“Ogni felice incidente diventa un percorso di scoperta: ci libera dai confini rigidi delle regole e dà spazio ad una creatività che nasce dallo stupore”. E’ stata inaugurata così Happy accidents, la personale di Antoh Mansueto, in mostra al Palazzo Caracciolo di Napoli fino al primo marzo 2025. Gran parte del percorso espositivo dell’artista si incentra sull’intelligenza artificiale e sulle creazioni che vengono prodotte attraverso il suo utilizzo probabilistico, capace di stimolare la fantasia. Ed è proprio con gli occhi dello stupore e della meraviglia, gli stessi del bambino che guardava dipingere il maestro Courbet nel suo “Atelier” che Antoh dà forma a delle creature, a metà tra puppet e cartoons, capaci di fondere immaginazione e tecnologia, abitanti di un multiuniverso indistinto, dove tutto è in movimento e in continua trasformazione. Abbiamo incontro Antoh all’inaugurazione della sua personale e gli abbiamo chiesto di svelarci maggiormente ciò che dovrà aspettarsi lo spettatore in visita.
La tua è un’estetica in divenire, che non segue un canone estetico tradizionale. L’equilibrio delle tue composizioni è instabile e dinamico e si evolve in relazione ai continui bisogni, accidenti e disagi interiori dell’uomo occidentale. Quale l’accidente che ti ha guidato in questa produzione artistica?
Antoh: Da quando dipingo i multiversi, ho sempre trovato che la nostra società sia aperta e multidimensionale, ci imponga di traslare continuamente in dimensioni diverse, talora veramente difficile da gestire, nelle nostre vite. Mi piace pensare che gli altroviani siamo noi, o una parte di noi, o noi in certi momenti, in certe dimensioni, perché a seconda dei momenti e delle situazioni dobbiamo traslare in diversi universi. Pirandello diceva uno nessuno centomila, ma io ho l’impressione che la società moderna sia un albero di Babele e ci imponga -per cavarcela- di saltare da una dimensione all’altra, un universo all’altro. Noi siamo sempre gli stessi nella mia visione, ma appariamo diversi in ogni universo diverso.
I tuoi personaggi Altroviani, a metà tra puppet e cartoons, fondono immaginazione e tecnologia, riflettendo la tua capacità di integrare tecniche tradizionali e digitali per creare una visione innovativa dell’arte. Come sono nati questi personaggi?
Io come accennavi sono sempre a caccia di miei personaggi, miei oggetti, miei universi. Nel tempo, le tendenze e le tecniche e gli strumenti a disposizione cambiano al passo coi tempi. Questi ultimi soggetti sono nati come naturale evoluzione di quello che facevo in passato, attraverso l’uso e la combinazione di vecchie e nuove tecnologie, che interpretano il carattere del tempo in cui viviamo.
E datosi hai dichiarato in un’intervista che “da ragazzino avevi una sorta di fissazione per la creazione di personaggi tutti tuoi”, volevo chiederti se ogni tanto ti capita di parlare ai tuoi personaggi, se li vedi come un alter ego, come ricordi ancestrali di un passato o immagini del tuo inconscio.
Più che altro li osservo. Sono ritratti di quelli che vedo intorno a me, traslati in dimensioni astruse ma magari più veritiere. Perso l’abito in cui ci travestiamo, visti come altroviani, o alieni, forse appariamo come veramente siamo o, meglio scompariamo per come fintamente siamo. Il che è meno ma dal mio punto di vista sottolinea il concetto che mi interessa. Come siamo palesemente falsi.
I tuoi Altroviani sono protagonisti di un multiuniverso indistinto, dove tutto è in movimento e in continua trasformazione, sono personaggi di un altrove, al di fuori del nostro spazio tempo, dove ogni tanto senti il bisogno di rifugiarti per riflettere o di scontrarti per crescere. Ognuno di noi può riconoscersi in qualcuna di queste entità. Ricercare il proprio alter ego tra le alterazioni delle forme e interpretarle come alterità di sé stesso. Tu come li interpreti?
Lo spazio creativo è un universo in cui vivo benissimo. Li interpreto come un prodotto creativo che nasce in uno spazio creativo, il mio universo personale. Una volta una amica mi disse: tu vivi in un mondo tutto tuo! Per lei era una accusa, per me era un complimento. Perché dovrei vivere nel mondo di un altro? L’importante è guardare anche fuori e non chiudersi dentro.
Hai dichiarato che non cerchi la precisione nella pittura figurativa. L’intelligenza artificiale ti affascina perché opera in modo probabilistico, attinge da milioni di immagini e spesso prende degli abbagli, o come direbbero i tecnici, delle allucinazioni. Definisci l’IA come “caos al galoppo”, paragonandola a un assistente stregone velocissimo, che seppur imprevedibile e che ogni tanto fanno dei pasticci incredibili, stimola la creatività. Hai dichiarato che ti piace “il senso di inaspettato che si crea”. Da questo punto di vista l’IA è molto valida per l’arte, rappresenta una sfida, capace di produrre degli strani cortocircuiti visivi. Diceva Giacomo Leopardi che “il forse è la parola più bella del vocabolario perché apre possibilità, non certezze”. Condividi?
Le possibilità sono più potenti delle certezze. Le certezze interessano come base. Per crescere servono le possibilità.
La tua arte ha a che fare anche con il mondo digitale?
Sicuramente il mondo dell’arte digitale, oggi molto in relazione con il mercato degli NFT, è una community feconda e per niente seconda all’arte che si presenta su supporti fisici tradizionali o “inerti”. In questa community nascono nuove idee e tendenze a mio avviso tra le più feconde e interessanti oggi. Trovo che quello sia il mondo creativo più intrigante in questo momento. Trovo anche curiosa la affezione alla pittura, che pure deve esistere. Oggi non scriviamo più con la penna ma con la tastiera. Siamo tutti digitali e non si vede perché gli artisti per fare cose di valore debbano continuare ad usare uno strumento antico ed obsoleto come il pennello. Possono, ma non necessitano. Ma d’altra parte il primato della pittura ha iniziato a vacillare già nel secolo scorso. Magari fra qualche decennio a nessuno verrà più in mente di prendere un pennello peer dipingere. E nemmeno di mettersi a digitare o disegnare su uno schermo. Magari dipingeremo col pensiero e lo strumento sarà un microchip impiantato nel cervello… Così l’immaginazione potrà essere veramente libera, sempre che il microchip funzioni bene…
Visto che si parla di felice incidente, quale l’incidente più felice della tua vita? Quello che ti ha donato una nuova scoperta?
Nascere.