Durante gli ultimi trent'anni, una nuova concezione della vita si è formata all'avanguardia della scienza contemporanea. L'universo non è più visto come una macchina fatta di componenti elementari. Abbiamo scoperto che il mondo materiale è una rete inseparabile di relazioni e che il pianeta nel suo complesso è un sistema vivente che si autoregola. L’immagine del corpo umano come una macchina, e della mente come entità separata, è stata sostituita da una visione che vede non solo il cervello, ma anche il sistema immunitario, gli organi del corpo, e persino ogni cellula come sistemi viventi e cognitivi. L'evoluzione non è più vista come una lotta competitiva per l'esistenza, ma piuttosto come una danza cooperativa in cui la creatività e l'emergere costante di novità sono le forze trainanti. E con la nuova enfasi su complessità, reti, e schemi di organizzazione, una nuova scienza delle qualità sta lentamente emergendo.
Pensiero sistemico
La visione sistemica coinvolge un nuovo modo di pensare — in termini di relazioni, di schemi e di contesto. Il pensiero sistemico emerge negli anni Venti e Trenta del Novecento da una serie di dialoghi interdisciplinari tra biologi, psicologi ed ecologisti. Gli scienziati di questi campi si resero conto che un sistema vivente — organismo, ecosistema o sistema sociale — è un insieme integrato le cui proprietà non possono essere ridotte a quelle di parti più piccole. Le proprietà "sistemiche" sono proprietà dell’intero che nessuna delle parti possiede. Il pensiero sistemico quindi coinvolge un cambiamento di prospettiva dalle parti all’intero. I primi pensatori sistemici formularono questa comprensione con la famosa asserzione: "L’intero è più della somma delle sue parti".
La teoria sistemica ci dice anche che tutti i sistemi viventi condividono una serie di proprietà e di principi di organizzazione. Questo significa che il pensiero sistemico può essere usato per integrare le discipline accademiche e scoprire delle similitudini tra diversi fenomeni nel grande campo dei sistemi viventi. Durante gli anni Settanta e Ottanta, il pensiero sistemico si è elevato a un nuovo livello con lo sviluppo della teoria della complessità, nota in linguaggio tecnico come "dinamica non lineare." È un nuovo linguaggio matematico che permette agli scienziati di trattare per la prima volta matematicamente la complessità enorme dei sistemi viventi. Questa nuova matematica non lineare, infatti, è una matematica di schemi, di relazioni. Gli strani attrattori della teoria del caos e i frattali della geometria frattale sono esempi di tali schemi.
Durante gli ultimi trent'anni, il grande interesse per i fenomeni non lineari ha generato una serie di nuove e potenti teorie che hanno aumentato sensibilmente la nostra comprensione di molte caratteristiche fondamentali della vita. "La visione sistemica della vita" è il nome della sintesi di quelle teorie, secondo un quadro concettuale coerente che integra quattro dimensioni della vita: dimensione biologica, cognitiva, sociale, ed ecologica. Le implicazioni filosofiche, sociali e politiche fanno parte di questa visione integrante.
Reti viventi
Una delle scoperte più importanti della comprensione sistemica della vita è il riconoscimento che la rete è lo schema di organizzazione principale di tutti i sistemi viventi. Gli ecosistemi sono interpretati come reti alimentari (cioè reti di organismi), gli organismi sono reti di cellule, e le cellule sono reti di molecole. La rete è uno schema comune a tutta la vita. Ovunque vediamo la vita, vediamo reti viventi. In effetti, al cuore del cambiamento dei paradigmi dalla visione meccanicistica alla vita sistemica troviamo un cambiamento fondamentale di metafore: da una visione del mondo come macchina a una visione come rete. Durante gli ultimi trent'anni, queste reti viventi sono state indagate approfonditamente. Gli studi hanno dimostrato che la loro caratteristica principale è generare continuamente se stesse. Parliamo della teoria di autopoiesi, sviluppata negli anni Settanta e Ottanta da Humbert Maturana e Francisco Varela. Autopoiesi significa "auto-generazione." In una cellula, ad esempio, tutte le strutture biologiche — proteine, DNA, membrane, ecc. — sono continuamente prodotte, riparate e rigenerate dalla rete cellulare. Allo stesso modo, in un organismo multicellulare, le cellule del corpo sono continuamente rigenerate e riciclate dalla rete metabolica dell'organismo. Le reti viventi continuamente creano, o ricreano, se stesse, trasformando o sostituendo le proprie componenti. In questo modo subiscono continue modifiche strutturali conservando nel contempo il proprio schema di organizzazione a rete. Questa coesistenza di stabilità e cambiamento è effettivamente una caratteristica fondamentale della vita.
Mente e coscienza
Una delle implicazioni filosofiche più importanti della comprensione sistemica della vita è la nuova concezione della natura di mente e coscienza, che riesce finalmente a superare la divisione cartesiana fra mente e materia. Cartesio, nel Seicento, basò la sua concezione della natura sulla distinzione fondamentale fra due dimensioni separate e indipendenti — quella della mente, la res cogitans, e quella della materia, la res extensa. Sulla scia di Cartesio, gli scienziati e i filosofi hanno continuato a guardare alla mente come un'entità intangibile, non riuscendo poi a immaginare come questa "cosa pensante" potesse trovarsi in relazione con il corpo. Il progresso decisivo della visione sistemica è stato quello di abbandonare la concezione cartesiana della mente come "cosa" e di rendersi conto che la mente e la coscienza sono invece processi. Questa nuova concezione della mente è stata sviluppata negli anni Sessanta da Gregory Bateson e indipendentemente da Humberto Maturana e Francisco Varela, entrambi dell'Università del Cile a Santiago. La loro opera è conosciuta oggi come "la teoria della cognizione di Santiago ". Durante gli ultimi trent'anni, lo studio della mente condotto secondo questa prospettiva sistemica è fiorito in un ricco ambito interdisciplinare — quello della scienza cognitiva — che trascende gli orizzonti tradizionali della biologia, della psicologia e dell'epistemologia.
L'intuizione centrale della teoria di Santiago consiste nell'identificazione della cognizione (cioè, del processo della conoscenza) con il processo della vita. La cognizione, secondo Maturana e Varela, è l'attività dispiegata nei processi di auto-generazione e auto-conservazione delle reti viventi. In altre parole, la cognizione è il proprio processo della vita. L'attività organizzativa dei sistemi viventi, a qualunque livello di vita, è un'attività mentale. E le interazioni di un organismo vivente — pianta, animale o uomo — con il suo ambiente sono interazioni cognitive. Così, la vita e la cognizione sono inseparabilmente connesse. La mente — o, per essere più precisi, l'attività mentale — è immanente alla materia a tutti i livelli della vita. Si tratta di una radicale estensione del concetto di cognizione e, implicitamente, del concetto di mente. In questa nuova visione, la cognizione riguarda l'intero processo della vita — includendo percezioni, emozioni e comportamento — e non richiede neppure necessariamente l'esistenza di un cervello e di un sistema nervoso.
Il progresso concettuale introdotto dalla teoria di Santiago risalta maggiormente quando passiamo a considerare il problema spinoso della relazione tra mente e cervello. Nella teoria di Santiago, questo rapporto diventa semplice e chiaro. Viene abbandonata la visione cartesiana della mente come "cosa pensante." La mente non è una cosa, bensì un processo: quello della cognizione, che si identifica col processo stesso della vita. Il cervello, poi, è una particolare struttura attraverso la quale questo processo opera. Quindi, la relazione tra mente e cervello è una relazione tra processo e struttura. Inoltre, il cervello non è la sola struttura attraverso la quale opera la cognizione. La struttura intera dell'organismo partecipa al processo di cognizione — indipendentemente dal fatto che questo organismo abbia un cervello e un sistema nervoso evoluto oppure no. La teoria della cognizione di Santiago è la prima teoria scientifica che è riuscita a superare la divisione cartesiana. Mente e materia non appaiono più come appartenenti a due categorie separate, ma possono essere viste come due aspetti complementari del fenomeno della vita — il processo e la struttura. A qualunque livello della vita — a cominciare dalle cellule più semplici — mente e materia, processo e struttura sono inseparabilmente connessi. È una teoria sistemica che unifica mente, materia, e vita.
La visione sistemica dell'evoluzione
Uno degli aspetti più gratificanti della visione sistemica della vita è la nuova comprensione dell'evoluzione. Piuttosto che vedere l'evoluzione come risultato di mutazioni casuali e di selezione naturale, cominciamo a riconoscere il dispiegarsi creativo della vita in forme sempre più diverse e complesse, quale caratteristica insita in tutti i sistemi viventi. Benché le mutazioni e la selezione naturale siano riconosciute come aspetti importanti dell'evoluzione biologica, l'attenzione centrale è verso la creatività della vita, che sempre si estende verso nuove forme.
Il pensiero di Charles Darwin riveste un ruolo fondamentale nella visione sistemica dell'evoluzione. Al centro del pensiero darwiniano sta la percezione che tutti gli organismi viventi siano parenti, essendo discesi da un antenato universale attraverso un lungo processo di modificazioni nel corso di miliardi di anni. Secondo questa tesi la vita è del tutto olistica e sistemica: una enorme rete planetaria di esseri viventi interconnessi nello spazio e nel tempo. Il lungo processo evolutivo produce molte più varianti di quante potrebbero sopravvivere e perciò molti individui vengono eliminati dalla selezione naturale, mentre alcuni si espandono e si riproducono a spese di altri. Oggi queste idee di base sono ben documentate e tutti gli scienziati seri concordano completamente sulla loro validità. Le differenze fra la teoria classica dell'evoluzione e la nuova teoria sistemica ruotano attorno alla questione della dinamica dell'evoluzione, cioè dei meccanismi attraverso cui hanno luogo i cambiamenti evolutivi.
Per cominciare, la visione sistemica prende atto del fatto che l'evoluzione non è iniziata con la prima cellula vivente, ma miliardi di anni prima con un processo definito "evoluzione molecolare", ossia prebiotica. Le nostre idee sui dettagli di questa evoluzione prebiotica sono ancora piuttosto speculative, ma la maggior parte dei biologi e dei biochimici non hanno dubbi che l'origine della vita sulla Terra sia il risultato di una serie di eventi chimici in linea con le leggi della fisica e della chimica, e con la dinamica non lineare dei sistemi complessi. Pier Luigi Luisi è uno dei pionieri di questa ricerca sull'origine della vita. Per quanto riguarda l'evoluzione biologica, la visione classica ritiene che tutte le variazioni evolutive risultino da mutazioni casuali, seguite dalla selezione naturale. La visione sistemica, invece, riconosce tre vie evolutive: mutazioni casuali dei geni, scambi genetici orizzontali tra batterie e infine la creazione di nuove forme di vita attraverso acquisizioni di genomi interi in un processo detto "simbiogenesi".
Questi processi sono soggetti alle limitazioni fisiche e chimiche dell'ambiente del organismo — in altre parole, alla selezione naturale. Quando si creano nuovi schemi genetici — attraverso mutazioni, scambi genetici o simbiogenesi — questi devono essere integrati nel loro ambiente cellulare. Questa integrazione coinvolge la dinamica complessa di un'intera rete di reazioni chimiche, in cui solo un numero limitato di nuove forme e funzioni è possibile. L'intero processo non è affatto casuale. È complesso e del tutto ordinato. Secondo la visione sistemica, l'espressione della creatività della vita nel processo evolutivo deve essere vista come un aspetto del processo globale della vita stessa, e siccome questo processo viene associato strettamente alla cognizione, l'evoluzione in fondo è un processo complesso, del tutto ordinato e, in ultima analisi, cognitivo. È una parte integrale dell'auto-organizzazione della vita.
Reti sociali
Finora ho parlato della dimensione biologica e della dimensione cognitiva della vita, ma la visione sistemica si può estendere fino ai sistemi sociali. Il concetto fondamentale, di nuovo, è quello della rete. Secondo la teoria dell'"autopoiesi sociale," sviluppata dal sociologo Niklas Luhmann, le reti viventi nella società umana sono reti di comunicazioni. Come le reti biologiche, sono auto-generanti, ma ciò che generano è per lo più immateriale. Ogni comunicazione crea pensieri e significati, che danno luogo a ulteriori comunicazioni, e così l'intera rete genera se stessa. Mentre le comunicazioni continuano all'interno di una rete sociale, si formano vari cicli di feedback che alla fine producono un sistema condiviso di valori, credenze e spiegazioni che associamo al fenomeno della cultura. Attraverso questa cultura gli individui acquistano un'identità di membri della rete sociale, ossia della comunità, e così la rete genera il suo proprio confine culturale.
Crescita qualitativa
Oggi sta diventando sempre più evidente che i problemi cruciali del nostro tempo — energia, ambiente, cambiamento climatico, povertà — non possono essere analizzati separatamente. Sono problemi sistemici, cioè sono tutti interconnessi e interdipendenti. Il nucleo fondamentale di questi problemi sembra essere l'illusione che su un pianeta limitato sia possibile una crescita illimitata. Questa fiducia irrazionale in una perenne crescita economica è indicativa di uno scontro fondamentale fra pensiero lineare e schemi non lineari della nostra biosfera — i sistemi e i cicli ecologici che costituiscono la rete della vita. Questa rete globale altamente non lineare contiene innumerevoli cicli di feedback attraverso i quali il pianeta si regola e trova un suo equilibrio. Il nostro attuale sistema economico, invece, è alimentato da un materialismo e da un'avidità che non sembrano riconoscere alcun limite.
La crescita dell'economia e la crescita delle aziende sono il motore del capitalismo globale — il sistema economico attualmente dominante. Al centro dell'economia globale vi è una rete di flussi finanziari priva di qualsiasi impostazione etica. Infatti, l'inegualianza e l'emarginazione sociale sono caratteristiche insite nella globalizzazione economica, che ampliano il divario fra ricchi e poveri e aumentano la povertà nel mondo. Questo sistema economico persegue implacabilmente una crescita illimitata, promuovendo un consumo eccessivo e un'economia dello spreco a uso intensivo di energia e di risorse, che generano rifiuti e inquinamenti e dissipano le risorse della Terra. Inoltre, i problemi ambientali sono aggravati dal cambiamento climatico, causato dalle tecnologie che utilizzano intensivamente l'energia e i combustibili fossili. Sembra chiaro che la sfida cruciale sia come passare da un sistema economico basato sul concetto di crescita illimitata a un sistema che sia ecologicamente sostenibile e socialmente equo. Crescita zero, oppure "decrescita", non è la soluzione. La crescita è una caratteristica centrale della vita. Una società o un'economia che non crescono, prima o poi moriranno. Nella natura, però, la crescita non è lineare e illimitata. Mentre alcune parti degli organismi o degli ecosistemi crescono, altre decadono, liberando e riciclando le proprie componenti che a loro volta diventano risorse per una nuova crescita.
Questo tipo di crescita equilibrata e sfaccettata è ben nota ai biologi e agli ecologi. Viene chiamata "crescita qualitativa" in contrapposizione al concetto economico attuale di crescita quantitativa, misurata con l'indice indifferenziato del prodotto interno lordo (il PIL). Infatti, quello che si chiama "crescita" oggigiorno è più che altro spreco, ciò significa che oggi abbiamo un'economia di spreco e distruzione. Crescita qualitativa, invece, è una crescita che valorizza la qualità della vita attraverso la generazione e la rigenerazione. Nelle società, negli ecosistemi e negli organismi viventi, la crescita qualitativa include un aumento della complessità, della raffinatezza e della maturità. L'attenzione alla crescita qualitativa è in armonia con la nuova concezione scientifica della vita che è, essenzialmente, una scienza delle qualità, come ho prima affermato. Le qualità nascono da processi e schemi relazionali fra le parti. Se dunque cerchiamo di descrivere in termini puramente quantitativi sistemi complessi come gli organismi, gli ecosistemi, le società e le economie, non potremo comprendere la loro natura. Le quantità possono essere misurate, le qualità richiedono una mappatura.
Pertanto, per valutare la salute di un'economia abbiamo bisogno di indicatori qualitativi di povertà, salute, educazione, inclusione sociale, ambiente, ecc., nessuno dei quali può essere ridotto a coefficienti monetari o aggregato agli altri per formare una semplice cifra. Invece di valutare lo stato dell'economia in base al rozzo valore quantitativo del PIL, dobbiamo distinguere fra crescita "buona" e crescita "cattiva" e quindi aumentare la prima e ridurre la seconda, in modo che le risorse naturali e umane legate a processi di produzione inefficienti e inquinanti possano essere liberate e riciclate in processi efficienti e sostenibili.
Formazione ecologica
In conclusione vorrei dire alcune parole a proposito della sostenibilità ecologica. Costruire e mantenere comunità sostenibili è la grande sfida del nostro tempo. Una comunità sostenibile è progettata in modo tale che il suo stile di vita, le sue imprese, l'economia, le strutture fisiche e le tecnologie non interferiscano con la capacità insita nella natura di sostenere la vita. Il primo passo in questo sforzo, naturalmente, deve essere quello di comprendere i principi d'organizzazione che gli ecosistemi della Terra hanno sviluppato per sostenere la rete della vita. Questa conoscenza dei fondamentali principi ecologici — in altre parole la dimensione ecologica della visione sistemica della vita — è nota oggigiorno come ecoliteracy — "letteratura ecologica", o formazione ecologica. Diventare letterati in ecologia è il primo passo sulla strada verso la sostenibilità. Il secondo passo è l'ecodesign, ossia la progettazione ecologica. Dobbiamo applicare la conoscenza ecologica alla riprogettazione delle nostre tecnologie e istituzioni sociali, in modo da colmare l'attuale divario fra la progettazione umana e i sistemi sostenibili della natura. Negli ultimi anni abbiamo visto un significativo aumento delle pratiche dell'ecodesign, tutte ben documentate. Concludiamo che l’attuale rivoluzione dell’ecodesign rende evidente che la formazione ecologica e la visione sistemica della vita ci danno le conoscenze e le tecnologie per creare un futuro sostenibile. Quello che ci serve è la volontà politica e la leadership.
Testo di Fritjof Capra, Ph.D., fisico e teorico sistemico, è fondatore e direttore del Center for Ecoliteracy a Berkeley. È autore di molti libri in cui indaga gli aspetti filosofici del pensiero scientifico, tra i quali i bestseller Il Tao della fisica, La rete della vita, e La scienza universale.
www.fritjofcapra.net