Suggestioni tratte da diverse percezioni del paesaggio urbano che si trasformano in un'espressione artistica in bilico tra la tradizione post-modernista e l'astrattismo di Mondrian, ma completamente nuova.
La sua è una realtà ridotta all'essenziale, ma arricchita di valori umani, emozioni, percezioni di attimi, scorci lirici che riemergono dall'assemblaggio delle forme geometriche dai colori brillanti della pittura di Marco Casentini (La Spezia, 1961) e dalle sue vibrazioni cromatiche accostate spesso a inserti di plexiglas che richiamano schemi vuoti, in attesa di un'immagine da proiettare.
L'artista crea un vocabolario cromatico legato ad un linguaggio formale fatto di equivalenze ben definite, radicate nella sua mente e crea così un equilibrio visivo che non si perde nonostante le forme si incastrino, da qualunque punto di vista lo si guardi; lo ritroviamo osservandole in qualunque modo, anche sotto sopra, “Upside Down”, ribaltando il punto di vista, come suggerisce il titolo della mostra. Nella sua sintesi astratta del paesaggio urbano in forme rettangolari che si susseguono come in una prospettiva di palazzi, i colori definiti dai contorni netti delle forme esprimono diversi sentimenti (“Esprimo i miei sentimenti. Per me il rosso è sempre passione, eros, il nero malinconia; il blu è cielo o mare e il bianco pace e quiete.”, sostiene l'artista stesso), mentre i loro accostamenti o sovrapposizioni veicolano la profondità e la vibrazione emozionale della situazione percepita: “non è vero che, per creare il mio lavoro, io studio in maniera matematica la scelta ed il posizionamento dei colori. La costruzione è emotiva...è il mio linguaggio...il mio modo di esprimere me stesso. È una forma grammaticale ormai profondamente radicata...”. Nel suo linguaggio, le sensazioni tratte dall'osservazione dell'architettura urbana si condensano in un'astrazione geometrica che deriva da una percezione fortemente individuale e originale dei luoghi e dei momenti, derivata sicuramente dall'ordine formale del Costruttivismo Russo, di cui lui stesso si riconosce discendente.
Sensazioni famigliari e transitorie suggerite da luoghi di passaggio, quelli che Marc Augé definiva “non-luoghi”, proprio come il passaggio denso di una concentrazione di luci e colori, una Las Vegas iper- colorata e kitsch alla Robert Venturi, della cittadina Grand Junction (titolo che darà ad una mostra personale al Bakersfield Museum of Art nel marzo del 2011), nel Colorado, che l'artista ha visto apparire gradualmente provenendo da una visita alle Rocky Mountains. In questi paesaggi tutti noi troviamo dei punti di riferimento, un ordine che si riflette nell'equilibrio formale delle sue composizioni geometriche; queste diventano anche parietali, talvolta arrivano a comprendere intere pareti di un museo, con piani geometrici obliqui. Il dinamismo del suo ritmo cromatico riesce a volte ad invadere tutto lo spazio espositivo con la ripartizione dello spazio in elementi rettangolari, o definiti da linee spezzate, dipinti che scandiscono la parete nei quali l'artista inserisce opere iper-colorate, talvolta semisferiche, dipinte con una sovrapposizione e l'intersecarsi di forme trapezoidali; sono sfere che ruotano sulla parete ribaltando continuamente la prospettiva della visione, come se fossero una “visione futurista/cubista/geometrica della realtà architettonica”, come sostiene Casentini stesso, visibile da tutte le angolazioni possibili, leggibile anche capovolgendo il punto di vista. Le sue composizioni sono visioni stranianti che danno l'impressione di essere catapultati verso il basso nella cabina di un aereo in avvitamento verso il basso, un richiamo all'aeropittura futurista.
Le sue opere sono caratterizzate da ritmiche suggestioni tonali che mutano la concezione dello spazio, ispirate alla sensazione straniante creata dal sovrapporsi delle geometrie urbane, come quelle proposte dall'artista di recente a San Francisco con la mostra Up and Down nel marzo di quest'anno presso la Brian Gross Fine Art e alla personale Have a nice day presso il Torrance Art Museum e al Museum für Konkrete Kunst a Ingolstadt in Germania nel 2008.
I colori delle calde cittadine californiane iniziano ad avere un ruolo preponderante nell'ispirare la poetica di Casentini dalla fine degli anni '90, quando comincia a viaggiare negli Stati Uniti, attraversando l'ovest, gli stati centrali e infine l'est, fino al primo soggiorno a Hermosa Beach, una cittadina della contea di Los Angeles dove tornerà sistematicamente. Da allora la sua tavolozza si riappropria della solarità dei morbidi orizzonti del paesaggio mediterraneo dove è nato, dopo le tinte cupe che popolavano le sue opere degli anni '80 ispirate dal brumoso ambiente della metropoli milanese. L'artista giustappone colori caldi come la terra di Siena, il mandarino, il blu fiordaliso, il rosso veneziano e il beige terra in composizioni dove il rigore lineare riesce a farli convivere pacificamente: dalla fine degli anni '90, questi si arricchiscono dei toni brillanti e intensi che caratterizzano il paesaggio del Sud della California, mentre le opere dell'artista viaggiano da Santa Monica, a San Francisco, a Chicago, a Houston, fino a Albuquerque, a San Diego e Phoenix.
Tornato a La Spezia, dopo essersi arricchito di numerose esperienze a livello professionale, la sua città d'origine gli ha dedicato un importante e meritato tributo: un'antologica allestita nel 2010 al CAMeC – Centro Arte Moderna e Contemporanea dal significativo titolo All around, per sottolineare la globalità delle suggestioni paesaggistiche e il respiro umano dei colori che caratterizzano le sue opere.
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Orari di apertura
Martedì - Sabato 10.00 - 12.00 e 15.00 - 19.00
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