La mostra Bauen und töten ripercorre alcune delle tappe più significative della carriera di Gregor Schneider, uno degli artisti più importanti della sua generazione nel panorama internazionale. Partendo dalle opere performative e fotografiche degli esordi per arrivare ai lavori più recenti, Bauen und Töten traccia un percorso attorno alla leggendaria Gesamtkunstwerk dell’artista, la Haus u r di Rheydt in Germania – iniziata nel 1985 e ancora in evoluzione – esplorando il confine tra la possibilità e l’impossibilità della rappresentazione artistica e la tensione tra memoria collettiva e personale, elementi ricorrenti nella pratica di Schneider.
La mostra nasce con un richiamo al 2001, anno in cui Schneider vinse il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia con Haus u r. La Gesamtkunstwerk sconvolse radicalmente la struttura interna ed esterna del padiglione tedesco: l’artista rimosse le lettere del nome del paese dalla facciata dell’edificio, sostituì la bandiera tedesca con quella della città e ne riadattò gli interni, installando una matrioska di stanze smontate e prelevate dalla sua casa natia a Rheydt.
Andando oltre l’installazione del 2001, Bauen und töten intende svelare i passaggi e le interconnessioni concettuali che segnano la pratica di Schneider prima e dopo questa data, facendo luce sugli elementi più significativi della sua ricerca e aspirando a restituire la profonda complessità del mondo dell’artista. Le opere in mostra spaziano dai primi tentativi performativi e fotografici degli anni Ottanta, passando per la casa di Goebbels (Odenkirchener Straße 202, Rheydt 2014), la serie Kolkata (It’s all Rheydt, Kolkata 2011), le sculture appartenenti alla serie Repeated objects e della serie Insulated boxes – come child (sitting without head) no. 1, Rheydt 2004 – fino ai video di Sunny demise, Tagebau Hambach (2022), che raccontano la realtà distopica di alcuni villaggi nel distretto carbonifero vicino Rheydt, spopolati a causa delle estrazioni di lignite.
Allestita tra il primo e il secondo piano di Palazzo Caracciolo di Avellino, sede della Fondazione, Bauen und Töten si integra con gli spazi dell’edificio – come le pitture di metà settecento del primo piano e gli ornamenti in stucco e pittura del secondo – aggiungendo un ulteriore livello di riflessione e complessità al desiderio infinito e visionario di Gregor Schneider: svelare le implicazioni simboliche iscritte nel mondo materiale, negli oggetti che ci circondano e nei luoghi che abitiamo e in cui costruiamo le nostre memorie.
(Testi a cura di Giulia Pollicita)