Dal 24 gennaio al 14 giugno 2015 Palazzo Martinengo di Brescia ospita la mostra “Il cibo nell’arte. Capolavori dei grandi maestri dal Seicento a Warhol”, che presenta oltre 100 opere di maestri dell’arte antica quali Campi, Baschenis, Ceruti, Figino, Recco, Ruoppolo, Stanchi, che dialogheranno con autori moderni e contemporanei, da Magritte a de Chirico, da Manzoni a Fontana, a Lichtenstein, fino a Andy Warhol.
Un grande evento che segna il forte legame che unisce il cibo alle arti figurative e coniuga la tradizione enogastronomica con la cultura artistica italiana, in un arco temporale di oltre quattro secoli.
Il cibo nell’arte offre così un ulteriore approfondimento degli argomenti affrontati da Expo 2015, il cui tema è “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”.
Promossa dall’Associazione Amici di Palazzo Martinengo, con il patrocinio della Provincia di Brescia, Regione Lombardia e di EXPO 2015, e curata da Davide Dotti coadiuvato da un comitato scientifico internazionale, la rassegna, conduce il pubblico in un lungo ed emozionante viaggio attraverso le diverse correnti pittoriche succedutesi nel corso del tempo – dal Barocco al Rococò, dal Romanticismo ottocentesco alle avanguardie del Novecento – per apprezzare le varie iconografie correlate alla rappresentazione del cibo che gli artisti hanno affrontato con estro e originalità.
Il percorso espositivo, ordinato secondo un criterio iconografico e cronologico, rivela quanto i pittori attivi tra XVII e XIX secolo amassero dipingere i cibi e i piatti tipici delle loro terre d’origine, e fa scoprire pietanze e alimenti oggi completamente scomparsi di cui è difficile immaginare anche il sapore.
Inoltre, grazie alla collaborazione con alcuni dei più rinomati dipartimenti di Scienze Alimentari delle Università italiane, che analizzano in maniera scientifica le tavole imbandite e le dispense immortalate nelle tele del ‘600 e ‘700, si possono attingere preziose informazioni sull’alimentazione e i gusti dell’epoca.
Dieci sono le sezioni tematiche: L’allegoria dei cinque sensi, Mercati dispense e cucine, La frutta, La verdura, Pesci e crostacei, Selvaggina da pelo e da penna, Carne salumi e formaggi, Dolci vino e liquori, Tavole imbandite, Il cibo nell’arte del XX secolo.
Chiude idealmente la visita la spettacolare Piramide alimentare, installazione appositamente realizzata per l’occasione dall'artista Paola Nizzoli Desiderato.
Tra i capolavori che si possono ammirare in mostra si segnalano i Mangiatori di ricotta di Vincenzo Campi, il Piatto di pesche di Ambrogio Figino (la prima natura morta della Storia dell'Arte italiana, dipinta circa un lustro prima della Canestra di Caravaggio), quello che la critica specialistica ritiene essere il più importante pendant di nature morte di Giacomo Ceruti detto Pitocchetto (mai esposto in pubblico prima d'ora), il Tavolo con angurie del pittore divisionista Emilio Longoni e l’Ultima Cena di Andy Warhol, un acrilico su tela che reinterpreta in chiave pop il Cenacolo di Leonardo.
Il cibo nell’arte offre un ricco apparato didattico per tutte classi di ogni ordine e grado. L’Associazione Culturale Amici di Palazzo Martinengo ha studiato una serie di laboratori didattici condotti da operatori didattici specializzati. Per la Scuola dell’Infanzia, Primaria e Secondaria di primo grado, si tratta di un’esperienza multisensoriale che consiste nel riconoscimento non convenzionale di gusti, odori, colori e consistenze di vari cibi. È prevista, in alternativa, la realizzazione di un elaborato simulando e reinterpretando il processo creativo dell’artista, utilizzando i materiali messi a disposizione tra cui pasta, frutta secca, legumi, riso, e altro. Per la Scuola Secondaria di secondo grado, oltre alle proposte di laboratori didattici, sono previsti percorsi tematici in mostra che permettono di approfondire alcuni aspetti e temi del percorso espositivo abbinati, talvolta, a una più breve attività pratica per fissare i concetti appresi.
Inoltre, è stato istituito un concorso a premi che prevede la realizzazione in classe da parte degli studenti di un lavoro artistico, con l’obiettivo di avvicinare i ragazzi al mondo dell’arte in modo originale e innovativo.
Accompagna la mostra un catalogo Silvana Editoriale con approfonditi saggi storico-critici e un testo dello chef Massimo Bottura.
"Immaginare il cibo, nutrire l’immaginazione" di Massimo Bottura, dal catalogo Silvana Editoriale
Così come per gli artisti anche per i cuochi la sfida è immaginare: immaginare la combinazione di colori e di sapori, di forme e consistenze, di superfici e temperature. L’immaginazione è onnivora. Ogni esperienza, memoria, emozione, ogni insegnamento, regola, invenzione, ogni incontro, scontro, sentimento, insomma tutto nutre la nostra immaginazione.
Così come nell’arte, anche nel mio lavoro di cuoco occorre ragionare sulla tradizione; rispettarla nel lavoro quotidiano, tramandarne gli insegnamenti, eventualmente evolverla. Metterla in discussione fino a distruggerla. Dimenticarsene per poi riscoprirla.
Gli artisti hanno rappresentato il cibo per molteplici motivi: apotropaico, decorativo, sentimentale, sociale eccetera. I cuochi si sono interrogati su come presentare i piatti, prima scenograficamente, ora più astrattamente, concettualmente. Io non mi interrogo su come sorprendere il commensale con soluzioni estetiche autoreferenziali, a me interessa che il piatto sia una esperienza coerente, che il modo in cui esso appare abbia la funzione alla giusta esperienza del piatto. Per esempio Camouflage, ovvero un piatto in cui i sapori del selvatico e della caccia sono romanticamente presenti in mille sfumature, appare come una tela mimetica militare, la lepre è ancora nascosta nel bosco.
Io vedo nell’arte il luogo principe dell’immaginazione, il mio ristorante testimonia questa mia devozione, basta socchiudere la porta per intravvedere quadri e sculture e incominciare a immaginare con loro.
La rappresentazione del cibo è esemplificata all’Osteria Francescana specialmente da due opere che indagano sulla relazione tra arte e cibo partendo da presupposti e approcci diversissimi: la grande fotografia di Carlo Benvenuto, dove una composizione di frutta emerge da un’immensa superficie rossa, in questo caso i rimandi sono a Matisse, alla Pop Art inglese, all’idea della natura morta come tema fondamentale per l’arte occidentale. Quindi una scultura di Gavin Turk il Garbage Bag, il trompe-l’oeil in bronzo di un sacco nero delle immondizie a grandezza naturale. La esortazione a vedere il rifiuto come una possibilità se non addirittura come una ricchezza. Poi potrei parlare di Joseph Beuys e il cibo visto anche come protezione, cura, calore.
O pensare ai tavoli di Merz o ai sacchi di sementi di Kounellis. Alle michette Achrome di Manzoni. Ovviamente al pane ferrarese di de Chirico, alle still lifes di Picasso. Una ridda di stimoli che sono carezze o spintoni, sole che schiude le palpebre o sveglie che trillano, sussurri seducenti o urla nelle orecchie, insomma sollecitazioni che arrivano contemporaneamente dal mondo dell’arte e che, appunto, nutrono la mia immaginazione.