Dopo quasi quarant’anni dall’ultima esposizione insieme, Franco Vaccari (Modena, 1936) e Sanja Ivekovic (Zagabria, 1949) si ritrovano nella mostra The Opening presso la galleria P420 di Bologna.
L’inaugurazione – Venerdi 20 Febbraio dalle ore 18,30 alla presenza degli artisti – sarà preceduta alle ore 16,30 da una conferenza al MAMbo (Via Don Minzoni 14) tra Sanja Ivekovic e Franco Vaccari moderata da Marco Scotini.
L’importante lavoro di avanguardia di questi due artisti, entrambi già attivi negli anni Settanta, ha determinato il superamento del concetto di performance e lo sviluppo di una nuova definizione di happening, basata sul dialogo tra artista e pubblico, da questo momento anch’esso attivo, anzi fondamentale, nell’ideazione e nella realizzazione dell’opera. Il ruolo passivo del fruitore viene meno per lasciare spazio ad un totale coinvolgimento che “riattivi i processi della socialità e della relazione”.
Lo stesso Franco Vaccari scrive «L’opera si sviluppa in relazione al modo in cui lo spettatore/partecipante, improvvisamente emancipato dallo status di semplice osservatore, la recepisce e reagisce ad essa, contribuendo a determinarne forma e significato».
Lo spazio diventa quello della galleria, il tempo quello dell’inaugurazione della mostra, dell’opening appunto, in cui tutto si risolve, dalla creazione all’esposizione alla fruizione definitiva dell’opera.
Franco Vaccari, fin dagli inizi, attua un processo di emancipazione del singolo soggetto rispetto alla totalità. L’artista utilizza la fotografia non solo come elemento indice di una presenza, ma come strumento che permette il riconoscimento e la costruzione del singolo individuo nel tempo dello sviluppo dell’opera. Ed è proprio l’autore, eclissando la propria presenza per un momento, a permettere che essa si compia attraverso la presa di coscienza da parte dell’individuo della propria esistenza in un determinato luogo e in un preciso momento. Le Esposizioni in tempo reale di Vaccari non sono la messa in scena di un copione, in cui lo spettatore viene relegato ad un ruolo passivo, ma di un’azione in divenire la cui maggiore dimensione è, conseguentemente, quella ricettiva. Queste opere “in tempo reale”, ideate e realizzate dall’artista a partire dal 1969, non sono prevedibili e possono essere potenzialmente infinite, caratterizzate dalla continua mutazione delle relazioni.
In mostra Esposizione in tempo reale num.1, Maschere (1969), Esposizione in tempo reale num.5, Spazio privato in spazio pubblico (1973), Esposizione in tempo reale num.6, Il cieco elettronico (1973) e Esposizione in Tempo Reale num.7, Mito Istantaneo (1974).
Il coinvolgimento è anche alla base delle opere di Sanja Ivekovic, artista croata che ha sviluppato a partire dagli anni Settanta una pratica artistica pioneristica volta ad affrontare questioni riguardanti l’identità femminile e le politiche del potere e del consumismo alla base della collettività. Nelle diverse modalità, l’artista coinvolge lo spettatore attraverso varie forme di stimolazione, proponendo uno sviluppo dell’opera ancora una volta non determinabile a priori e che, in un tempo più o meno prolungato, determina una stretta relazione col pubblico il quale è coinvolto ad un livello intimo ed emozionale.
In mostra Inaugurazione alla Tommaseo (1977) dove ai visitatori era richiesto un vero e proprio contatto fisico con l’artista, Inter nos (1978) in cui la relazione tra artista e spettatore era mediata dalla tecnologia di un dispositivo video, First Belgrade performance (1978) in cui l’artista accorcia le distanze col pubblico fino ad instaurare relazioni spontanee e autosostenentesi e Meeting Points (1978) in cui il significato della stessa azione cambia in funzione della sola presenza del pubblico coinvolto.
La mostra è stata realizzata in collaborazione con la galleria Espaivisor di Valencia.
Durante la mostra sarà pubblicato un catalogo a cura di Marco Scotini.
Sanja Ivekovic (Zagabria, 1949) si è formata prersso The Academy of Fine Arts di Zagabria.
Sin dagli anni 70 la sua produzione artistica abbraccia un ampio ventaglio di media come la fotografia, la performance, il video, l’installazione e l’azione in pubblico. Appartiene alla generazione di artisti affermatisi dopo il 1968 nella Repubblica Federale Socialista della Yugoslavia la cui arte post-oggettuale è nota come New Art Practice. Il lavoro della Ivekovic è caratterizzato da aspetti come l’atteggiamento di critica nei confronti dell’uso delle immagini e dei corpi, l’analisi della costruzione dell’identità nei media e nella politica, la solidarietà, l’attivismo. Nella scena artistica Yugoslava e Croata, è stata la prima esponente femminile ad esprimere una chiara attitudine femminista. Nel 1973 ha cominciato ad utilizzare il video. Il suo lavoro a partire dagli anni 90 affronta il collasso dei regimi socialisti con il conseguente trionfo del capitalismo e delle economie di mercato a discapito delle condizioni di vita, in particolare delle donne. Alla fine degli anni 80 è stata membro e fondatrice di un certo numero di organizzazioni femminili non governative in Croazia come Elektra Women’s Art Centre, The Centre for Women’s Studies e B.a.B.e, il gruppo dei diritti umani delle donne.
Tra le esposizioni più recenti ricordiamo la partecipazione a dOCUMENTA(13), Kassel e alla mostra A Bigger Splash (2013) alla Tate Modern di Londra e la personale Sweet Violence (2011) al MoMA di New York.
Franco Vaccari (Modena, 1936) ha ricevuto una formazione scientifica ed è laureato in Fisica. Dopo un debutto artistico come poeta visivo, il tema della traccia e il medium fotografico saranno due costanti sempre presenti in tutto il suo lavoro.
Fin dall’inizio, Vaccari non utilizza la fotografia per produrre immagini mimetiche, analogiche, ma come una prova di presenza, un segno, una traccia fisica dell’esserci. In questo senso, il suo noto progetto per la Biennale di Venezia del 1972, Esposizione in Tempo Reale n.4: Lascia su queste pareti una traccia fotografica del tuo passaggio è emblematico. Il suo lavoro artistico è tangenziale a diverse aree, ma quella che forse meglio esprime il suo senso è quella del “realismo concettuale”.
Gli viene universalmente riconosciuta l’invenzione del concetto di Esposizione in Tempo Reale, che ha esplorato sin dal 1969 sia a livello teorico che operativo.
Ha sempre accompagnato la sua produzione artistica con altrettante riflessioni teoriche pubblicando, tra gli altri, Duchamp e l’occultamento del lavoro (1978), Fotografia e inconscio tecnologico (1979) e Duchamp messo a nudo. Dai ready made alla finanza creativa (2010).
Ha avuto la sala personale alla Biennale di Venezia nel 1972, nel 1980 e ancora nel 1993.
Nel 2010 ha partecipato alla mostra Strange Comfort presso la Basel Kunsthalle ed è stato invitato a participare alla Biennale di Gwangju in Korea.
Nel 2012 ha partecipato alla mostra Derrière le Rideau – L’Esthétique du photomaton (behind the curtain, the beauty of the photobooth) presso il Musée de L’Elysée, Lausanne.
È infine del 2013 la personale al Mostyn Museum e del 2014 la personale Rumori telepatici presso la Fondazione Morra Greco di Napoli.