facendone oggetto di consumo e immagine del desiderio. Vittima e artefice di continui sdoppiamenti la “piccola Marilyn” riuscì ad alimentare una delle ultime immagini dotate d’aura pur dentro i meccanismi della comunicazione di massa. Ciò seppe capire Pier Paolo Pasolini che a Marilyn ha dedicato una straordinaria poesia di commiato affiancandole immagini di commento nel suo film La rabbia (1963).

Misurandosi con il mito e con la cronaca i curatori hanno cercato di interpretare la suggestiva genesi di alcuni celebri scatti d’autore (Cecil Beaton, Bert Stern, George Barris, Milton Greene, André de Dienes) che ritraggono Marilyn in pose ‘classiche’ o addirittura trasfigurano il suo erotismo in immagini di innocente purezza. Quei famosi ritratti saranno messi a confronto con celebri opere d’arte del passato, immagini che di quelle pose e di quelle espressioni rappresentano la memoria più antica: dal pathos equilibrato dell’Alessandro morente (qui un marmo d’epoca romana inedito conservato a Firenze a Villa Corsini a Castello) che Cecil Beaton rievoca attraverso un disegno del pittore francese Jean-Baptiste Greuze per rendere immortale l’intensità ‘spirituale’ del volto di Marilyn; alla riproduzione digitale della Venere del Botticelli, opera simbolo del Rinascimento che pare aver ispirato uno tra gli scatti eseguiti al mare da George Barris, in cui molti dettagli proverebbero che la foto fu progettata a tavolino. Il corpo esibito in certe pose, la testa atteggiata in un certo modo, l’espressione ricercata e altre caratteristiche evocano miti e celebri rappresentazioni muliebri dell’antichità come del Rinascimento o del settecento (Venere anadiomene, Leda e il cigno o la Ninfa morente nella versione in gesso realizzata da Antonio Canova, prestigiosissimo prestito del Museo e Gipsoteca di Possagno). La tragica fine di Marilyn inoltre non fa che rendere ancora più mitica e archetipica la sua ‘immagine’ e la sua vita visto che può essere ricollegata a quella di altre celebri donne morte per amore o a quelle sconfitte dal potere essenzialmente maschile: da Cleopatra e Didone fino a Madame Bovary (il suo romanzo preferito), oltre a Violetta e perfino Tosca, figure assai note negli ambienti americani, dove una delle grandi passioni è la lirica e in particolare le opere italiane di Giuseppe Verdi e Giacomo Puccini. Nelle sale di Palazzo Spini Feroni, sede prestigiosa del Museo Ferragamo, l’attrice appare come dea solare e notturna, in una compresenza di elementi contrari immortalati da Warhol qui rappresentato con Quattro Marilyn in nero, un’opera straordinaria arrivata in prestito dal The Andy Warhol Museum di Pittsburg. Una grande sala sarà dedicata agli abiti indossati da Marilyn durante le scene più famose di celebri pellicole come Niagara, Quando la moglie è in vacanza, Fermata d’autobus, A qualcuno piace caldo, oppure Gli spostati.

Il catalogo raccoglie al completo le foto degli abiti e dei documenti in mostra, quelle delle calzature Ferragamo, assieme al nutritissimo gruppo di fotografie esposte e alle eccezionali opere d’arte provenienti da prestigiose istituzioni quali The Horvitz Collection, Cambridge (Massachussetts), il Museo Nazionale del Bargello, il Museo e Gipsoteca Antonio Canova, The Andy Warhol Museum, oltre a collezioni private italiane e straniere. I saggi sono dedicati agli aspetti multiformi della personalità di Marilyn, e commentano le sezioni principali della mostra affrontando il tema Marilyn e le donne (Cristina Comencini), la sua vita e i principali eventi pubblici e privati (Lois Banner), il tema della bellezza classica e moderna (Cristina Acidini Luchinat), le ‘eroine’ tragiche da Didone e Cleopatra alla Callas e Marilyn (Mina Gregori, Luca Scarlini, Sergio Risaliti), la grande attrice (Claudio Masenza), la tragica fine della star in relazione al mito di Astrea secondo Pier Paolo Pasolini (Sandro Bernardi), l’icona pop (Vincenzo Trione), oltre al testo di Stefania Ricci e Sergio Risaliti curatori della mostra.

Museo Salvatore Ferragamo
Palazzo Spini Feroni
Piazza Santa Trinita, 5/R
Firenze 50123 Italia 
Tel. +39 055 3562 455
Tel. +39 055 3562 417
Tel. +39 055 3562 456
museoferragamo@ferragamo.com
www.museoferragamo.it

Orario di apertura 
Aperto dal mercoledì al lunedì , 10-18
Chiuso il martedì, 1 gennaio, 1 maggio, 15 agosto, 25 dicembre.
Durante il mese di agosto:
Dal lunedì al sabato, 10-13 e dalle 14-18, chiuso la domenica

Ingresso a pagamento 
5 euro. Non pagano le persone sotto i dieci anni e sopra i 65.
L'introito dei biglietti di ingresso è destinato a finanziare ogni anno borse di studio per giovani stilisti della calzatura.

Bookshop
All'interno del museo è possibile acquistare libri, cartoline, oggetti da regalo.